La polemica dietro la candidatura di Chiara Appendino a Torino

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-11-09

Vittorio Bertola annuncia che non si candiderà con il MoVimento 5 Stelle alle comunali di Torino perché non è stata accettata la sua candidatura a vicesindaco. Gli attivisti gli rispondono. Il dissenso del consigliere ha radici lontane ed oggi è definitivamente venuto a galla

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Una coda polemica dopo la decisione del MoVimento 5 Stelle di candidare Chiara Appendino a sindaca di Torino. Riguarda il consigliere comunale Vittorio Bertola, il quale ha annunciato che non si ricandiderà alla fine del mandato perché si era offerto come vicesindaco “ma la proposta è stata respinta”. «Riconoscendo di non avere più la fiducia del candidato sindaco e del Movimento 5 Stelle, ho dunque deciso di lasciare la politica alla fine del mio mandato da consigliere comunale – annuncia quindi Bertola su Facebook – Avrei moltissime altre cose da dire, ma oggi non voglio rovinare la festa a nessuno. Ringrazio soltanto tutti i cittadini che mi hanno seguito, sostenuto e incoraggiato in questi anni; poter servire Torino nelle istituzioni è stato un grande onore che ho cercato di svolgere al massimo delle mie forze. Grazie di cuore!»
vittorio bertola chiara appendino

Vittorio Bertola e la polemica su Chiara Appendino

Ma c’è un problema. Fanno sapere i presenti alla riunione che ha scelto il sindaco che Bertola non sta dicendo la verità. Fabio Martina, presente alla riunione, fa notare portando a testimoni una marea di presenti che la proposta di Bertola vicesindaco non è stata respinta dalla Appendino: c’è stata una votazione che ha deciso che il vicesindaco si sarebbe scelto dopo le elezioni.
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Ma Bertola su Facebook contesta la contestazione, spiega che la Appendino non ha detto “Ho fiducia in te e sono d’accordo con la tua proposta” (il che, in piena logica grillina, vuole dire secondo Bertola che la candidata ha affermato il contrario, anche se in realtà non è così), e torna sulla mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte del MoVimento 5 Stelle.

Ieri ho annunciato l’intenzione di lasciare ogni incarico politico a fine mandato, a fronte della mancata fiducia nei miei confronti da parte di Appendino e del Movimento 5 Stelle. Pensavo che fosse giusto dirlo subito, in trasparenza, anche perché quello del mio futuro non divenisse un problema per la nascente campagna di Chiara, al di là del fatto che la cosa può deludere forse una manciata di miei affezionati, ma certo non influisce granché sul suo risultato elettorale.
Ribadisco anche che, nonostante le interpretazioni dei media, indipendentemente dal mio destino personale non mi considero un “ex amico”; continuo a sostenere appieno la candidatura di Chiara e farò il possibile per aiutarla, anche finito il mio mandato, come semplice cittadino attivo, pur continuando a esprimere critiche quando non sarò d’accordo, come è giusto che sia in un progetto politico democratico.
Speravo che il mio ulteriore passo indietro potesse mettere fine alle polemiche, e invece mi sono trovato in breve tempo un paio di dozzine di attivisti del Movimento 5 Stelle di Torino, con cui ho lavorato in questi anni e dovrei lavorare ancora nei prossimi mesi, tutti a ripetere nei commenti, quasi identica parola per parola, una precisazione che per carità, è interessante e anche giusta, ma non sposta la sostanza delle cose; sappiamo tutti perfettamente cosa ha detto Appendino di persona e in riunione, e di sicuro non è “ho fiducia in te e sono d’accordo con la tua proposta”. Subito dopo è stato addirittura montato uno screenshot da far girare, come a suggerire neanche troppo velatamente che avevo detto il falso.
Ironicamente, credo che – oltre ad essere, come ha commentato nel thread un consigliere M5S tra i più saggi, “la strategia di comunicazione peggiore che abbia mai visto dal raffreddore di Kruscev” – questo dimostri esattamente il mio punto, ovvero la mancanza di fiducia nei miei confronti da parte del Movimento 5 Stelle di Torino, e il fatto che, se non si è allineati, ci si trova subito di fronte a una reazione collettiva aggressiva e sistematica, e a una pressione psicologica veramente pesante.
Mi dispiace dunque che un comunicato breve, civile e tranquillo abbia dato luogo a tante polemiche in rete, ma non credo che sia colpa mia. Forse sarebbe stato meglio rispondere con un semplice “grazie e buona fortuna”.

Polveriera piemontese a 5 Stelle

Una mancanza di fiducia che non sembra arrivare dai piani alti, però, visto che il blog di Grillo ha pubblicato e sottoscritto le analisi di Bertola su immigrazione e accoglienza. I problemi tra Bertola e il resto del MoVimento a Torino e nel Piemonte vengono in realtà da lontano, ed erano tornati in auge anche all’epoca del litigio tra Eleonora Bechis e Paolo Tkalez, prima dell’addio di quest’ultima dal MoVimento. All’inizio fedelissimo e in rapporti con Milano, Bertola aveva litigato pubblicamente con Bono anche in occasione del dopo kermesse di Roma:
vittorio bertola
Insomma, il dissenso di Bertola rispetto alla gestione piemontese del MoVimento, spesso venuto alla luce anche in polemica con Laura Castelli (della quale rivelò una telefonata “di insulti” sempre su Facebook), di cui parlò Lo Spiffero:

Il casus belli è la sua candidatura alle “Parlamentarie”: lei e gli altri elementi dello staff in Regione Piemonte di Bono (Ivan Della Valle e Marco Scibona) non avrebbero potuto partecipare alla competizione secondo quanto stabilito nel 2010, all’indomani delle elezioni regionali, dall’associazione Movimento 5 stelle Piemonte. Ma a quanto pare il verbale di quella riunione, di cui ha dato notizia Lo Spiffero, è diventato carta straccia. Se è per questo, la Castelli, residente a Collegno, non si sarebbe potuta candidare neanche alle amministrative di Alpignano, eppure il nome della prezzemolina di Palazzo Lascaris figura anche lì nella lista del M5s. Per non parlare del fatto che proprio come Fabrizio Biolè – diffidato dagli avvocati di Grillo a utilizzare il simbolo e di fatto espulso dal movimento – era stata in precedenza candidata nella lista di Civica alle provinciali del 2009 (la differenza è che lei non venne eletta, mentre Biolè quando si candidò a Gaiola, nel cuneese, venne premiato dagli elettori).

Di recente poi Bertola aveva stigmatizzato una presuntissima “deriva verso l’ultrasinistra” da parte del Movimento 5 stelle. Il consigliere M5s aveva preso spunto dalle recenti parole del filosofo (ex Idv) Gianni Vattimo, che ha annunciato il suo voto per i 5 stelle rimpiangendo l’assenza di un ‘serio’ partito comunista. Questo il commento di Bertola: “Io credo che, quando Vattimo dice che lui vorrebbe votare un partito comunista ma in sua mancanza voterà M5s, noi dovremmo essere preoccupati e chiederci come arrestare la nostra deriva verso l’ultrasinistra, che purtroppo molti al nostro interno spingono per primi”. La presuntissima deriva verso l’ultrasinistra veniva arginata, secondo il Bertola, così:
 
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Evidentemente con poco rispetto nei confronti delle leggi vigenti oggi, applicate anche per il caso di Ermes Mattielli (ma forse per Bertola bisognava fare un’eccezione?): l’abitazione di Mattielli verrà utilizzata per risarcire le vittime perché è probabile che i cugini di Ermes (unici eredi) si affretteranno a rinunciare all’eredità per non doversi accollare anche i debiti. Cosa che accade spesso quando si devono ereditare i debiti di un parente defunto. I beni dell’uomo (il cui valore è inferiore alla provvisionale) passeranno quindi allo Stato che risarcirà le vittime, come è normale che sia quando si viene condannati in un caso di evidenza solare come quello di Mattielli. Al netto delle derive verso l’ultrasinistra, effettive o immaginarie.

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