La percezione della corruzione in Italia è realtà?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-08-22

Uno studio della Fondazione Hume piazza il nostro paese al terzultimo posto tra quelli dell’OCSE per livello di corruzione. Ma attenzione, si tratta di corruzione percepita, ovvero di dati soggettivi. Anche se qualcuno cerca di sostenere il contrario…

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L’Italia è un paese corrotto? Stando a quanto scriveva ieri su Facebook il Presidente della Commissione di Vigilanza RAI Roberto Fico sembrerebbe proprio di sì. Fico lo dice sulla scorta delle osservazioni contenute nel rapporto sulla corruzione in Italia e nei paesi avanzati redatto dalla Fondazione Hume. Dal dossier riguardante il 2015 emerge che il nostro Paese è tra quelli più corrotti, secondo solo a nazioni come Grecia e Turchia.
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In Italia la corruzione c’è e si vede

Quando i Cinque Stelle saranno al Governo, scrive Fico, si potrà finalmente mettere mano a norme più restrittive in materia di corruzione – quali ad esempio l’aumento delle pene per i reati di corruzione e concussione, il Daspo per i politici corrotti, l’introduzione dell’agente provocatore – secondo le dieci proposte scritte nella Carta dell’Onestà, ovvero il documento anti-corruzione dei pentastellati.
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Come scrive Roberto Galullo sul Sole 24 Ore la corruzione è una piaga che colpisce l’economia perché è uno di quei fattori che rendono più difficile fare impresa essendo in modo indiretto responsabile di una riduzione degli invistimenti. Stando ai dati pubblicati dalla Fondazione Hume i settori dove gli italiani ritengono sia più diffusa la corruzione sono la politica e le aree amministrative collegate alla concessione di appalti, permessi edilizi e licenze commerciali.

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Fonte: Dossier sulla corruzione Fondazione Hume 2015 http://www.ilsole24ore.com/art/generico/2016-08-19/dossier_corruzione_ddp_versione_3_corretto_20160819_183202.shtml

Il problema relativo alla percezione della corruzione (e della realtà)

C’è però una cosa che Fico scrive ma sul quale non si sofferma molto. Si tratta di n aspetto della ricerca che è però fondamentale tenere presente: ovvero stiamo parlando di indici di corruzione percepita. Questo perché, come viene spiegato nel dossier, a livello teorico non è ancora stato raggiunto un accordo su come misurare in modo preciso la corruzione. A parte i dati ricavati dai procedimenti giudiziari non c’è un modo per avere dati numerici certi riguardo il livello di corruzione di un paese. C’è però da rilevare come molti episodi di corruttela (o traffico d’influenze) non arrivino nemmeno all’orecchio dell’autorità giudiziaria, oppure ci arrivino in ritardo. I dati oggettivi sono i numeri di arresti, condanne e denunce legate ai reati di corruzione. Nella sua relazione al Senato nel luglio del 2015 il Presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione Antonio Cantone ha esordito dicendo:

Non si tenterà, invece, neanche di sfiorare la questione, da più parti sollevata, se la corruzione sia o meno in aumento e se la celebre stima di costo di 60 miliardi di euro sia realistica; si tratta, infatti, di interrogativi che, pur legittimi, non trovano a oggi risposte affidabili, anche per la mancanza di dati scientificamente validati.

Per questo motivo da diversi anni l’associazione Transparency International pubblica degli studi riguardanti l’indice generale di corruzione percepita nei diversi paesi: il Corruption Perception Index (CPI) che è diventato lo strumento di misurazione del livello di corruzione più utilizzato. Si tratta di misurare la valutazione soggettiva del livello di corruzione come viene esperita certe categorie (ad esempio gli imprenditori) integrandola con dati relativi a Nell’edizione 2015 del CPI l’Italia si classifica al 61° posto nel mondo, salendo però di 8 posizioni il ranking globale rispetto all’anno precedente: il punteggio assegnato al nostro Paese denota un lieve miglioramento passando da 43 a 44 su 100. Niente di eccezionale, perché l’Italia rimane sempre in fondo alla classifica ma un piccolo miglioramento c’è stato. Il problema c’è quindi, ma dire che non si sta facendo nulla per risolverlo forse è esagerato, altrimenti non si spiegherebbe la – modesta – risalita nel ranking. Ad ogni modo, tornando ai dati contenuti nel dossier della Fondazione Hume, il 75% degli italiani ritiene che la diffusione della corruzione nel nostro Paese sia aumentata negli ultimi tre anni. Ma come mai c’è questa discrepanza tra i dati di Transparency International e quelli del dossier? Perché la Fondazione Hume non ha utilizzato solo l’indice di TI ma anche un indicatore elaborato dal World Economic Forum, che rileva, in una scala da uno a sette, quanto e  diffuso il fenomeno della distrazione di fondi pubblici. Anche questo indicatore però è soggettivo, dal momento che è basato sui dati raccolti in risposta ad una domanda inviata a 13mila dirigenti d’azienda in tutto il mondo; la domanda è la seguente: “In your country, how common is diversion of public funds to companies, individuals, or groups due to  corruption?“. Di nuovo si tratta di corruzione e distrazione di fondi pubblici percepita. È stato utilizzato anche il Control of Corruption Index della Banca Mondiale
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un indice che misura diversi fattori (oggettivi e soggettivi) per valutare il livello di corruzione dei singoli stati. Aggregando questi dati, e tenendo presente che è molto complesso valutare in modo oggettivo il livello di corruzione, emerge quindi il risultato che dà il nostro Paese al terzultimo posto nei paesi OCSE.
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Ben vengano quindi le proposte del M5S come quella del Daspo ai corrotti per impedire loro di assumere incarichi nella pubblica amministrazione, ma teniamo anche presente che la lotta alla corruzione (l’anno scorso il Governo ha licenziato il DDL Anticorruzione che però secondo l’associazione Antimafia Libera ha ancora alcune lacune), stando ai dati del dossier, non passa solo per leggi più severe in materia ma anche per norme più semplici per fare impresa. E su questo i Cinque Stelle non hanno ancora detto molto. Cambiare la percezione dei cittadini imprimendo una svolta della politica come chiede Fico è importante, perché potrebbe dare fiducia nelle possibilità di mettere in moto i capitali, ma spesso la percezione non coincide con la realtà. Avere al governo dei politici che urlano onestà potrebbe far percepire a molti di aver risolto il problema della corruzione, ma se si limitasse solo a quello si tratterebbe di una percezione, non della realtà. È vero d’altra parte, come diceva Cantone al Senato che la lotta alla corruzione non deve avvenire per “compartimenti stagni” ma deve diventare una battaglia della società nella quale tutti si devono sentire coinvolti e che non deve essere affidata pertanto unicamente alla repressione da parte degli organi giudiziari e d’indagine.
 
 

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