E alla fine Barbara Lezzi usa l’immunità per evitare un processo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-28

Nel 2016 durante una “graticola” aveva pronunciato delle frasi che un ex attivista ritiene fossero diffamatorie. Ma il processo non inizierà perché la ministra del Sud ha deciso di ricorrere all’articolo 68, quello che garantisce l’immunità ai parlamentari quando esprimono opinioni nell’esercizio delle loro funzioni

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Alla fine ce l’ha fatta Barbara Lezzi. La ministra del Sud eviterà il processo per diffamazione grazie all’immunità per i parlamentari. Il 25 giugno il giudice di pace della sezione penale di Bari, Matilde Tanzi ha accolto la richiesta dei legali della Lezzi che avevano rilevato l’insindacabilità parlamentare per alcune frasi pronunciate dall’allora senatrice pentastellata durante un incontro (nel 2016) con gli attivisti pugliesi all’indirizzo di Massimo Potenza.

Il Tribunale di Bari riconosce l’insindacabilità della senatrice Lezzi

Una volta venuto a conoscenza delle dichiarazioni della parlamentare pentastellata Potenza, che è un ex attivista del M5S, aveva sporto querela per diffamazione. Ma il processo non era mai iniziato perché la ministra Lezzi non si è mai presentata in udienza, giustificandosi con il legittimo impedimento. Alla fine i legali della ministra avevano chiesto il non luogo a procedere in applicazione dell’articolo 68 della Costituzione che prevede appunto che «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni». Secondo gli avvocati della Lezzi le possibilità erano due: il proscioglimento dell’imputata perché il fatto non costituisce reato o in alternativa il rinvio della decisione alla Giunta per le Autorizzazioni a Procedere del Senato.

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A questo punto la parola passa ai legali del querelante. Potenza su Facebook fa sapere che valuterà «se fare appello anche se mi basta aver fatto capire che aria tira nel 5stalle e chi sono i soggetti che per anni hanno tramato, attraverso giochi poco democratici (per usare un eufemismo), per tagliare le gambe agli attivisti che potevano contrastarli in quello che oggi è evidente a tutti». Quello che è certo è che per ora la Lezzi è riuscita a scappare da un processo per un accusa non certo grave (non lo è nemmeno secondo il Codice Etico del M5S) ricorrendo ad uno dei tanto odiati e contestati privilegi della Casta facendosi scudo con l’immunità.

 

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