Luigi Di Maio: il vicepresidente della Camera che non capisce le email

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-09-07

«Ho letto la mail (in cui veniva informato dell’indagine sulla Muraro, ndr.) ma ho capito male», ha detto per giustificarsi Giggino il Fuggiasco ieri alle senatrici furiose per il casino in cui le ha ficcate. Stranamente, loro non l’hanno presa bene

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Se a qualcuno venisse l’uzzolo di sapere come sarebbe l’Italia con Luigi Di Maio presidente del Consiglio potrebbe bastargli dare un’occhiata a come Gigino il Fuggiasco ha risposto a chi ieri gli chiedeva conto della mail del 5 agosto che lo avvertiva che Paola Muraro era indagata. Perché ce l’hai tenuta nascosta, gli hanno chiesto i colleghi durante la riunione fiume. La risposta è stata: «Ho letto la mail (in cui veniva informato dell’indagine sulla Muraro, ndr.) ma ho capito male».

Luigi Di Maio aveva capito male

Questa è l’incredibile risposta che Luigi Di Maio è riuscito a dare a chi ieri gli ha chiesto conto del suo comportamento, che ha messo nei guai tutto il M5S. Di Maio, poveretto, ha capito male. Cose che capitano. E pazienza se si ha la responsabilità di un movimento con milioni di voti: capire male può capitare a tutti. E non rileggere per vedere se si è effettivamente capito con un mese di tempo a disposizione, altrettanto. Per questo la riunione di ieri è stata spettacolare, come raccontano oggi Corriere e Repubblica. Scrive Emanuele Buzzi:

A Montecitorio si intrecciano — con qualche via vai — per dieci ore direttorio e minidirettorio. I big sono presenti al completo (Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, ma anche Paola Taverna e Stefano Vignaroli) e nella discussione vengono coinvolti anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Non è solo un momento di riflessione. Traboccano tutte le rivalità e i nodi al pettine della vita del Movimento degli ultimi mesi. Il confronto è serrato e gli ortodossi puntano il dito contro Di Maio. Un braccio di ferro politico in cui non si risparmiano colpi bassi: c’è anche chi ipotizza la diffusione della mail (dal linguaggio tecnico) inviata ad inizio agosto dal minidirettorio all’esponente del direttorio proprio sulle indagini che riguardano Muraro. La lettera viene nominata durante la riunione. Di Maio si giustifica — racconta l’Adnkronos —, spiega che il fascicolo sulla Muraro, secondo quanto aveva inteso dalla mail, si riferiva all’esposto del numero uno di Ama, Daniele Fortini (il due agosto si era recato alla Procura di Roma, ndr).

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La prima pagina della Stampa di oggi (7 settembre 2016)

Nel chiarimento avuto ieri, viene infatti spiegato all’Adnkronos, sarebbe emerso che il vicepresidente della Camera aveva inteso, dalla mail, che il fascicolo sulla Muraro si riferiva all’esposto del numero uno di Ama, Daniele Fortini, che il due agosto si era recato alla Procura di Roma, notizia rimbalzata sui giornali. Tre giorni dopo, il 5 agosto, Di Maio riceve la mail e pensa che il fascicolo Muraro sia riconducile all’affaire Fortini, ormai di dominio pubblico. Questa ricostruzione, viene riferito, sarebbe stata resa nel corso della riunione fiume di oggi. Ma il retroscena più gustoso è quello che racconta Tommaso Ciriaco nel “Processo a Luigino” andato in scena ieri. Attrici protagoniste, due che hanno ottimi motivi per essere incazzate nere con il vicepresidente della Camera che non capisce le email:

«Luigi – si infuria davanti agli altri big Carla Ruocco – ma ti rendi conto che ti stai comportando come la Raggi? Anzi, no, come una Raggi al quadrato!». Frana l’impero di Di Maio, sotto i colpi dell’ala rosa del Movimento. Dodici ore infinite, un massacro. «Nessuno può incolparci di nulla – si sgola, così raccontano, Paola Taverna – non ti azzardare a dare la colpa a noi, Luigino! Non è più tempo di ragazzini che si sono montati la testa». Colpevole di reticenza, sentenziano a nome di Beppe Grillo.
E lui, la speranza grillina per Palazzo Chigi, rotola rovinosamente. Non basta la clamorosa fuga dal programma tv Politics in prima serata, né il silenzio nel quale si inabissa trattenendo il fiato fino a sera. Fugge, ma non è mai stato così solo. Fino all’inevitabile tregua serale con il direttorio, che ha comunque il sapore della resa: «Pensate forse che senza di me cambierebbe qualcosa? – domanda amaro – Perderebbe solo il Movimento».

Il vicepresidente della Camera che non capisce le email

Nella mail di cui parliamo tra l’altro la Taverna scriveva chiaro e tondo che «si parla di un’imminente notifica di un avviso di garanzia all’assessore per un’ipotesi di reato consistente in violazioni procedurali di verifica e di controllo prescritte dal Testo Unico dell’Ambiente. L’assessore in ogni caso è già indagata secondo quanto risulta dalla visura ex articolo 335». La situazione è quindi disperata, ma non seria. Toccherà proprio ai componenti del direttorio insieme a Beppe Grillo decidere cosa fare. E che l’emergenza rischia di travolgere l’intero Movimento lo dimostra l’arrivo a Montecitorio di molti parlamentari. Chi non ha dubbi su quali siano le decisioni da prendere è Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma da tempo in rotta con il vertice pentastellato chiede che ora sia applicato anche al gotha M5s lo stesso metodo che ha portato alla sua sospensione: “Il Direttorio dovrebbe oggi rassegnare in blocco le proprie dimissioni per non aver saputo gestire il Movimento”, è l’affondo del primo cittadino di Parma che aggiunge: “Alla luce di tutto questo, l’Italia non si governa con due clic in rete e con decisioni calate dall’alto e a porte chiuse. Serve incontrarsi, parlarsi, organizzarsi, anche litigare e discutere”.
EDIT: Ecco la mail, pubblicata dal Messaggero, che dimostra che Luigi Di Maio è stato informato da Paola Taverna dell’indagine su Paola Muraro. Chissà cosa c’era di così difficile da capire:
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