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L'avviso di garanzia in arrivo per Marino
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2015-10-11
Le ipotesi di reato potrebbero essere peculato e falso. Anche se l’avviso serve per tutelare l’indagato, visto il clima costituirà la pietra tombale sulle ambizioni di poter ricostituire giunta e maggioranza in Comune
Il giorno buono potrebbe essere domani. Secondo Giovanni Bianconi, che ne scrive sul Corriere della Sera, per la vicenda degli scontrini la procura di Roma potrebbe inviare un avviso di garanzia a Ignazio Marino comunicando così a lui (e all’opinione pubblica) l’inizio dell’indagine per accertare le sue eventuali responsabilità. Il reato ipotizzato potrebbe essere peculato: è evidente che l’informazione di garanzia, che arriverebbe per preparare l’indagato semmai a rispondere e spiegare la vicenda, non potrà che avere però il significato di una pietra tombale sulle residue ambizioni del sindaco di Roma di riformare una giunta e andare avanti.
L’avviso di garanzia in arrivo per Marino
Visto il clima, e visti anche i segnali trasversali inviati dal Partito Democratico, la storia dovrebbe essere chiara. Come dicevamo, i reati ipotizzati dovrebbero essere peculato e falso:
Anche sul fronte dell’inchiesta giudiziaria, domani potrebbe essere una giornata di svolta. È infatti possibile che la Procura proceda senza altri indugi a iscrivere il nome di Ignazio Marino sul registro degli indagati per i due reati ipotizzabili a suo carico. E se pure si trattasse di un atto tecnicamente «dovuto», per procedere alle necessarie verifiche, è chiaro che la credibilità del sindaco ne risentirebbe ulteriormente. Al punto da rendere vano quel traguardo tanto agognato da Marino, che pare essere il vero motivo dei suoi tentennamenti: potersi presentare il 5 novembre al palazzo di giustizia, con la fascia tricolore indosso, per costituirsi parte civile nel processo contro «Mafia Capitale».
Ma ammesso che ci riesca, che valore avrebbe quell’immagine se nel frattempo dovesse arrivare un avviso di garanzia per peculato e falso? O, peggio ancora, qualche eventuale misura interdittiva? L’appuntamento in tribunale è stato evocato dallo stesso Marino nei convulsi contatti dei giorni scorsi con il vertice del Partito democratico: Matteo Orfini, che ha fatto da ponte con Matteo Renzi. «Se mi ostacolate dirò che il Pd non vuole che la città di Roma sia parte civile contro i mafiosi», si racconta che abbia minacciato il sindaco. Facendo infuriare sia Orfini che Renzi. Il quale aveva già preso molto male l’intervista a La Stampa in cui Marino ha accusato: se non c’erano le ricevute dei ristoranti mi avrebbero messo la cocaina in tasca; con intuibile riferimento ai responsabili del Pd che volevano farlo fuori a tutti i costi.
Intanto, secondo alcuni retroscena, il Partito Democratico, insospettito dalla mancata – finora – formalizzazione delle dimissioni, potrebbe indicare ai suoi consiglieri la via delle dimissioni di massa per far decadere il consiglio comunale. I Dem sono convinti che Marino stia attuando la strategia del gambero, e voglia tornare indietro sulle dimissioni prima della scadenza dei famosi venti giorni. Di qui l’ipotesi delle dimissioni di massa, che non a caso era stata già ipotizzata da 5 Stelle e destra per tagliare i ponti e le eventuali sponde al sindaco.
La faccenda degli scontrini
Intanto un articolo di Repubblica ieri ha riportato la versione dei collaboratori di Marino sulla faccenda degli scontrini. Tutto parte da una modifica delle procedure: fino a che è stato sindaco Gianni Alemanno, una delle sue segretarie raccoglieva le ricevute, per poi accoppiarle ogni fine mese con le cifre dell’estratto conto inviato alla banca a cui è appoggiata la carta di credito comunale e con gli appuntamenti in agenda. Poi il capo di gabinetto vistava la documentazione e la inviava al cerimoniale.
Con il cambio di giunta, però, il nuovo capo dell’ufficio, Luigi Fucito, introduce i giustificativi: d’ora in avanti non sarà più il dirigente a “garantire” per il sindaco, ma lo stesso sindaco ad avvalorare le sue note spese. Il chirurgo dem si insedia a metà giugno di due anni fa. Ma per diversi mesi nessuno si occupa dei suoi scontrini. Col risultato che ricevute ed estratti conto si accumulano sulle scrivanie. Finché qualcuno non si accorge della dimenticanza, anche se non è chiaro quando. A quel punto scatta la corsa per mettere tutto a posto. Ma è passato del tempo. Tanto. La fonte non ricorda quanto di preciso, ma comunque mesi.
Non a caso le cene contestate portano la data del 2013. Gli uffici si affannano nell’incrocio tra fatture e agenda che costerà caro a Marino. Quando per esempio leggono che nel pomeriggio del 6 settembre ha ricevuto in Campidoglio l’ambasciatore del Vietnam, presumono che quella sera lo abbia invitato al ristorante. Ma certo non basta a spiegare, uno fra tanti, il convivo festivo del 26 dicembre. «Se però c’erano dubbi», conclude la fonte, «chiedevamo direttamente al sindaco. Non sempre però ricordava con chi fosse stato e perché».
L’articolo, presentato come la prova dell’innocenza del sindaco, lascia molti dubbi. Le affermazioni della “fonte anonima” spiegano qualcosa, ma non giustificano molto. Perché prendendo per buona la spiegazione non si capisce in ogni caso perché Marino abbia avuto la meravigliosa idea di tirare fuori la carta di credito per il conto del ristorante in cui ha cenato con la moglie, in ogni caso. Quello non era un incontro istituzionale e il sindaco avrebbe dovuto saperlo. Così come, se erano “sbagliati” gli esponenti delle istituzioni o della società civile con cui il sindaco ha pranzato, dove sono quelli giusti? Infine: se i conti sono stati lasciati lì per tanto tempo senza essere ricontrollati, questa è ancora una volta una responsabilità del sindaco. Se i suoi collaboratori non hanno lavorato bene, la colpa è di chi li ha scelti. Ovvero, sempre Marino.