La querela del PD a Beppe Grillo (non ha molto senso)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-04-02

Renzi e i suoi hanno deciso di portare in giudizio il leader del MoVimento 5 Stelle per le frasi contenute in un post sul suo blog. Qualche argomento per sostenere che sarebbe meglio lasciare lo scontro politico fuori dalle aule del tribunale

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“Il governo ha pazienza ma il Pd non può accettare passivamente le calunnie di un “pregiudicato”, come Beppe Grillo, sostiene Matteo Renzi spiegando sulla sua enews perché il partito ha deciso di querelare il leader del M5S. “Ho detto che noi del governo – afferma il segretario dem – non raccogliamo le loro polemiche. Ma il Pd invece ha il dovere di reagire. Io credo nella polemica politica e penso che sia giusto che ognuno dica la sua, in piena libertà”. “Ma esiste un limite e quel limite lo traccia il codice penale. Per questo il Pd ha deciso di querelare in sede civile e penale Beppe Grillo che pure alle condanne penali – a differenza nostra – è abituato. Perché lo ha fatto? Perché Grillo non si è limitato alle polemiche, anche dure. Ha detto che su questa vicenda il Pd ‘è colluso e complice. Tutti con le mani sporche di petrolio e di soldi'”.


La querela del PD a Beppe Grillo (non ha molto senso)

“Sono parole pesanti come pietre: colluso, complice, mani sporche di denaro. Ora io conosco la comunità delle donne e degli uomini del PD. Sono persone per bene, volontari con passione politica, gente che tiene i circoli aperti, organizza i tavolini nelle piazze, fa i tortellini alla Festa dell’Unità”.  “Accusare questa grande comunità di fare errori – continua Renzi – o di aver scelto come leader uno non capace significa fare una polemica politica discutibile quanto si vuole, ma politica. Accusarla di essere complice e collusa, con le mani sporche di denaro e petrolio significa insultare donne e uomini che non lo meritano”. “Andremo in tribunale – aggiunge il segretario del Pd e presidente del Consiglio – e chiederemo a Beppe Grillo i danni. Ho già detto al tesoriere del partito che non si faccia venire strane idee perché nessun centesimo andrà al partito nazionale: tutto il risarcimento danni sarà dedicato ai circoli del Pd. Alle feste dell’Unità”. “All’attività dei volontari e dei militanti. Noi possiamo sbagliare, come tutti. Possiamo scegliere strategie più o meno efficaci. Possiamo essere antipatici o arroganti. Ma noi siamo persone oneste. E chi mette in discussione la nostra onestà ne risponde nelle sedi opportune. Perché i militanti del Pd non meritano gli insulti di un pregiudicato. Un sorriso”. conclude Renzi. Un annuncio che va a completare quello di Francesco Bonifazi, tesoriere PD, uscito ieri: “Il Pd agirà in sede penale e civile contro Beppe Grillo -si legge in una nota di Bonifazi- per le sue dichiarazioni contro il Partito Democratico. Grillo è un pregiudicato e conosce bene cosa significa essere condannati, ma evidentemente non se lo ricorda. Le sue dichiarazioni contro il Partito Democratico hanno decisamente passato il segno”. “Adesso basta: abbiamo il dovere di tutelare i militanti del nostro partito. Ci vediamo in tribunale, caro pregiudicato Grillo. E vedremo se aggiungerai un’altra condanna al tuo curriculum vitae”, conclude.  Ma siamo sicuri che il PD possa agire contro Beppe Grillo tramite querela per diffamazione? Vediamo a cosa si riferiscono i democrats.

Il post di Grillo “incriminato”

Il post “incriminato” di Beppe Grillo è questo: pubblicato ieri sul sito, non ha alcuna firma a differenza di quello successivo in cui compare una dichiarazione a firma di Luigi Di Maio e dove si riportano le parole del parlamentare Andrea Cioffi.
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In primo luogo, bisogna notare che il titolare del dominio Beppegrillo.it è Emanuele Bottaro, che già in altre occasioni è finito a processo per post e articoli sul sito di Grillo: ««Ho chiesto a Beppe se potevo registrare il suo nome nel 2001 prima che qualcun altro lo facesse» spiega a Panorama «ed è rimasto a me. Ho una delega ma non ho accordi di tipo economico o di tutela legale. Nel mio piccolo, partecipo in questo modo al movimento». Da quando Grillo ha intrapreso la carriera politica, Bottaro non ha vita facile perché capita che alcune querele arrivino direttamente a lui. «Il grosso arriva a Beppe. Io ne voglio stare fuori, non ho incarichi nel movimento e non mi va di averne perché ho una famiglia». A soccorrerlo legalmente in questi casi è Enrico Grillo, nipote del comico e avvocato penalista del foro di Genova». Un primo problema sarà quindi identificare come Beppe Grillo l’autore del post, che porta la responsabilità penale di quanto affermato. Una volta risolto questo, bisogna ricordare che le dichiarazioni, essendo il sito Beppegrillo.it l’organo ufficiale del MoVimento 5 Stelle, potrebbero essere considerate oggetto di immunità parlamentare, anche se in questo caso, a differenza di altri, il post non è firmato M5S Parlamento e quindi l’obiezione dovrebbe cadere.

Il merito della questione

Ma se il Partito Democratico querelerà davvero Beppe Grillo sembra un altro il punto più debole della questione. La frase contenuta nel post. Sostengono Renzi e Bonifazi che “Grillo non si è limitato alle polemiche, anche dure. Ha detto che su questa vicenda il Pd ‘è colluso e complice. Tutti con le mani sporche di petrolio e di soldi”. La frase nel post però, in quel punto, sembra riferirsi più al governo che al Partito Democratico:

La Guidi chiese l’avvallo della Boschi che – per blindarlo e assicurarsi che tutto andasse come doveva – inserì l’emendamento incriminato nel testo del maximendamento su cui poi, con il consenso del Bomba, pose la questione di fiducia.
Un meccanismo perfetto ai danni dei cittadini. Tutti collusi. Tutti complici. Con le mani sporche di petrolio e denaro.
Ora si capisce perchè il Pd ed il governo incitano illegalmente all’astensione sul referendum delle trivelle in programma il prossimo 17 aprile: intacca gli interessi delle compagnie petrolifere e tutela i cittadini e l’ambiente. Il Bomba non può permetterlo.

La frase è riferita in primo luogo al governo e poi al Partito Democratico, di cui si dice – con molta fantasia – che incita all’astensione. Il collegamento non è esplicito anche se è logico: “ora si capisce perché” è una formula che potrebbe costituire l’attribuzione di un fatto determinato, tipica delle diffamazioni, ma anche essere giudicata come “non determinata” e chiamante in causa il governo, e non il PD. Ma soprattutto: il giudice e il pubblico ministero potrebbero anche pensare che tutto questo fa parte della dialettica politica e della critica legittima nei confronti di un avversario politico. Più in generale, rispondere con le querele nel momento in cui si è partito di maggioranza (relativa) e ci si trova al governo non ha invece molto senso. Bisognerebbe rispondere solo con i fatti.

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