Massimo D'Alema e il complotto dei vecchi arnesi contro il referendum

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Al residence di Ripetta, la fondazione Italianieuropei e la sua omologa Magna Carta diretta da Gaetano Quagliariello hanno riunito ieri i sostenitori del No al referendum. Goffredo De Marchis su Repubblica di oggi traccia un ritratto dei presenti:



Seduti in platea ci sono amici e nemici. Della Prima e della Seconda Repubblica. Paolo Cirino Pomicino non è cambiato. Si agita sempre molto e muove le mani freneticamente quando parla. Il “comunista” Cesare Salvi ascolta e annuisce. C’è un pezzetto del Partito democratico, dissidenti ma combattivi: Massimo Mucchetti, Walter Tocci, il bersaniano Davide Zoggia, il dalemiano Danilo Leva. Spunta anche Pippo Civati, un tempo rottamatore come Renzi, che ha scelto una strada tutta sua: fuori dal Pd, fuori da Sinistra Italiana, dentro una sua Cosa che si chiama Possibile. Si vede Lamberto Dini, ex premier come D’Alema. E appoggiato al muro, un personaggio lontanissimo dal “Rospo” come Antonio Ingroia.
Ci si perde a guardare le facce dei presenti. Ma D’Alema, saggiamente, cerca di girare in positivo questo gruppo variopinto al quale sicuramente difetta “l’amalgama” che un giorno l’ex segretario invocò per attaccare Veltroni: «Dalla parte del Sì c’è un blocco unico che si sovrappone alla maggioranza di governo e va messo nella categoria Partito della Nazione più i cosiddetti poteri forti». E di qua? Uno schieramento di diversi «come è giusto che sia quando si parla di modifiche della Costituzione», spiega Quagliariello. Quindi non un’Armata Brancaleone, come si ironizza facilmente, ma un fronte che risponde, dice D’Alema, a «ciò che è scritto nello Statuto del mio partito: le riforme non si fanno a colpi di maggioranza».
All’appello rispondono i forzisti Paolo Romani, Altero Matteoli e Anna Maria Bernini, il centrista Mario Mauro, il capogruppo di Gal Mario Ferrara, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, i leghisti di peso Giancarlo Giorgetti e Maurizio Fedriga. In sala c’è anche Bobo Craxi, animatore del No socialista. Tutti applaudono la proposta di riforma alternativa, che adesso è sul campo, ma che non si sa quale sorte incontrerebbe una volta inserita negli atti parlamentari. Però il No garantisce, e i partecipanti lo sottolineano più volte, il prosieguo della legislatura fino al 2018. Per riformare l’Italicum e varare una nuova Carta costituzionale de-renzianizzata. Mentre il Sì, insinua D’Alema, farebbe scivolare la legislatura verso la fine anticipata al 2017. Messaggio rivolto ai parlamentari, neanche troppo velato.


Nell’immagine dell’Huffington Post che racconta le imbarazzanti presenze della serata c’è tutto quello che non va: un complotto di vecchi arnesi, la maggior parte espulsi dalla politica per volontà dell’elettore, che rientrano in gioco. Invece delle pubblicità e dei cartelloni, la migliore pubblicità per il sì al referendum è questa.