Cosa farà da grande Matteo Renzi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-03-08

L’Aventino programmato per il Partito Democratico, la scelta di puntare a nuove elezioni e l’ipotesi di un nuovo partito con il rischio del tradimento da parte dei fedelissimi all’orizzonte: le prospettive difficili del leader che vuole diventare un “senatore semplice”

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Dopo la caduta dell’impero renziano è il momento di fare i conti. Al contrario di quanto aveva detto a caldo, Matteo Renzi ha intenzione di partecipare alla Direzione del Partito Democratico di lunedì che sancirà il no a qualunque tipo di accordo con il MoVimento 5 Stelle e con la Lega ma dovrà porsi il problema della successione al segretario dimissionario.

Cosa farà da grande Matteo Renzi

Già, dimissionario: perché dopo le polemiche scatenate dal suo discorso di lunedì, Matteo Orfini ieri ha fatto sapere che Renzi le dimissioni le ha date davvero: “Si è formalmente dimesso lunedì”, ha annunciato il presidente del Partito Democratico sorvolando, come d’abitudine, sul fatto che l’ex segretario avesse detto altro in conferenza stampa. Nel breve periodo l’intenzione di Renzi è quella di gestire la fase del voto per la presidenza della Camera e del Senato secondo la filosofia dell’Aventino totale: nessun accordo con chi ha vinto le elezioni e ora ha l’onere di governare, votare scheda bianca senza ascoltare offerte in camera caritatis o alla luce del sole.

matteo renzi partito

L’obiettivo è quello di puntare a nuove elezioni entro pochi mesi, come sarebbe dovuto accadere dopo il referendum del 4 dicembre se non si fossero messi in mezzo Mattarella e Gentiloni. Goffredo De Marchis su Repubblica fa i conti sui fedelissimi e sulle possibilità che alcuni decidano di non esserlo fino in fondo:

Il banco di prova e lo scontro finale hanno una scadenza ravvicinata. Il 23 marzo si riuniscono le Camere per eleggere i presidenti. Già il 24, col ballottaggio, si sceglie quello del Senato. Renzi pensa che li debbano indicare la destra e i grillini. Perciò il Pd voterà scheda bianca. A quel punto chi ha trovato un accordo per le nomine in Parlamento, verrà chiamato dal Quirinale ad assumersi la responsabilità di formare un governo. «Se ce la fanno…», ripete Renzi.

L’ex premier si affida a numeri blindati in sostegno dell’Aventino. Almeno 60-65 tetragoni deputati su 107 e 35 senatori su 53. È il pallottoliere in mano a Luca Lotti. Dario Franceschini, che conosce le dinamiche dei gruppi, è sicuro che col passare dei giorni questa certezza granitica si scioglierà. Può succedere già il 23 quando i vincitori offriranno una carica istituzionale all’opposizione (e succederà). Oppure più avanti quando sarà più chiaro il bivio che il partito del Colle (Franceschini, Orlando, Gentiloni, Delrio, Finocchiaro, lo stesso Calenda al dunque) ha già chiaro oggi: o responsabilità o il suicidio come nelle sette.

Il nuovo partito di Matteo Renzi?

E allora cosa accadrà se Renzi si dovesse ritrovare a dover subire il tradimento dei renziani? Una delle critiche dello Stato Maggiore del partito all’indirizzo del segretario è stata quella di aver riempito le liste di fedelissimi: almeno potrà finalmente rispondere che non lo erano poi così tanto. Per il resto, lui ha detto che non ha intenzione di fuggire:  «Farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice di Firenze, Scandicci, Signa, Lastra a Signa e Impruneta. Si riparte dal basso, militante tra i militanti».

matteo renzi sciare
Una pagina del settimanale Chi in cui si vede Renzi sciare

Ma, scrive Francesca Schianci sulla Stampa, quando perse le primarie con Pierluigi Bersani in molti tra quelli a lui vicini lo dipingevano come pronto a fare un nuovo partito, uscendo dal PD.

Oggi però sono tutti più prudenti, visto anche il calo della sua popolarità: «Vedo solo una possibilità che faccia una scelta del genere – ragiona un renziano sulla via del pentimento – che il Pd faccia l’accordo coi grillini. Allora sì, potrebbe uscire dal partito strillando “voi pensate alle poltrone, io invece rispetto il volere del popolo e sto all’opposizione”. Gli faremmo un regalo».

Al momento, con i dem compatti a dire no al governo Di Maio, una prospettiva che appare lontana. Ma non così improbabile è invece la creazione di un’associazione, una nuova fondazione oltre a quella – “Open” – attiva da tempo: un’altra “comunità” che possa essere l’eventuale embrione di qualcosa d’altro, come spesso hanno fatto leader in temporaneo disarmo nel passato.

Ma la prospettiva è comunque quella di una lunga marcia. Se avrà davvero un’altra possibilità di tornare al potere, per Renzi questo potrà avvenire soltanto tra qualche anno. Nel frattempo potrà solo attendere e vedere quello che succede, dipendendo dalle scelte altrui. La prospettiva più odiata per lui da sempre.

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