Perché Marco Cappato rischia 12 anni di carcere per aver aiutato DJ Fabo a morire

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-02-28

La legge prevede infatti dai 5 ai 12 anni per omicidio del consenziente. Fabiano Antoniani gli ha chiesto di accompagnarlo per non far rischiare la madre e la fidanzata. Ma l’incriminazione non è certa. Vediamo perché

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«Me lo ha chiesto Fabo, mi ha contattato perché non voleva che la madre o la fidanzata Valeria rischiassero 12 anni di carcere per aiutarlo ad uscire dalla gabbia che era diventata la sua vita. La legge prevede infatti dai 5 ai 12 anni per omicidio del consenziente»: è chiarissimo Marco Cappato in una dichiarazione rilasciata oggi a Repubblica sul caso di DJ Fabo, che ieri è andato in Svizzera per praticare il suicidio assistito a causa dell’assenza di una legge che regoli il fenomeno in Italia. Cappato ha annunciato su Facebook che oggi andrà dai carabinieri ad autodenunciarsi:

 

Perché Marco Cappato rischia 12 anni di carcere per aver aiutato DJ Fabo a morire

Oggi Cappato dell’associazione Luca Coscioni andrà quindi ad autodenunciarsi per aver accompagnato Fabiano Antoniani, dj Fabo, in Svizzera, dove il 40enne, tetraplegico e cieco dopo un incidente, è morto ieri mattina in una clinica che pratica il suicidio assistito. Lo ha annunciato lo stesso Cappato su Facebook: “Sto tornando a Milano, dove domani andrò a raccontare alle forze dell’ordine come ho aiutato Fabo”. Cappato potrebbe essere incriminato per aiuto al suicidio. Fabo, dopo inutili appelli al Parlamento e al presidente della Repubblica per un un intervento legislativo sull’eutanasia, è arrivato l’altroieri in una clinica vicino a Zurigo, e dopo le visite mediche, è morto ieri mattina attraverso la somministrazione di farmaci che lui stesso ha preso schiacciando con la bocca un pulsante.

marco cappato dj fabo
La ricostruzione della vicenda di DJ Fabo sul Corriere della Sera (28 agosto 2017)

Ma l’agenzia di stampa ANSA segnala che l’incriminazione non è certa. C’è infatti il precedente – molto diverso, ma giuridicamente assimilabile – di una coppia italiana assolta dalla Cassazione nel 2016 per essere andata in Ucraina per praticare la maternità surrogata, che è vietata in Italia, ed anche se una Procura (quella di Milano potrebbe essere quella competente) chiedesse per lui il processo, non bisogna dimenticare che l’anestesista del caso Welby venne prosciolto e che l’autodenuncia annunciata dall’esponente radicale potrebbe concludersi con una archiviazione. L’ANSA ha interpellato alcuni magistrati della Cassazione: “Sul fatto che in Italia è considerato a occhi chiusi un reato quello che ha fatto Cappato, non c’è alcuna discussione – spiega un presidente di sezione – ma rimane la circostanza che questa triste vicenda si è conclusa in un paese straniero che non considera punibile l’aiuto al suicidio e la più recente giurisprudenza della Cassazione, con una sentenza del 2002 del giudice Silvestri che è stato anche presidente della Consulta, ha detto che per processare in Italia chi ha commesso un reato fuori dai confini è necessario il requisito della ‘doppia incriminabilità’, ossia che quel reato sia considerato tale anche nello Stato dove è stato commesso”.

I 50 italiani che scelgono la dolce morte

Dj Fabo è stato accolto nella clinica Dignitas di Forck, ad una decina di chilometri da Zurigo.  ”Benvenuti da DIGNITAS – Vivere degnamente – Morire degnamente. La nostra associazione di pubblica utilità si impegna per l’autodeterminazione, la libertà di scelta e la dignità fino alla fine”, si legge nel sito della struttura. Fra le altre informazioni compare anche il video appello del giovane rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per ottenere il diritto a morire in Italia. ”Il nostro concetto di consulenza sull’assistenza palliativa, la prevenzione del suicidio, le direttive del paziente e l’accompagnamento alla morte volontaria gettano le basi decisionali per organizzare la vita fino alla sua conclusione. Dal 1998 – spiega l’associazione – operiamo per la realizzazione dell”ultimo diritto umano”’. Sul sito compaiono anche le associazioni affiliate alla struttura: Exit Italia, Libera Uscita e Associazione Luca Coscioni.

fabiano antoniani dj fabo
L’eutanasia nel mondo (La Repubblica, 27 febbraio 2017)

Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, ha detto ieri all’ADN Kronos che cinquanta italiani, nel 2016, sono andati a morire in Svizzera come Dj Fabo. Sono “90 al mese i cittadini italiani – ricorda Coveri – che chiamano l’associazione Exit Italia per chiedere di avere informazioni su come ottenere il suicidio assistito in Svizzera. E mi è capitato anche di ricevere due richieste per pazienti minorenni, da parte di genitori disperati. Naturalmente, per loro non abbiamo potuto fare nulla”. Secondo l’esperto, “il numero di coloro che chiedono il nostro aiuto è in aumento e si tratta nel 20-30% dei casi di malati psichici: situazioni che nemmeno la Svizzera riesce ad affrontare bene, perché è davvero difficile capire malattie di questo tipo. Lo stesso problema si presenta per i minori, per i quali la ‘dolce morte’ non è consentita oltre confine”. “A giudicare dalla crescita vertiginosa delle chiamate che riceviamo – sottolinea Coveri – è davvero urgente una legge anche in Italia, un Paese che obbliga ancora oggi a morire in esilio. Ma non credo che verrà fuori una buona legge e chi potrà permettersi di pagare continuerà ad andare in Svizzera per morire dignitosamente”.

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