Operazione Salvataggio Pesci: così gli animalisti mettono in pericolo l'ambiente

di Giulia Corsini

Pubblicato il 2014-09-29

Il Fronte Animalista in azione nel canali di Milano e su Facebook. Ma il “salvataggio” potrebbe rappresentare un danno ecologico per la tutela della fauna autoctona. Il caso del gambero rosso e quello dello scoiattolo grigio

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A partire dalle 7.30 di sabato 27 settembre il Fronte Animalista si è imbarcato in una nuova missione chiamata «operazione salvataggio pesci». I canali di Milano in alcune zone son stati prosciugati. Il Fronte animalista è furioso perché il comune si sarebbe disinteressato della fauna dei navigli. Una cinquantina di secchi, qualche attivista armato di buona volontà preleva gli animali e li immette in oasi protette. Le foto autocelebrative vengono caricate su Facebook con «un plauso particolare a chi si è attivato ed ha macinato molti chilometri per contribuire al salvataggio», collezionando commenti di apprezzamento e like. Qualcuno mostra qualche perplessità, i commenti spariscono.

FRONTE ANIMALISTA COMMENTI operazione salvataggio pesci
Operazione Salvataggio Pesci: i commenti sulla pagina del Fronte Animalista

PERCHÉ LIBERARE ANIMALI È PERICOLOSO
L’attività nella quale si sta impegnando il Fronte Animalista, anche adesso mentre leggete, potrebbe sembrare nobile per una persona che non conosce le regole in materia di gestione della fauna selvatica; in realtà può rappresentare un grave danno ecologico per l’ambiente e per la tutela della fauna autoctona. Il gambero rosso della Louisiana, detto anche gambero killer, è una specie aliena (ovvero estranea al nostro escosistema) , proviene dagli USA e si sta diffondendo in Europa minacciando la biodiversità dei nostri fiumi e dei nostri canali, è più robusto e aggressivo rispetto ai nostri gamberi, resiste per molto tempo fuori dall’acqua grazie alla conformazione della sua camera branchiale. È portatore sano dell’afanomicosi, un fungo letale per i gamberi dei nostri fiumi, in alcune regioni italiane son partiti dei progetti da milioni di euro sponsorizzati dalla Commissione Europea per tutelare alcuni dei nostri gamberi, come il progetto Life Rarity per contrastare la diffusione del gambero rosso della Louisiana e per tutelare l’Austropotamobius pallipes, gambero nativo più importante del Friuli-Venezia Giulia, che rischia l’estinzione. Un altro problema sono le tartarughe americane dalle, definite dal Fronte Animalista come “tartarughe di palude”. Queste tartarughe, estremamente adattabili e aggressive, sono un flagello per il nostro delicato ecosistema. Spesso queste tartarughe vengono acquistate quando sono piccole a pochi euro a qualche fiera. In pochi anni possono raggiungere le dimensioni di 30-35 cm e hanno bisogno di spazio, per cui, l’ignorante in buona fede le libera nei Navigli e qualche altro ignorante in buona fede le sposta in oasi protette, creando un grande problema per la fauna locale. Queste tartarughe, infatti, possono vivere fino a 30 anni, sono più grosse e aggressive rispetto alle tartarughe autoctone con le quali competono per la nicchia ecologica, inoltre, essendo carnivore, possono nutrirsi delle uova dei pesci e degli anfibi autoctoni, minacciando il fragile equilibrio dell’ecosistema. Esistono dei centri di raccolta per tartarughe: se non si volesse fare un danno ecologico bisognerebbe rivolgersi presso essi, invece che rilasciarle in oasi protette.
 
Il gambero rosso nelle mani di una delle persone che hanno partecipato all'Operazione Salvataggio Pesci
Il gambero rosso nelle mani di una delle persone che hanno partecipato all’Operazione Salvataggio Pesci

IL PROBLEMA DEGLI SCOIATTOLI GRIGI
Per quanto riguarda i pesci, lo spostamento potrebbe rappresentare uno grande fattore di stress lo shock termico. Pozza calda, secchio caldo, fiume o lago freddo… dovrebbero adattarsi al nuovo ambiente in modo graduale, immergendo il secchio e aggiungendo pian piano l’acqua in modo di permettere ai pesci di uscire da soli. Inoltre c’è una grande incognita che non viene considerata. Non è detto che il nuovo habitat sia idoneo, inoltre potrebbe essere che quei pesci prelevati dai navigli trasportino parassiti o batteri che possono essere nocivi per i pesci del nuovo ambiente. Quindi quando si parla di “vite salvate” riguardo gli animali prelevati dal canale e liberati in ambienti nuovi ci si scorda del fragile equilibrio naturale, di quante vite possono essere spezzate, di quante popolazioni possono essere messe in pericolo da queste vite salvate. Se il problema dell’ignoranza in malafede si fermasse alle piccole associazioni di attivisti i danni sarebbero abbastanza limitati, tuttavia esistono grosse associazioni animaliste che contrastano attivamente le politiche di gestione della fauna selvatica, soprattutto le campagne di controllo delle specie invasive che ispirano più temerezza, per esempio le nutrie e dello scoiattolo grigio. Lo scoiattolo grigio, di origine nordamericana, compete per lo spazio e per il cibo con il nostro scoiattolo rosso, portandolo all’estinzione. In alcuni territori ha completamente soppiantato lo scoiattolo rosso, tanto da indurre le stesse autorità e gli esperti di gestione faunistica a prendere delle misure per la sua eradicazione. Dove c’è lo scoiattolo grigio non c’è più lo scoiattolo rosso. In Italia ci sono grosse associazioni animaliste che richiedono campagne di sterilizzazione per impedire l’abbattimento e altre associazioni animaliste, che fanno ricorso contro le campagne di sterilizzazione: continuando di questo passo lo scoiattolo rosso si estinguerà presto.

LE POLITICHE DI CONTENIMENTO…CONTENUTE
La nutria è un mammifero roditore apprezzato per la sua pelliccia, originario del sud America ora invece è molto gradito per le campagne animaliste. Si sta diffondendo molto rapidamente arrecando danni dal punto di vista ambientale e biologico, distruggendo gli argini ed entrando in competizione con la fauna locale, non essendo presenti nel nostro Paese i suoi predatori naturali. L’uomo, in quanto responsabile del caos biologico, dovrebbe, soprattutto nei casi gravi (quando appunto come in questo caso una specie alloctona mette a rischio la vita di una specie autoctona), rimediare con efficaci politiche di contenimento ed eradicazione. Ma molte delle decisioni prese dalle amministrazioni responsabili (non tutte, per fortuna) sono finite in tribunale, bloccate poi dai ricorsi degli animalisti. Esistono anche soluzioni più razionali della “liberazione” vera e propria, le quali, anche se illegali allo stesso modo, almeno non danneggiano l’habitat. Che gli animalisti adottino gli animali che salvano e che facciano in modo che non si riproducano. Meglio fare così che fare danni, no?

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