Matteo Renzi e la vera storia di Ryanair e delle tasse aeroportuali

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-08-18

Il premier si complimenta con sé stesso per aver “ridotto” le tasse aeroportuali. Ora c’è solo qualche questione da ricordare: quando era arrivato l’aumento? Chi l’aveva sostenuto? Ed è arrivata davvero una riduzione?

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Matteo Renzi si è complimentato oggi con sé stesso su Facebook oggi per aver “ridotto” le tasse aeroportuali e favorito così gli investimenti annunciati da Ryanair in Abruzzo e in Sardegna. “Ridurre le tasse non è soltanto giusto, ma è anche un fatto di competitività”, scrive il premier sul profilo social. “Lo dimostra in queste ore l’accordo con Ryanair, ma è solo uno dei tanti esempi che possiamo fare. Qualche settimana avevo ufficialmente promesso ai presidenti di Abruzzo e Sardegna che avremmo evitato l’aumento delle tariffe aeroportuali decise da altri negli anni passati. Abbiamo mantenuto la promessa e il ministro Delrio ha presentato ieri insieme a Michael O’Leary il miliardo di investimenti di Ryanair in Italia, non solo ad Alghero o a Pescara”. Sarebbe bello che il premier però fosse, tra una paurosa riduzione di tasse e l’altra, anche maggiormente preciso su quello che dice. Giusto per non far sembrare di passare la giornata a fare propaganda.
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Matteo Renzi e la vera storia di Ryanair e delle tasse aeroportuali

Con la cortesia istituzionale e il senso dello Stato che gli sono propri, infatti, il premier ha segnalato che l’aumento delle tariffe aeroportuali è stato “deciso da altri negli anni passati”. L’aumento delle tasse (in realtà si tratta di tariffe) aeroportuali infatti è arrivato il primo gennaio 2016, quando il suo governo era nel pieno dei suoi poteri. L’allora ministro della Cultura Dario Franceschini dichiarò, nel febbraio 2016: «È evidente che le tasse non sono mai gradite a nessuno ma i 2,5 euro mi paiono una cosa che sta dentro un sistema (quello del turismo, ndr) che sta crescendo. E quindi non farei drammi su questo». All’epoca si raccontarono le molte proteste delle associazioni di categoria:

Viene contestata anche la nuova addizionale sui diritti d’imbarco scattata in Italia dal primo gennaio, 2,5 euro in più per passeggero in partenza: «questo porta a 9 euro a passeggero la tassa d’imbarco per chi parte da un aeroporto italiano e a 10 euro per chi parte da Roma», ha sottolineato Frances Ouseley, direttore di easyJet per l’Italia. «Il governo – ha aggiunto – si è mosso nella direzione sbagliata, perché più alte sono le tasse più si deprime il traffico».

C’è di più: nel maggio scorso il sottosegretario Vito De Filippo in risposta a un’interpellanza alla Camera sull’abbassamento delle tasse aeroportuali dichiarò che “non ci sarà alcuna riduzione delle tasse aeree e si valuterà eventualmente per il 2017, ma solo se il gettito sarà superiore alle previsioni”. Evidentemente il sottosegretario non era stato informato del fatto che “ridurre le tasse non è soltanto giusto, ma è anche un fatto di competitività”. Erano già arrivate le proteste di Ryanair e l’annuncio di licenziamenti in Italia, che riguardavano l’Abruzzo e la Sardegna:

«Dopo un anno da record per il turismo in Europa e un altro anno importante davanti – sono parole di O’Brien – il governo italiano ha deciso di darsi la zappa sui piedi aumentando le tasse sui passeggeri di circa il 40% per gonfiare il Fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia. Quale compagnia aerea più grande in Italia, volando su 26 aeroporti e trasportando 27 milioni di clienti all’anno da e per l’Italia – ha aggiunto – a Ryanair non è stata lasciata altra scelta se non quella di chiudere due delle sue 15 basi italiane (Alghero e Pescara) e spostare i suoi aeromobili, piloti ed equipaggi verso Paesi con costi più bassi per il turismo. Interromperemo anche tutti i nostri voli all’aeroporto di Crotone e saremo costretti ad effettuare ulteriori tagli alle rotte sui nostri aeroporti regionali italiani».
«Questo aumento della tassa – ha detto ancora – danneggerà seriamente il turismo italiano, particolarmente negli aeroporti regionali dove la Ryanair porta milioni di visitatori ogni anno, contribuendo all’economia locale per milioni di euro attraverso turisti che spendono molto, supportando migliaia di posti di lavoro».

Quanto è importante ridurre le tasse, eh?

Nel frattempo già dal primo gennaio 2016 la tassa era entrata in vigore in tutta Italia e serviva, sostiene Ryanair, a rimpinguare il fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia. Un investimento, insomma. Sia come sia, a maggio (e non “qualche settimana fa”, come sostiene Renzi nel suo status: a luglio la promessa venne reiterata), Renzi disse che era pronto a ridurre le tasse aeroportuali. Il presidente del Consiglio lo disse rispondendo a una domanda su Ryanair che aveva annunciato la chiusura della base in Abruzzo durante un’intervista all’emittente abruzzese Rete8, ma voi non dovete pensare – per carità – che il premier, come alcuni suoi illustri predecessori, abbia il vizietto di annunciare un regalino a ogni platea diversa. Infatti a maggio le tasse aeroportuali non sono state ridotte, e nemmeno a giugno, a luglio o ad agosto: questi sono i mesi in cui gli aerei vengono usati di più, da turisti stranieri e italiani, ma – per carità – non pensiate che soltanto a causa di questa coincidenza temporale la riduzione delle tasse sia stata rinviata per massimizzare l’incasso. No, il premier non farebbe mai di queste cose. Il premier è uno che taglia le tasse. Per questo è stato finalmente approvato un provvedimento che andrà in vigore dal primo settembre 2016 fino a dicembre 2016. Perché fino a dicembre 2016? Perché nel provvedimento, il DL Enti Locali approvato con fiducia il 2 agosto scorso, si scrive che le tasse non sono state ridotte, ma che sono state sospese fino a dicembre 2016.
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Già, sospese. D’altro canto “sospendere le tasse non è soltanto giusto, ma è anche un fattore di competitività” doveva suonare un po’ strano. Per questo il premier, esagerando un pochino, ha detto che ha ridotto le tasse aeroportuali in Abruzzo e in Sardegna (e non in tutta Italia), mentre in realtà le ha sospese in attesa di trovare – probabilmente nella Legge di Stabilità 2017 – i soldi per cancellare l’aumento deciso sì da altri ma entrato in vigore durante il suo governo e che il suo governo aveva detto di non avere intenzione di cancellare con le dichiarazioni di un ministro e di un sottosegretario. Ma adesso non stiamo lì a sottilizzare. Magari ricordando che nelle altre regioni d’Italia la tassa che è importante ridurre per la competitività è invece rimasta, e a Roma si paga di più. E “si paga” vuol dire che in qualche modo – o del tutto – la pagano i passeggeri. Ovvero i consumatori. Concentriamoci: se non ci fosse Renzi a ridurci le tasse alzate durante il suo governo come faremmo noi?
 

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