Le strane amnesie di Virginia Raggi su Mafia Capitale

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-10-02

La sindaca risponde all’attacco del premier parlando delle cene del PD con Buzzi. Ma stranamente dimentica tutta la storia che ha portato la sua assessora prima a chiedere aiuto alle aziende di Cerroni e poi alle rivelazioni sulla relazione con Fiscon. Come mai questa scarsa memoria da parte dell’amministrazione più trasparente dell’universo isole comprese? Vediamo un po’…

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«Affari con Mafia Capitale? Mica siamo il PD»: Virginia Raggi risponde oggi a Matteo Renzi e, curiosamente, nel replicare al premier scambia una parola per un altra: “affari” invece di “rifiuti”. «Pensate che avrebbero detto se Muraro fosse del Pd? In fondo la svolta della Raggi è dare la gestione dei rifiuti a un donna collegata totalmente a Mafia Capitale, a quelli che c’erano prima», aveva detto infatti il premier ma curiosamente la sindaca di Roma ha lasciato cadere il riferimento ai rifiuti e la chiamata in causa della sua assessora all’ambiente per concentrare l’attenzione su altri discorsi («Attendiamo ancora di sapere cosa ha fatto con i fondi delle cene elettorali con Buzzi. Il PD non crederà mica che l’abbiamo dimenticato?»). Come mai Virginia Raggi in una domenica di riposo e senza tanto stress accumulato da una giornata di lavoro è incorsa in questa curiosa dimenticanza? Per scoprirlo occorre ripercorrere tutte le tappe della crisi dei rifiuti che ha coinvolto la sindaca e la sua soluzione, fino agli ultimi sviluppi dell’inchiesta sulla sua assessora.

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Lo status con cui Virginia Raggi risponde a Matteo Renzi su Mafia Capitale

Virginia Raggi, Mafia Capitale e il Monnezzagate di Roma

Sul profilo Facebook di Giacomo Giujusa, attualmente assessore all’Ambiente dell’XI Municipio a Roma c’è un video, pubblicato il 23 luglio scorso alle 3 di notte, che illustra perché siamo arrivati alla crisi della monnezza tra AMA e Comune di Roma e perché oggi la magistratura interviene per l’ennesima volta sui rifiuti a Roma. Il video mostra una serie di camion della spazzatura dell’AMA in fila davanti agli impianti di trattamento (TMB) di Malagrotta di proprietà del Colari, il consorzio di Cerroni oggi affittato all’imprenditore Porcarelli. Perché questa fila? La storia è molto lunga anche se ha una data di inizio recente: il 30 giugno 2016. I protagonisti sono tanti, e tra questi c’è proprio Giujusa. Nel frattempo Giujusa, forse irritato dalle tante citazioni dei suoi status che mostrano le sue contraddizioni, ha reso privato il video. Ma torniamo a quel giorno nell’ufficio in via Aurelio Saffi di Giujusa, all’epoca collaboratore parlamentare di Stefano Vignaroli, si incontrano il presidente del Consorzio Laziale Rifiuti Candido Saioni, lo stesso deputato e la non ancora nominata assessora all’Ambiente Paola Muraro insieme al presidente dell’AMA Daniele Fortini. Roma si trova in uno stato di pre-emergenza perché l’AMA, e questa non è una novità, non riesce a trattare con la necessaria velocità i rifiuti che ritira. Chi ha chiesto l’incontro? Secondo il Campidoglio è stato Fortini a chiedere di convocare il Colari per risolvere la questione; secondo altri Fortini ha sì materialmente composto il numero di telefono, ma per responsabilità istituzionale e su richiesta delle istituzioni (ovvero del Comune). Sia come sia, come racconta lo stesso Giujusa sul suo profilo Facebook, «un mese fa, in occasione del previsto (e poi revocato) sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, vennero richieste da Ama 200 t/g di rifiuto in accumulo per un massimo di dieci giorni negli impianti Colari. L’accumulo in fossa è previsto nelle autorizzazioni e si fa sistematicamente negli impianti Ama (che trattengono anche 5000 o 7000 tonnellate di rifiuto). Tra l’altro 200 t/g è una quantità minima rispetto alle 1200 tonnellate di rifiuti indifferenziati quotidianamente trattate da Colari (a cui si aggiungono i rifiuti del Vaticano, di Fiumicino e di Ciampino)». La versione ufficiale dell’AMA è leggermente diversa e mette sotto accusa la SAF di Frosinone: il mancato ritiro di circa 300 tonnellate/giorno da parte di Saf – si legge nel documento inviato al Comune dopo la piazzata dell’assessora Muraro -, di cui una minima quantità è stata deviata verso altri impianti Tmb (Rida) ha determinato, per il periodo di 36 giorni, l’accumulo di circa 7.000 tonnellate nelle fosse di ricezione dei Tmb di Ama e l’affanno degli impianti, che comunque hanno sempre lavorato entro i limiti delle autorizzazioni.

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Stefano Vignaroli, onorevole romano del M5S al centro dell’accordo tra l’AMA e il Co.la.ri.

Alla fine l’accordo arriva. L’8 luglio arriva il via libera al piano straordinario di polizia dell’AMA, il Campidoglio scrive: «La partecipata capitolina, per svolgere al meglio il lavoro, si avvarrà di nuovi accordi recentemente stipulati: con la Saf di Frosinone (conferimento di 300 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno) e con il Colari (200 tonnellate in più nei prossimi 10 giorni)». Il deputato Vignaroli, l’assessora Muraro e la sindaca Virginia Raggi si guardano bene dal comunicare alcunché, perché sanno benissimo che aver favorito e auspicato un incontro con Cerroni può metterli in difficoltà politicamente. In più i grillini sono fermamente convinti che la prima responsabile della situazione odierna sia l’AMA (e qualcuno, di soppiatto, ipotizza anche che dietro le scelte della società dei rifiuti ci sia la longa manus del Partito Democratico). Scrive ancora Giujusa sul suo profilo Facebook: «In quei giorni di disastro programmato e di sistematico abbandono della città abbiamo tentato di responsabilizzare gli interlocutori, pubblici e privati, che i cittadini pagano lautamente per avere un servizio, non un disservizio. Come potete vedere dal filmato “l’accordo carbonaro”, cioè la richiesta flessibilità, non ha poi convinto troppo le parti. Colari continua a scaglionare l’ingresso e limita gli orari di conferimento ed Ama non riorganizza i turni. Gli operatori Ama continuano ad arrivare tutti insieme, nel medesimo orario, anziché in gruppi di 4. Si perdono turni di raccolta di cui la città ha estremo bisogno. La città si sporca velocemente e si moltiplicano gli interventi fuori dalle coperture del contratto di servizio. I cittadini pagano sempre di più, i giornali che parlano dei carbonari certe cose non le dicono». L’idea dei grillini è chiara: Cerroni è pur sempre Cerroni, ma qui è l’AMA che sbaglia.
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Daniele Fortini, presidente dimissionario di AMA

La versione di Fortini

L’AMA, ovviamente, la pensa all’opposto. Il presidente Fortini non aveva alcuna voglia di stipulare accordi con Cerroni per le tante cause che contrappongono i re della monnezza romani con l’azienda, e sottolinea che c’è una spinta ad utilizzare il tritovagliatore di Rocca Cencia di proprietà Colari ancorché affittato, pur distando 11 metri dagli impianti TMB dell’Ama. In più imputa al Colari tutte le responsabilità per il mancato scaricamento della monnezza negli impianti e – questa è la parte importante – ritiene che sulla questione il Comune debba fare intervenire il prefetto: ovvero, visto che gli orari e l’organizzazione degli impianti TMB rendono impossibile il rispetto dell’accordo da parte di AMA l’intervento della forza pubblica può disciplinarli e fermare il “sabotaggio” che il Colari, secondo l’azienda municipalizzata, mette in atto. Ma a quanto pare il Comune non è d’accordo. E qui entra in scena Paola Muraro. L’attuale assessora all’ambiente è stata per dodici anni consulente dell’AMA e, tra l’altro, tra i suoi incarichi c’era quello di sovrintendenza sul tritovagliatore di Rocca Cencia. Ma soprattutto, la Muraro fa il blitz all’AMA proprio perché è fermamente convinta che la responsabilità dell’emergenza sia in capo a Fortini e chiede di usare proprio quel tritovagliatore. Fortini è sorpreso dalla diretta ma già lì prova a spiegare che non si può andare a sversare nell’impianto senza gara, che ha dubbi sull’autorizzazione e in ogni caso la procedura costerebbe di più all’AMA visto che quel rifiuto non è trattato e quindi dovrebbe successivamente entrare nei TMB. Chiede, Fortini, al Comune di autorizzarlo per iscritto a fare quello che vuole l’assessora, spogliandolo così da successive responsabilità legali.

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Paola Muraro, assessora all’ambiente a Roma

Questo perché «una amministrazione pubblica non può stipulare un contratto con chi ha un contenzioso». Né in teoria con chi è indagato o condannato. «Io non chiederò mai di utilizzare l’impianto di Cerroni – ribadisce l’ad -. O me lo dicono le autorità o senza gara non lo uso».  In ogni città, aggiunge Fortini dopo la piazzata, “c’è una legge e le autorità competenti che stabiliscono cosa è emergenza e cosa no. Stiamo lavorando giorno e notte per recuperare e ripristinare una condizione accettabile di gestione del ciclo dei rifiuti nonostante tutte le difficoltà che stiamo accettando, che non dipendono dai nostri lavoratori sulla strada, dai nostri impiegati e funzionari ma da un sistema diabolico costruito per alimentare discariche e inceneritori, a Roma e altrove”. Nella stessa giornata Fortini provoca il Comune dicendo che si va verso la riapertura di Malagrotta e conferma che darà le dimissioni il 4 agosto; nessuno dal M5S o dall’amministrazione esprime rammarico per la scelta. Si fa sapere che si cercherà un interno per rimpiazzarlo.
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Il tweet di Virginia Raggi contro Daniele Fortini

Il ruolo di Paola Muraro

A rispondergli è la sindaca, che non ha nessuna intenzione di riaprire Malagrotta ma fa anche una battuta molto interessante all’indirizzo di Fortini: «A proposito di profezie, TMB a Roma pieni da ottobre, Fortini dov’era?». La frase della sindaca non passa inosservata, anche perché è inesatta: dopo l’incendio del giugno 2015 proprio da ottobre gli impianti hanno ricominciato a funzionare senza produrre sofferenze. Ma a ottobre è finito anche il contratto sull’ultilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia. Dietro la frase della sindaca c’è quindi una tesi ben precisa: i problemi nascono dal mancato utilizzo di Rocca Cencia. Ma questo è falso o perlomeno incompleto: il video di Giujusa ci spiega che il problema è “logistico” ed Estella Marino, in un commento su Facebook, ribadisce che all’epoca della precedente amministrazione i problemi si risolvevano in un’altra maniera:
 

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Il commento su FB di Estella Marino

In tutto ciò c’è chi ha fatto notare che è quantomeno curioso che il M5S, che si è opposto per anni all’impianto di Rocca Cencia costituendo comitati e facendo manifestazioni su manifestazioni, oggi dica che quell’impianto è indispensabile. Ma questo è il minimo. L’assessora Muraro attacca Fortini su Facebook con argomenti risibili come quello di non aver voluto firmare piani, documenti o bozze ieri al termine della piazzata in streaming che lei stessa ha organizzato per mettere pressione all’amministratore delegato dell’azienda di cui il comune di Roma è unico azionista (e quindi se non le piace l’AD tanto vale dire alla sindaca di cambiarlo, non costringerlo a scrivere bozze).

I tmb erano fermi da ottobre, c’erano tutte le avvisaglie da mesi che Roma sarebbe caduta in una situazione emergenziale, e noi lo dicevamo, ma è stato fatto ben poco. Lo dimostra il documento operativo che Ama ha redatto sotto mia richiesta, un documento che un documento non è, ma una bozza, nemmeno scritta su carta intestata dell’azienda e senza la firma del presidente Fortini ma di un direttore. Cosa c’è di puntuale in questo atteggiamento? Parliamo di una delle aziende capitoline più importanti e cruciali per Roma e questo è l’approccio a una situazione così complessa com’è quella dei rifiuti oggi in città? L’invito è a lavorare tutti per un unico scopo e ad accettare il fatto che finalmente c’è un’amministrazione che per la prima volta nella storia della Capitale apre un dialogo schietto e leale con Ama per far comprendere ai romani cosa sta succedendo. Io questo lo trovo un valore aggiunto, perché i cittadini devono sapere. E, come ha già sottolineato la sindaca, Malagrotta non si riapre, si bonifica.

Intanto il M5S fa sapere che odia Cerroni (ma allora perché gli ha chiesto aiuto?), escono notizie-bufala come quella che vorrebbe Stefano Vignaroli alla presidenza di AMA e Cerroni in un’intervista al Tempo fa sapere di essere pronto a usare il tritovagliatore per “risolvere” l’emergenza a Roma. Ce n’è abbastanza per passare all’avanspettacolo. E invece la situazione torna subito a essere seria perché si muove la magistratura. Fortini ha inviato nel tempo 14 esposti segnalando presunte irregolarità e i pubblici ministeri acquisiscono documenti nella sede dell’AMA e sentono il presidente per quattro ore. L’indagine riguarda in primo luogo fatti accaduti nel 2015, quando la Mazar Italia effettua una consulenza nell’azienda sulle procedure sul processo d’acquisto in AMA e “scopre” che il maggiore fornitore della municipalizzata dei rifiuti è Cerroni. E quel rapporto individua una serie di «irregolarità». Fra cui «fatture non contabilizzate» per milioni di euro e Sal (Stato di avanzamento lavori) del tutto incoerenti. Scrive il Corriere:

Non solo ma ovviamente su tutto pende la solita ipoteca; quella delle procedure di urgenza. Le stesse che facevano prosperare le coop di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, per intenderci. Ed ecco perché tanta preoccupazione. Fortini teme – e lo ha ripetuto anche durante la testimonianza al processo di Mafia Capitale – la lobby pro-Cerroni. E non solo, ma anche altre. A riprova di questo ha presentato in procura un pacchetto di 14 esposti sulla raccolta rifiuti in Ama che documenta come la pistola dell’emergenza costantemente puntata alla tempia dell’azienda favorisca le lobby. Anche se poi, certo, è difficile in giornate come queste, convivere con i rifiuti per i cittadini di Don Bosco, San Giovanni, Villa Fiorelli fino a piazza Fiume e via Alessandria.

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Paola Muraro, Giovanni Fiscon e Mafia Capitale 

Quella indagine nel frattempo ha vissuto ulteriori sviluppi. Tutti incentrati, com’era prevedibile, sul ruolo della Muraro. Ma anche su quello di Vignaroli: l’8 settembre il Corriere della Sera scrive che l’inchiesta potrebbe coinvolgere altri esponenti del Movimento 5 Stelle e ricorda il ruolo dell’onorevole Stefano Vignaroli nella gestione del caso dei rifiuti a Roma quando la sindaca era appena stata eletta e la Giunta non era ancora stata formata. Lo stesso Vignaroli nel frattempo fa sapere che non ha alcuna intenzione di rispondere alle domande della Commissione Ecomafie di cui non è solo componente ma persino vicepresidente e il M5S lo copre. Il 30 settembre molti giornali scrivono che la Muraro è indagata anche per abuso d’ufficio, cosa che era nota – a dispetto di tanti santi – dai primi di settembre. Più interessante è sapere perché. L’ascolto delle telefonate mai trascritte nell’inchiesta di Mafia Capitale ha portato al fascicolo d’indagine che partiva dalle risultanze dell’inchiesta sull’organizzazione di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Le verifiche degli atti sequestrati in AMA hanno delineato un quadro che mette l’assessore al centro di interessi ritenuti illeciti dai pubblici ministeri. Per questo qualche giorno fa Salvatore Sciullo, avvocato anche di Fiscon, ha rinunciato alla difesa della Muraro. C’è da segnalare che durante l’audizione in commissione Ecomafie, a una domanda precisa sul ruolo di Sciullo nella difesa di Fiscon, la Muraro partì a raccontare la storia della sua vita sottolineando come Sciullo avesse assistito la sua famiglia in un paio di cause precedenti, “dimenticando” di rispondere alla domanda fino a quando non le venne rifatta. Il giorno dopo, ovvero il primo ottobre 2016 – appena ieri, per la rassegna stampa della sindaca – si scopre che le intercettazioni dell’epoca mostrano che c’era un legame sentimentale tra la Muraro e Giovanni Fiscon, oggi a processo per Mafia Capitale. I Pm ipotizzano che l’ex direttore generale di AMA in epoca Alemanno abbia siglato i contratti con la Muraro proprio per la «questione sentimentale» tra i due: pur di favorirla sarebbe arrivato a retrodatare i contratti su alcuni incarichi assegnati per il suo ruolo di consulente. E a pagare cifre esorbitanti per compiti che avrebbe potuto affidare a un dipendente di medio livello. La Muraro su Facebook risponde: “Il rispetto della dignità delle persone deve sempre collocarsi al primo posto, qualsiasi attività lavorativa e professionale si svolga. Sottoporre alla gogna mediatica un individuo, tentando di infangarne anche la vita privata, rappresenta l’opposto della nobilissima funzione che anima il mestiere del giornalista. La ricerca della notizia non dovrebbe mai trasformarsi in un atto di sciacallaggio volto a smontare, pezzo dopo pezzo, la vita degli esseri umani. Ogni parola esercita, infatti, un peso specifico che si traduce sulle nostre esistenze”. Rileggiamo le parole di Renzi: «In fondo la svolta della Raggi è dare la gestione dei rifiuti a un donna collegata totalmente a Mafia Capitale, a quelli che c’erano prima (si riferisce al Monnezzagate e al Co.La.Ri.). Ad occhio non sembra avere tutti i torti.

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