L'ira funesta di Virginia Raggi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-09-16

Telefonata con Grillo dopo il post della Lombardi. A rischio il no alle Olimpiadi. Poi la pace armata imposta dal capo. Mentre qualche consigliere vorrebbe sfiduciarla. E l’ANAC su Marra…

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Le cronache raccontano una Virginia Raggi sull’orlo di una crisi di nervi: urla nei corridoi, telefonata burrascosa con Grillo e persino le Olimpiadi come merce di scambio: potrei dire sì se non mi difendete. Nel mirino c’è il post con cui Roberta Lombardi ieri le ha ufficialmente dichiarato guerra, attaccando il fedelissimo Raffaele Marra e chiedendo, in nome della trasparenza, la pubblicazione del parere dell’ANAC sull’ex vicecapo di Gabinetto, come è successo con la Raineri. Poi arriva il post del capo politico del MoVimento 5 Stelle a rasserenare gli animi.

L’ira funesta di Virginia Raggi

Ma soltanto ufficialmente. Perché se il M5S Roma, che della Lombardi è emanazione, condivide il post di Grillo sulla sua pagina Facebook, il messaggio con cui lo fa non sembra proprio una resa: unità “con Virginia sindaco” e “i nostri principi”, come a dire che ci vuole l’una e gli altri. Ma questa è solo la punta di un iceberg. Tanto che un giornalista esperto come Ernesto Menicucci del Corriere della Sera dice che la storia sembra un film già visto, quello che portò alla caduta di Ignazio Marino con le dimissioni in blocco dei consiglieri del Pd. Racconta il quotidiano:

La prima cittadina sembra di nuovo sull’orlo di una crisi di nervi, è molto agitata e i commessi del Comune, nei corridoi, la sentono urlare. Raggi parla con Grillo (anche se il Campidoglio non conferma), poi chiama anche Davide Casaleggio. Il messaggio ai vertici è netto: «Fate finire questi attacchi strumentali contro di me. Oppure sono pronta a mollare tutto». Il suo è quasi un aut aut: «Voglio un post di sostegno sul sito di Beppe, entro poche ore. Altrimenti me ne vado, oppure davvero comincio a fare da sola. Magari potrei dire sì alle Olimpiadi».
È quello il riferimento che fa scattare il «monito» del leader genovese, che si è già espresso (come diversi esponenti) contro la candidatura di Roma ai Giochi del 2024. Passano alcune ore di frenetica trattativa, Grillo non vuole scaricare il sindaco (non ora almeno) ma non vuole neppure difendere la scelta di Marra, che lui stesso contestò a luglio. Così, alla fine, esce fuori la soluzione di compromesso. A Raggi, per adesso, va bene così. Coi suoi, a fine serata, appare più serena e anche soddisfatta: «Beppe mi ha difeso, ora anche gli altri lo capiranno». Ma il post di Grillo non viene «rilanciato» in Rete da nessun parlamentare di punta, neppure da Di Maio e Di Battista. E anche questo è un segnale.

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Il post di Roberta Lombardi su Marra e gli spermatozoi

Ma nel fuoco bolle anche altro. E si parla di dodici consiglieri pronti a sfiduciarla e di soltanto sei “fedelissimi”:

Così, se da una parte la sindaca accarezza l’idea di maggioranze alternative, «sperimentandole» magari sulle Olimpiadi (dove le opposizioni sono prontissime a votare sì), e conta intorno a sé una manciata di «fedelissimi» tra i consiglieri comunali (sei di questi hanno «condiviso» su Facebook il post di Grillo: si tratta di Angelo Sturni, Marco Terranova, Pietro Calabrese, Monica Montella, Fabio Tranchina e Alisia Mariani), in realtà ci sarebbe un altro gruppo di «lombardiani» che sarebbero già pronti, in caso estremo, a sfiduciarla in Aula.
Al momento attuale il drappello dei «dissidenti» conta almeno 12 unità (alcuni hanno anche ruoli di primo piano), ma non è detto che, col passare dei giorni, il numero non possa salire. Specie se sul fronte giudiziario le cose dovessero complicarsi: o sulla posizione di Paola Muraro, assessore all’Ambiente indagata che ora la Raggi starebbe per sostituire, oppure in caso di inchieste in Procura che contestino alla Raggi il reato di abuso d’ufficio per le nomine fatte finora.

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Le correnti del partito M5S (Il Messaggero, 16 settembre 2016)

Le guerre interne del partito M5S

Il partito M5S si spacca: anche la senatrice Elena Fattori confessa su Fb «è un po’ che seguo le vicende romane con crescente apprensione. Qualcosa deve essere andato storto – scrive-Dimissioni, smentite, mail riservate rese pubbliche, nomine fallite, veleni reciproci, mezze verità che in genere sono bugie complete». Tra i consiglieri regionali David Porrello clicca a favore del post di Lombardi (non a caso era un membro del minidirettorio). Poi tocca a Mimmo Pisano (area Roberto Fico). Ma pochi altri la seguono. Mentre la stragrande maggioranza dei commenti al post della Lombardi è fortemente critico nei suoi confronti e chiede di lavare i panni sporchi in famiglia (ai grillini sfugge che, se si tratta di panni sporchi, la Lombardi ci prova da maggio a farlo, senza successo). Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista se ne stanno in silenzio, acquattati dopo il pasticcio sul governo di scopo rimangiato nello spazio di una notte. Roberto Fico non si espone, mentre Carla Ruocco è l’unica del direttorio a condividere l’attacco di Roberta a Virginia. Questi ultimi due, più Carlo Sibilia, sarebbero però sul piede di guerra rispetto ai due golden boys del M5S. E intanto il Messaggero ci racconta cosa c’è scritto nel parere ANAC su Marra che Lombardi aveva chiesto di pubblicare:

Secondo l’Anac, però, l’articolo 90 del Tuel (Testo unico Enti locali) stabilisce che le cariche del gabinetto sono attribuite e retribuite in base a quanto prescritto da un Regolamento dell’Ente in cui vengono fissati i criteri su chi e come possa essere assunto a tempo determinato o indeterminato. Ad esempio, funziona così al Comune di Firenze. Ma qui siamo a Roma e non è servito appellarsi al regolamento del comune toscano, soprattutto perché la Capitale quel regolamento non ce lo ha proprio. O meglio, secondo l’Anticorruzione, nel Regolamento non ci sono paletti sui criteri di assunzione negli uffici collegati al sindaco.
E quindi, vista la mancanza di regole precise, la nomina di Marra sarebbe illegittima.Così come quella di Salvatore Romeo: dipendente comunale da 40mila euro che si è messo in aspettativa ed è stato riassunto con uno stipendio più che raddoppiato, a 105mila. Altro nodo, sul quale comunque Cantone si è dichiarato incompetente, è l’attribuzione del bonus economico che, sebbene sia consentita e non obbligatoria come diceva il Campidoglio, dovrebbe – secondo le conclusioni – essere quantificata con ragionevolezza.

E intanto su Marra un esposto alla Procura chiede di indagare sulla casa acquistata da Scarpellini ottenuta con uno sconto di quasi mezzo milione di euro rispetto ai prezzi di mercato, secondo quanto ha scritto qualche giorno fa l’Espresso. Il Fatto Quotidiano aveva riportato proprio oggi la sua difesa:

“Non c’è alcun nesso tra l’acquisto di casa mia e i contratti dell’imprenditore Scarpellini con il Campidoglio, che sono precedenti – si difende Marra sentito dal Fatto – Non ero in Campidoglio quando il Comune ha firmato un accordo per l’immobile di Largo Loria con la Milano 90”. Su quello che viene definito lo “sconto” Marra insiste: “Non posso sapere che prezzi hanno fatto ad altre persone”. Poi spiega: “A giugno del 2010 ho sottoscritto il rogito con la Progetto 90 per 728 mila euro. Di questi, ho chiesto alla banca di farmi un mutuo che mi ha riconosciuto per un valore di 580 mila. La banca ha fatto fare una perizia ad un tecnico indipendente della Barclays che ha stabilito il valore di quella casa in 730 mila euro, valore superiore a quelli di mercato. Così l’Istituto di credito mi ha riconosciuto l’80% del mutuo”.

Ma il Fatto aveva ricordato che l dirigente comunale conosce Andrea Scarpellini, figlio di Sergio, da tempo. «I due si sarebbero conosciuti quando Marra lavorava all’Unire, dove sedeva anche il 1 gennaio 2008 quando il Campidoglio stipulava il contratto con la Milano 90 per l’edificio di Largo Loria. È stata poi la Raggi stessa, da consigliere comunale, a chiedere con altri la rescissione del contratto di affitto».

Leggi sull’argomento: Il seminterrato che divide Marcello De Vito e Virginia Raggi

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