La tesi copincollata di Marianna Madia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-03-28

Il Fatto: il testo con cui la ministra ottenne il dottorato all’IMT di Lucca contiene ben 4mila parole rubate da ricerche altrui. La risposta

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Il Fatto Quotidiano oggi inguaia la ministra Marianna Madia con la sua tesi di dottorato: In 35 di 94 pagine del lavoro con cui ottenne il dottorato all’IMY di Lucca (al netto di bibliografia, figure e tabelle) – titolo: “Essays on the Effects of Flexibility on Labour Market Outcome” – ci sono passaggi pressoché identici a quelli presenti in altre pubblicazioni. Laura Margottini parla di oltre 4mila parole senza chiara attribuzione della fonte:

Nell’analisi, il Fatto ha escluso dal conteggio tutte le frasi che ha riconosciuto di uso comune nell’ambito delle scienze economiche e anche i passaggi che appaiono identici in altre pubblicazioni, ma attribuite tra parentesi dalla Madia alla fonte originale, nel punto in cui sono riportate. Tali passaggi sono stati esclusi dal conteggio anche quando ripresi parola per parola, ma senza virgolette (le regole accademiche impongono di virgolettare se le frasi sono riprese letteralmente). La tesi della Madia è sul sito dell’Imt.
Nel lavoro del ministro passaggi anche di centinaia di parole risultano identici ad altri già apparsi in pubblicazioni scientifiche peer reviewed (cioè certificate dal controllo della comunità scientifica), o in articoli che nel 2008 erano ancora in progress, in rapporti della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e di centri di ricerca (come l’Istituto Iza per l’Economia del Lavoro di Bonn,in Germania, o il National Bureau of Economic Research di Cambridge (Nber), Massachusetts, negli Usa). “Anche articoli in progress, working paper, o i rapporti di istituzioni vanno assolutamente citati, ”spiega Gerhard Dannemann, direttore del Centro di Studi britannici a Berlino, membro del VroniPlag, il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi.

marianna madia
Per il confronto Il Fatto ha utilizzato due software antiplagio, PlagScan e iThenticate, che utilizzano algoritmi per creare una impronta digitale di ogni porzione del testo in esame e poi la comparano con le impronte dei passaggi di migliaia di documenti online. Le fonti sono citate in bibliografia ma non nel testo:

In tre sottocapitoli della tesi del ministro, la quantità di passaggi che risultano originariamente presenti in articoli di altri autori non citati dove appaiono nella tesi, è rispettivamente del 40%, del 56% e del 79%. E in sette pagine su 95 si va dal 56% all’89% di testo identico a quello di altri autori, senza virgolette né attribuzione della fonte.
In alcuni casi, si cita in parentesi il lavoro di un autore, ma si riprendono intere parti da un altro lavoro del medesimo autore, che però non è citato dove i passaggi sono riportati. Alcune pagine appaiono come collage di più articoli di diversi autori, senza fonte né virgolette, inframezzate da frasi scritte dall’autrice della tesi.

La ministra ha risposto al Fatto con un sms: “Non sta a me giudicare la qualità del mio prodotto, ma sono molto sicura della serietà del metodo. Di certo ogni fonte utilizzata è stata correttamente citata in bibliografia”.

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