La trattativa sottotraccia tra Lega e M5S per il governo

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Giorgetti torna a evocare la ribellione del Nord a un governo PD-M5S, come Bossi sognava i fucili bergamaschi. Ma sottotraccia il contatto tra grillini e Carroccio prosegue...

“Chi dovesse consentire e siglare il sodalizio M5S-Pd si assumerebbe una grande responsabilità, non solo perché verrebbe lasciata fuori dal governo la coalizione che ha vinto le elezioni a vantaggio dei secondi e dei terzi, ma ancor più perché verrebbe escluso dall’area di governo tutto il Nord produttivo. L’esasperazione delle regioni che continueranno a tirare la carretta non so se sarà ancora contenibile”: è un Giancarlo Giorgetti in forma bossiana quello che si presenta oggi in un’intervista a Repubblica per paventare addirittura pericoli per la democrazia da un governo formato da forze liberamente elette in Parlamento.



La trattativa sottotraccia tra Lega e M5S

Un po’ come i 300mila martiri bergamaschi che il Senatùr era pronto a scatenare ai bei tempi in cui ancora guadagnava i titoli delle prime pagine dei giornali. E infatti anche Giorgetti dice che “faremo fatica a contenere certe spinte perfino secessionistiche. Penso al Veneto, per esempio, con forti propensioni autonomistiche da noi canalizzate responsabilmente nel referendum autonomista”. Sembra proprio di essere tornati ai bei tempi in cui la Lega minacciava lo sciopero fiscale (tutte le volte, alla vigilia dell’estate) e poi puntualmente non succedeva nulla perché  il ricatto politico del momento era andato a buon fine con due sottosegretari in più.



La realtà è ovviamente tutt’altra. Anche se ieri Di Maio ha chiuso ufficialmente alla Lega come da desiderata di Maurizio Martina per aprire un canale con il Partito Democratico, il dialogo tra grillini e Carroccio prosegue e non è detto che alla fine non vada a buon fine, magari passato lo scoglio delle elezioni in Friuli-Venezia Giulia. O dopo aver trovato un accordo tartufesco con Berlusconi sul modo di fargli fare un passo indietro facendogli fare un passo avanti.

L’occasione del governo 

Il piano B del Carroccio, e le parole di Giorgetti lo confermano, è chiaro: piazzarsi all’opposizione intransigente di qualsiasi altra soluzione alla crisi politica aperta dalle elezioni del 4 marzo per poter lucrare dalla rendita di posizione alle prossime elezioni, a cui si andrà, secondo i pronostici, a breve. Confidando che il nuovo sistema elettorale o il vecchio possano dare al centrodestra unito almeno la maggioranza in una delle due camere per effetto dei voti in uscita dal M5S degli scontenti per l’accordo con il Partito Democratico.



Ma davanti a questa strategia a lungo termine ce n’è anche una a breve. “Il dialogo con il M5S scorre come un fiume carsico…”, ha detto ieri all’Adnkronos proprio Giorgetti mentre l’esploratore Roberto Fico ‘consultava’ la delegazione del PD. L’obiettivo è ancora quello di un governo che metta insieme centrodestra e MoVimento 5 Stelle, ma senza rompere con Silvio difficilmente la Lega riuscirà a portare a casa il risultato. Il sacrificio di Silvio però aprirebbe le porte alle “grandi cose” promesse da Di Maio. E prima o poi tutti se ne dovranno rendere conto.

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