La proposta indecente del guitto Di Maio al presidente Mattarella

Categorie: Opinioni

Se mi avessero chiesto di assegnare la palma di guitto della crisi di governo, fino a ieri sarei stato indeciso tra Salvini, Renzi e Conte. Sul primo c’è poco da dire, ha avviato una crisi per monetizzare il suo consenso e, probabilmente, aveva messo in conto anche un governicchio tecnico di 5/6 mesi che si accollasse la Legge di Bilancio. Una volta capito che sarebbe potuto nascere un governo politico che lo avrebbe potenzialmente tenuto lontano dal potere per 2/3 anni, ha tentato una goffa marcia indietro. Anche per Renzi il discorso può essere breve, da sempre primo e più fiero oppositore di ogni dialogo con il M5S, ha cambiato posizione per non perdere (con eventuali elezioni) i propri fedelissimi nei gruppi parlamentari del PD. Ha minacciato, neanche tanto velatamente, che in caso di voto si sarebbe presentato con una sua formazione (tutto questo per il bene del paese ovviamente), formazione che probabilmente nascerà comunque tra qualche tempo. Tutto questo confidando nel varo di una legge proporzionale che assicuri un minimo di peso alla sua nuova creatura politica (scordandosi di essere stato un fiero sostenitore del maggioritario). Su Conte ho scritto un articolo a cui rimando, uno dei più riusciti esempi di economia circolare applicata alla politica che si conosca: infatti dovrebbe essere a capo di un governo che incarni il massimo della discontinuità con quello precedente che lui stesso presiedeva. In parole semplici Francia o Spagna basta che se magna.



Tuttavia l’ultima mossa di Di Maio mi costringe ad assegnargli la simbolica palma di guitto della crisi. Con un post pubblicato a tarda sera sul Blog delle Stelle, con una leggerezza che quasi fa passare in secondo piano la sua faccia tosta, detta al presidente Mattarella i passi successivi a cui dovrà conformarsi. Secondo il Di Maio pensiero il presidente dovrebbe incaricare un presidente del consiglio, che dovrà poi portare avanti il confronto tra le forze politiche basato sui dieci punti indicati dallo stesso Di Maio. Alla fine di questo percorso la “proposta di progetto di governo” sarà sottoposta al voto sulla piattaforma Rousseau che dovrebbe essere fissato entro la fine della prossima settimana. Da notare che per l’ennesima volta dall’inizio di questa crisi il leader pentastellato non nomina mai il PD (evidentemente in tutti questi giorni ha trattato con un qualche partito del pianeta Marte). Si tratta ovviamente di un gravissimo sgarbo istituzionale. Il presidente Mattarella aveva già fatto trapelare alla fine del primo giro di consultazioni, pur con i suoi toni garbati, un certo fastidio per il fatto che non gli fosse stata sottoposta nessuna soluzione concreta. Aveva detto chiaramente che in mancanza di una proposta chiara e netta, data la delicatezza del momento, sarebbe stato costretto suo malgrado a sciogliere le camere. Adesso Di Maio propone un percorso per arrivare a un “progetto di governo” (ripetiamolo, senza neanche degnarsi di esplicitare con chi) che dovrà essere sottoposto dopo ulteriori e lunghe trattative al voto dei suoi iscritti a data da definirsi. Siamo di fronte ad una seconda chiara mancanza di sensibilità istituzionale e di rispetto nei confronti del presidente dopo la ridicola minaccia d’impeachment dello scorso anno. Ora, che Di Maio abbia umiliato un pavido Zingaretti e le sue richieste di discontinuità ottenendo di indicare il premier, pretendo di essere nella compagine di governo e insistendo anche per il ruolo di vicepremier e il rispetto integrale dei suoi 10 punti, è un problema del PD, ma che tenti di fare il guitto anche con il presidente della repubblica è un fatto che rivela una tracotanza intollerabile.



Perché lo fa? Difficile dare una risposta, si possono solo abbozzare alcune ipotesi:



1) Vuole fare fallire la trattativa e guadagnare tempo per evitare le elezioni in autunno.

2) Vuole portare a termine la trattativa mantenendo la spada di Damocle del voto su Rousseau. In tal modo potrebbe convincere il confuso Zingaretti a concedergli tutto ciò che vuole, ricorrendo a un ricatto che potremmo così sintetizzare: “Se vi opponete a quello che vogliamo poi non lamentatevi se l’accordo verrà rifiutato dalla nostra base”.

3) Si riserverà di orientare in un secondo momento il voto degli iscritti secondo i propri desiderata (basterebbe qualche dichiarazione ad hoc per farlo) a seconda di come si evolverà la situazione, mantenendo così aperta anche l’opzione Salvini.

Non so cosa farà il presidente Mattarella ma so cosa farei al suo posto. Se Di Maio non cambierà idea e se il PD non avrà un sussulto di dignità, gli risponderei (magari con una perifrasi più elegante) che il presidente non si fa prendere in giro da un guitto di trent’anni che pensa di essere il più furbo di tutti e scioglierei senza indugio le camere.

foto di copertina via Le bimbe di Sergio Mattarella su Instagram

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