Il piano B dei grillini apre al Partito Democratico

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-03-30

Secondo Max Bugani, Di Maio è pronto a un passo indietro su Palazzo Chigi e a offrire un accordo di pochi punti al PD per lanciare un accordo di governo e varare un esecutivo insieme. Ieri Franceschini ha chiesto ai Dem il dialogo. Ma…lui smentisce

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«Dal 4 aprile (avvio delle consultazioni, ndr) le cose cambieranno. Chiariremo meglio la nostra strategia. Saremo più espliciti con il Pd. Il primo giro di consultazioni andrà a vuoto. Passerà qualche giorno. Poi noi e il Pd dovremo per forza parlarci. A quel punto proporremo un programma di pochi punti, magari cinque, che vada bene a entrambi. Solo dopo, Luigi farà un passo indietro sulla premiership. Di Maio non è mica Renzi, non resterà inchiodato alla poltrona»: in questo virgolettato a parlare non è un grillino qualunque ma Max Bugani, e la frase riportata oggi dalla Stampa in un articolo di Ilario Lombardo disegna un piano B chiaro e tondo che il MoVimento 5 Stelle attuerà se, come è altamente probabile, la situazione dovesse ulteriormente trascinarsi in una fase di stallo dopo il primo giro di consultazioni al Quirinale.

Il piano B dei grillini apre al Partito Democratico

Una mossa che probabilmente non sarebbe capita da un elettorato che oggi preferisce l’accordo con la Lega a quello con il Partito Democratico, ma che potrebbe costituire una mossa obbligata per i grillini per far partire una trattativa con il Partito Democratico. E che oggi viene in qualche modo anticipata anche da Marco Travaglio nel suo editoriale giornaliero sul Fatto:

Ovviamente la scelta aventinista è legittima, ci mancherebbe: ma se Di Maio facesse finalmente loro una proposta su pochi punti, a partire da un inizio di redditodi cittadinanza,bandiera di tutte la sinistre europee, che figura farebbero con i loro elettori a non starlo nemmeno a sentire?

E sono proprio sicuri che, quando Mattarella chiederà a loro, come a tutti, di entrare in partita, risponderanno ancora di no, rendendo inevitabile il governo 5Stelle-Lega o il ritorno alle urne? A quel punto non sappiamo come la penserebbe la maggioranza degli italiani. Ma crediamo di sapere come reagirebbero i loro elettori.

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Il sondaggio SWG sul governo Lega-M5S (Il Messaggero, 30 marzo 2018)

Certo, il primo ostacolo a un accordo con il PD sarà Matteo Renzi, che ha già dimostrato di avere un peso pressoché invariato nelle correnti interne con la partita dei capigruppo, che lo ha visto stravincere il confronto interno con le altre componenti, incapaci di scalfire la granitica maggioranza degli eletti sui nomi dei renziani. Ma dall’altra parte della barricata c’è Dario Franceschini, che ieri nell’assemblea dei deputati Dem è tornato a chiedere apertura e dialogo al partito in vista del varo di un governo.

Apri, chiudi, chiudi, apri

C’è però un problema che ruota intorno a questa ricostruzione. Ed è quello che ruota intorno alla leadership del MoVimento 5 Stelle: rinunciare a Palazzo Chigi era proprio quello che Matteo Salvini aveva chiesto nei giorni scorsi ai grillini ma evidentemente su questo si è rotto il primo avvicinamento tra la Lega e il M5S. Perché dare al PD quello che Di Maio non ha voluto dare alla Lega? E cosa succederebbe se il PD tornasse a dire di no? A quel punto l’offerta sarebbe fatta anche al centrodestra, nonostante la presenza di Berlusconi?

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La strada dell’accordo con il PD è resa ancora più stretta da come sono andate le trattative per segretari d’aula, questori e vicepresidenti alla Camera e al Senato: i Dem sono stati quasi esclusi dalla partita e alla fine si sono rumorosamente lamentati perché è stata scavalcata la loro funzione di controllo e opposizione. Ma forse proprio l’essere rimasti a bocca asciutta e la prospettiva di rimanerci per un’intera legislatura potrebbe costituire uno stimolo al dialogo con il MoVimento 5 Stelle.

 

Edit: Massimo Bugani smentisce l’articolo de La Stampa con un post su Facebook:

 

Smentisco categoricamente l”articolo de “La Stampa” di oggi che mi attibuisce frasi mai dette e soprattutto mai pensate. Siamo al cinema. Un articolo fatto parlando di “una persona” del PD a cui avrei riferito le strategie di Di Maio.
Capisco la disperazione del PD e de “La Stampa”, ma articoli del genere meriterebbero il ritiro del patentino da giornalista.

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