Mario Calabresi spiega perché la telefonata tra Renzi e il padre è una notizia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-05-19

Il direttore di Repubblica spiega: «Non si può chiedere ai giornalisti di farsi carico dell’incapacità delle istituzioni di tenere riservati pezzi di inchieste»

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Su Repubblica di oggi Mario Calabresi spiega che la telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano è una notizia e se il suo quotidiano fosse stato in possesso della telefonata l’avrebbe pubblicata:

Il ministro della Giustizia ha certo il dovere di sostenere che quel colloquio intercettato e mai depositato nelle carte dell’inchiesta non doveva uscire, perché non ha rilevanza penale, ma non può dire che non andava pubblicato in un libro o sui giornali.
Non si può chiedere ai giornalisti di autocensurarsi, di farsi carico dell’incapacità delle istituzioni di tenere riservati pezzi di inchieste. Il dovere per chi fa il nostro mestiere è quello di pubblicare tutto ciò che è giornalisticamente rilevante, che può avere un valore per l’opinione pubblica. In questo la valutazione diverge da quella del magistrato, che considera degno di essere trascritto e allegato agli atti solo ciò che ha rilevanza penale. Ma la rilevanza penale e quella giornalistica non sempre coincidono.

telefonata renzi padre
Calabresi, a differenza di alcuni, ha infatti ben chiaro il concetto di rilevanza per l’opinione pubblica e difende la scelta del Fatto, pur spiegando che compete ai magistrati perseguire l’evidente violazione di segreto d’ufficio che l’ha portata nella redazione del Fatto:

La storia della telefonata tra i Renzi ne è un chiaro esempio: non fa parte degli atti dell’inchiesta romana e non risulta sia stata mai fatta trascrivere dal pubblico ministero, quindi per la magistratura non aveva valore per sostenere l’accusa. Per l’opinione pubblica invece un valore ce l’ha, mostra il rapporto tra l’ex presidente del Consiglio e il padre e risponde a molte delle domande che i cittadini si sono fatti in questi mesi sulle relazioni e le complicità familiari.
E in questo caso richiamare un diritto alla privacy non è corretto: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sostenuto più volte che la tutela della riservatezza si restringe quando si tratta di personaggi che hanno responsabilità pubbliche e allo stesso tempo si allarga il diritto di informare i cittadini. Così se il testo di quella conversazione, che ha una evidente rilevanza giornalistica, fosse arrivato sulle nostre scrivanie anche noi l’avremmo pubblicato, come Marco Lillo sul Fatto Quotidiano, e saremmo ipocriti se sostenessimo il contrario.

Leggi sull’argomento: La strana storia dietro l’intercettazione di Tiziano Renzi

 

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