Luisella Costamagna e la bufala della cassiera vessata da Renzi e dal Jobs Act

Categorie: Economia, Fact checking

La giornalista del Fatto Quotidiano cerca di convincere il PD ad allearsi con il M5S raccontando la storia esemplare (e strappalacrime) della cassiera del supermercato che ha sempre votato a sinistra ma che ha scelto il MoVimento per colpa della riforma del mercato del lavoro. La storia però è troppo bella per essere vera: infatti è una balla

Il 10 marzo Luisella Costamagna ha sentito la necessità di dare qualche consiglio a Matteo Renzi e al Partito Democratico. È un periodo in cui giornalisti ed opinionisti che mai prima d’ora hanno avuto molto a cuore le sorti del PD ritengono di dover dare consigli totalmente disinteressati alla leadership del partito. Il caso vuole che ciò avvenga in concomitanza con la “vittoria” del MoVimento 5 Stelle alle elezioni politiche del 4 marzo. Al successo elettorale del M5S, che è indubitabile visto il 32% dei consensi, stenta a seguire la formazione del primo governo pentastellato. Il problema è che ad aver vinto le elezioni semmai è il Centrodestra, che ha preso il 37% dei voti.



I consigli della Costamagna a Renzi e al Partito Democratico

C’è un problema: né la coalizione guidata da Matteo Salvini né il partito teleguidato da Casaleggio con Luigi Di Maio come Capo Politico e Grillo come manovratore hanno i numeri per governare da soli. La colpa non è del Rosatellum, come sostengono alcuni lasciando intendere che l’attuale situazione di ingovernabilità (siamo ad appena dieci giorni dal voto) sarebbe frutto di un piano malvagio architettato da Renzi. Ma ormai il Segretario del PD rappresenta il male assoluto e come tale va combattuto: con ogni mezzo.

Fonte: Twitter

Ecco quindi che la Costamagna dalle pagine del Fatto Quotidiano (un giornale che in questi quattro anni di maggioranze incerte non ha mai tifato per un’alleanza M5S-PD) scrive una letterina a Renzi per spiegare che il Segretario e il Partito Democratico “hanno perso di credibilità”. La tesi è semplice: Renzi e il PD non devono “avvelenare i pozzi per scongiurare un accordo coi 5S”. Il motivo? Renzi e il suo partito hanno perso la fiducia del Paese, degli elettori. In che modo ovviamente la Costamagna ce lo spiega con un delizioso e gustoso aneddoto: è tutta colpa di quello che il Jobs Act ha fatto ai lavoratori.



La balla della cassiera vittima del controllo a distanza

Costamagna però non si addentra in discussioni tecniche sui benefici apportati dal Jobs Act. Non le interessa andare ad analizzare i numeri, vedere se sono stati gli incentivi a far funzionare la riforma del mercato del lavoro fortemente voluta da Renzi o se le assunzioni hanno continuato a crescere anche dopo la fine degli incentivi. Nemmeno le interessa la questione, pur molto sentita, dei voucher che hanno in qualche modo favorito il lavoro nero. Perché la Costamagna è una giornalista d’inchiesta e – al contrario di Renzi – è una che ha il polso del Paese Reale. Ed infatti la rivelazione è giunta improvvisa mentre faceva la spesa al supermercato come tutti i comuni mortali. Non come Renzi! E immaginiamo nemmeno come quei grillini che rendicontavano mille euro al mese per la spesa al supermercato.

I consigli disinteressati della Costamagna a Renzi e al PD

Qualche giorno prima del voto al supermercato la Costamagna ha improvvisamente capito perché Renzi non piace. La cassiera infatti le chiede subito la cortesia «di mettere subito tutto sul tapis roulant, aggiungendo: “Scusi, eh, ma sa com’è, dobbiamo fare la cassa veloce”». Ohibò, la cassa veloce? Che strano strumento di tortura sarà mai questo? La spiegazione è presto detta: «“Dobbiamo battere tutto più in fretta che possiamo”, spiega,
“sennò son dolori”. E io: “Ma chi stabilisce la velocità?” “La macchina. Comunica al direttore quanto ci mettiamo”». Luisella “Ned Ludd” Costamagna potrebbe prendersela con le macchine maledette. Ma il discorso prende subito un’altra piega, chi è che consente che ci sia questo controllo (sulla produttività)? La colpa, manco a dirlo, è del Jobs Act.



L’articolo 23 del Jobs Act che norma il controllo a distanza Fonte

La cassiera immaginaria della Costamagna non si fa certo pregare: «Dobbiamo dire grazie al nostro amico Renzi e al suo bel Jobs Act!», spiega alla nostra giornalista. La quale però non è una che ci casca e infatti chiede se si tratti del famigerato controllo a distanza (che già ci ha regalato una delle balle più belle della campagna elettorale). La cassiera, onestamente, non lo sa. E la Costamagna non ritiene opportuno fare altre domande, magari a Google, per capire se davvero la “cassa veloce” è stata introdotta grazie alle modifiche fatte dal Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il Popolo (qui magistralmente interpretato dalla cassiera) ha deciso che è così. Una giornalista però dovrebbe spiegare le cose, ad esempio ricordando al lettore che sì, il Jobs Act introduce la possibilità del controllo a distanza ma non si applica “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”. Nella fattispecie della cassiera: il nastro e la cassa.

Il Jobs Act non è retroattivo

In ogni caso la cassiera avrebbe dovuto saperlo perché l’installazione dei suddetti strumenti per il controllo a distanza deve avvenire in seguito all’accordo con le rappresentanze sindacali. Questo non significa che il datore di lavoro non possa farlo lo stesso ma è palese che così facendo starebbe commettendo un illecito. Non si può certo dare colpa ad una legge se qualcuno la viola. Ma al Fatto evidentemente la pensano diversamente. Ecco allora che la cassiera della Costamagna ci dà un’altra lezione: «Io so solo che il mio direttore, il giorno che hanno approvato il Jobs Act, è arrivato qui raggiante e ha detto: ‘Vediamo se alzate ancora la cresta. Mo’ si fa
come dico io, perché posso cacciarvi in qualunque momento. Anche senza motivo.’ Capisce perché sto zitta e vado a razzo?” conclude. “Si chiama ricatto”».

Fonte

Qui la questione si fa ancora meno chiara. Il Direttore potrà anche aver raccontato quello che voleva lui ai suoi dipendenti ma le minacce di licenziamento “grazie al Jobs Act” possono essere credibili solo se la dipendente è stata assunta “grazie al Jobs Act”. La legge di riforma dell’articolo 18 infatti non è retroattiva. Chi è stato assunto con un contratto a tempo determinato ed è passato all’indeterminato “grazie al Jobs Act” – ha spiegato la Cassazione con la sentenza numero 21266/2015 – trovano esclusiva applicazione ai rapporti di lavoro insorti dopo la data della sua entrata in vigore. Ai rapporti (ed ai contenziosi) antecedenti continuano a doversi obbligatoriamente applicare le norme del “collegato lavoro” come modificate dalla Legge Fornero. Sembra impossibile che la cassiera in questione fosse stata assunta il giorno stesso dell’introduzione del Jobs Act visto che era già al lavoro quando il Direttore ha fatto il “ricatto”. Ma non sono i fatti ad essere importanti perché la nostra eroica cassiera aggiunge «Ah ma adesso almeno so chi votare. Guardi, io sempre a sinistra, ma adesso vado dritta per dritta: Cinque Stelle».

Vista la quantità di balle sparate dalla signora più che una vittima di Renzi sembra una vittima delle fake news di altri partiti politici. Ed è solo una coincidenza il fatto che nel programma del M5S ci sia la volontà di voler intervenire sul Jobs Act, ad esempio ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Anzi, Di Maio il Jobs Act lo vuole proprio abolire. Così come è solo una coincidenza il fatto che molti giornalisti ci stiano spiegando che il MoVimento 5 Stelle è la nuova sinistra.

Leggi sull’argomento: Ma davvero il Financial Times punta su Di Maio?