La restaurazione degli orari all'ATAC

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-12-26

L’amministratore unico di ATAC Manuel Fantasia ha firmato un accordo con i sindacati RSU il 20 dicembre la cui caratteristica principale è l’annullamento delle condizioni lavorative firmate un anno e mezzo prima e la diminuzione del monte ore di lavoro

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Il vento sta tornando, signori. L’amministratore unico di ATAC Manuel Fantasia ha firmato un accordo con i sindacati RSU il 20 dicembre la cui caratteristica principale è l‘annullamento delle condizioni lavorative firmate un anno e mezzo prima e la diminuzione del monte ore di lavoro. Nel 2015 un accordo firmato dall’ex assessore Guido Improta e dall’ex direttore generale di ATAC Francesco Micheli prevedeva la scomparsa dei benefit e l’aumento del monte ore da 736 a 950, oltre all’introduzione del badge e del timbro all’uscita e alla comparsa del parametro della produttività nel salario. Tutto cancellato dalla nuova gestione dopo la vittoria del M5S in Campidoglio, arrivata anche grazie al serbatoio di voti dell’azienda pubblica.

La restaurazione degli orari all’ATAC

E così le ore di lavoro tornano a essere ottocento, mentre il resto verrà pagata come straordinario. Saranno considerati straordinario anche i corsi di aggiornamento dei lavoratori della metro mentre la domenica festiva verrà ripristinata. Importanti cambiamenti anche dal punto di vista del timbro, come ha raccontato Andrea Arzilli sul Corriere Roma:

Quindi, a seguito di «analisi congiunta», sta scritto al punto 4 del documento, sarà riformulato il metodo di attestazione delle presenze. Finora è stato necessario «badgiare» due volte, una all’entrata e l’altra a fine turno. Stavolta la strada che sindacati e azienda sembrano voler praticare è quella della timbratura unica. Una strisciata rappresentativa, diciamo, e decisamente in controtendenza alla stretta sui furbetti del cartellino. Ma l’elemento più paradossale che l’accordo reintroduce «entro e non oltre il 15 febbraio 2017», è la cosiddetta riservata treno metroferro. Ovvero i convogli dedicati al trasporto del personale a inizio e fine turno, che erano stati cancellati per due motivi.
Il primo è il costo esorbitante: 600 mila euro l’anno per un servizio interno che era (e tornerà ad essere) sfruttato da 17 persone al giorno. Il secondo consiste nel fatto che il transito della linea riservata riduce la fascia di manutenzione notturna. Una grana in più per le linee metro che avrebbero bisogno di interventi più frequenti e, stando all’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, anche straordinari altrimenti «le linee A e B rischiano presto la chiusura». Ognuno dei 16 punti su cui, alle 21,20 di martedì sera, Atac e sindacati hanno trovato una convergenza, comporta comunque l’aumento dei costi. Il che per un’azienda sull’orlo del default può risultare letale.

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Il vecchio e il nuovo accordo sulla restaurazione degli orari in ATAC (Corriere della Sera Roma, 26 dicembre 2016)

Dopo l’articolo pubblicato dal Corriere, in una nota stampa ATAC sottolinea che l’interpretazione data all’accordo del 20 dicembre scorso è parziale e totalmente distorsiva degli obiettivi veri del tavolo di lavoro”. Lo afferma in una nota l’Azienda spiegando che “lo spirito dell’accordo, che rimanda a incontri successivi per lo sviluppo delle tematiche affrontate in prima istanza, è necessariamente incentrato sull’efficientamento della produttività e sulla crescita della qualità del servizio, temi su cui Atac non può e non farà nessun passo indietro”. Stavolta non minaccia querele, come succede molto spesso, ma putroppo l’azienda non spiega cosa ci sia di sbagliato nell'”interpretazione”.

La “discontinuità” in ATAC che presenta un piano simile a quelli di Rettinghieri

Finora la gestione targata M5S in azienda ha portato pochi punti di discontinuità con la vecchia gestione, con momenti di surrealismo molto interessanti. Tra i punti di contrasto tra Rettighieri e Giunta Cinque Stelle c’era il piano di dismissione degli immobili di proprietà di ATAC. I proventi della dismissione delle rimesse e dei depositi sarebbero dovuti andare a sanare parte del buco nei conti dell’azienda dei trasporti capitolina, ma il M5S appena arrivato nelle stanze dei bottoni del Campidoglio si era opposto al piano industriale approvato dal consiglio di amministrazione, dal collegio dei sindaci di Atac e soprattutto dalla precedente gestione commissariale guidata dal Prefetto Paolo Tronca. Secondo Rettighieri «Per avere liquidità, bastava sbloccare il piano di dismissione degli immobili non strumentali». Un’operazione di vendita di immobili non utilizzati che avrebbe potuto portare nelle casse dell’azienda fino a «160 milioni di euro», come si legge nella relazione del 24 giugno. Il piano industriale 2015-2019 bloccato dalla Giunta Raggi prevedeva che solo dall’alienazione di cinque immobili dismessi sarebbero arrivati 98,2 milioni di euro. Secondo Rettighieri il fatto che la nuova Amministrazione avesse contestato il piano di dismissione significava mettere in discussione il piano industriale stesso, questo per far capire quanto fosse importante la vendita degli immobili all’interno del piano di risanamento di ATAC. Ieri però abbiamo appreso che nel nuovo piano industriale elaborato da Fantasia è prevista la dismissione dell’intero patrimonio non strumentale all’azienda. Questa secondo Fantasia rappresenta una “discontinuità significativa” con la governance precedente “perché si prevedeva solo la dismissione di sei immobili. Il prossimo piano opererà sull’intero patrimonio, cioè circa 20 immobili”.

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