La geniale strategia del M5S per abolire i vitalizi

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-04-03

Per uscire dall’impasse del gioco della formazione del nuovo governo il M5S rilancia un suo vecchio cavallo di battaglia: l’abolizione dei vitalizi dei parlamentari puntando sul voto negli uffici di Presidenza. Ma i dubbi sono molti: dall’incostituzionalità al fatto che la Camera abbia già varato il contributo di solidarietà. E rimane il punto più importante: si risparmiano le briciole

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I vitalizi dei parlamentari tornano d’attualità e – grazie all’infinita lungimiranza del PD che ha lasciato in sospeso l’approvazione della Legge Richetti al Senato – continuano ad essere un ottimo strumento per la propaganda pentastellata. Dopo l’elezione dei membri dell’Ufficio di Presidenza di Camera e Senato M5S torna alla carica. Anche senza un governo, ed un governo a guida M5S, si può sempre fare qualcosa di buono per il Paese e per far vedere agli elettori che il MoVimento si sta dando da fare. Cosa? Ad esempio abolire i vitalizi.

Il piano del M5S sui vitalizi

«Lo step successivo sarà l’eliminazione dei vitalizi, una questione che il MoVimento 5 Stelle porrà subito negli uffici di Presidenza e dove spero che ci sia unanimità nell’abolizione di questi assurdi privilegi» scrive sul Blog delle Stelle Luigi Di Maio. Non si sa altro, se non che la questione potrebbe essere un banco di prova di un’eventuale alleanza con la Lega. Nel dicembre del 2017 il Senatore leghista Roberto Calderoli si lamentava che nessuno nell’ufficio di Presidenza avesse voluto votare la sua proposta di abolizione totale dei vitalizi. Ora che Calderoli è stato eletto vicepresidente del Senato probabilmente ripresenterà la proposta. Qualche giorno fa invece Giorgia Meloni rivendicava la primogenitura dell’idea spiegando che “va bene abolire i vitalizi da qui in avanti” ma la norma ha senso solo se “è retroattiva”.

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Come tutti sanno (tranne la Meloni) i vitalizi sono già stati aboliti, ovvero i parlamentari eletti dal 2012 in poi (quindi anche quelli dell’attuale legislatura) non percepiranno il vitalizio. Infatti il vitalizio inteso come rendita parzialmente alimentata da un prelievo sull’indennità del periodo di esercizio della carica che veniva erogata sotto una certa soglia di età è stato abolito dalla riforma del 2012 che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo. A proposta di legge del PD andava a toccare proprio i privilegi “pregressi”, ovvero quelli dei circa 2.600 parlamentari delle precedenti legislature introducendo il ricalcolo dei trattamenti pensionistici . Si tratta nel complesso di una questione che avrebbe potuto essere risolta già nel 2011 con apposite delibere e regolamenti degli Uffici di Presidenza delle due Camere ma che per qualche ragione non è stata affrontata. I vitalizi infatti sono sempre stata normati dai regolamenti interni del Parlamento e la proposta di legge di Richetti (così come quella avanzata da di Di Maio) avrebbe dovuto superare questa situazione intervenendo con un provvedimento legislativo.

Il risparmio per le casse dello Stato? Appena ottanta milioni

Il “piano” del MoVimento 5 Stelle sembra per ora quello di accantonare la proposta di legge Di Maio (e anche quella Richetti) sui vitalizi per “abolirli” tramite una votazione negli uffici di Presidenza dove il M5S ha già occupato parecchie poltrone. Non sarà quindi tramite una votazione dell’Aula ma nell’ambito ristretto degli uffici di Presidenza che potrebbero cadere i vitalizi. Non è chiaro però in che modo i vitalizi saranno “aboliti”. Il MoVimento 5 Stelle non lo precisa ma con ogni probabilità l’abolizione consisterà in un ricalcolo del trattamento economico che comporterà un taglio che andrà dal 20% al 40%.

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Fonte: La Repubblica del 27/07/2017

In un’audizione alla Camera del maggio 2016 il Presidente dell’Inps Tito Boeri aveva detto che con la legge Richetti e l’applicazione retroattiva a tutti gli ex parlamentari del sistema contributivo attualmente in vigore ci sarebbe stato un risparmio di 79 milioni di euro per il 2016 e di 83,2 milioni per il 2017, pari a circa il 40% della spesa annua che è intorno ai duecento milioni di euro l’anno. Briciole nel bilancio dello Stato ma numeri pesanti dal punto di vista elettorale. Nel borsino della propaganda il trofeo dell’abolizione dei vitalizi può essere convertito in consensi.

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Bisognerà vedere chi sarà più abile nell’intestarsi la vittoria. Il PD avrebbe potuto farlo durante la scorsa legislatura e quindi è fuori dai giochi, restano M5S, Lega e Fratelli d’Italia. Questi ultimi da tempo si lamentano che M5S e PD hanno copiato la loro proposta. A conti fatti si tratta di risparmiare appena un’ottantina di milioni l’anno e prima o poi qualcuno si accorgerà che l’abolizione è stata solo un ricalcolo e che gli ex parlamentari il vitalizio lo percepiranno – decurtato – lo stesso.

La questione dell’incostituzionalità dell’abolizione

C’è poi chi solleva la questione dell’incostituzionalità della legge. Lo ha fatto in Aula alla Camera, durante il voto sulla Richetti, Renato Brunetta, annunciando il voto contrario di Forza Italia. Per Brunetta verrebbe a creare un pericoloso precedente in base al quale in futuro potrebbero essere messe in discussione le pensioni di venti milioni di italiani. Se la posizione di Forza Italia non è nel frattempo cambiata Berlusconi si troverebbe messo in minoranza dai due alleati (Lega e FdI) che si accorderebbero con il M5S. Secondo l’ex Presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida i vitalizi non sono pensioni. Inoltre non è vero che i diritti acquisiti sono intoccabili. Vi è una costante giurisprudenza della Consulta, prosegue Onida, che consente alla legge di intervenire sui diritti acquisiti.

Gli interventi sui diritti già acquisiti sono possibili purché ragionevoli e non tali da violare l’affidamento legittimo del cittadino sorto in base alla legge preesistente e, nel nostro caso, il diritto fondamentale dei lavoratori a fruire di mezzi di sussistenza durante la vecchiaia, come prevede l’articolo 38 della Costituzione.

spesa per i vitalizi

Dello stesso parere anche il giurista Gianluigi Pellegrino che a RaiNews aveva spiegato che anche l’uso del termine “retroattività” è improprio:

Quando, in questo caso, si parla retroattività si usa un termine improprio. Retroattiva sarebbe una norma che azzeri la pensione già percepita o dica: ti abbiamo dato 5mila euro, ma abbiamo deciso di ricalcolare l’assegno con altri parametri e te ne spettavano 4mila, quindi ce ne devi mille. Ma dire che, da un certo momento in poi a seguito dell’approvazione di una nuova legge, la pensione sarà calcolata con metodo diverso, quello contributivo, e che questo abbasserà i trattamenti in corso, non quelli già erogati, non implica retroattività, perché si va a incidere sì su pensioni che si è già cominciato a percepire, ma la quota corrisposta in passato non viene intaccata.

Dal momento che la legge interviene in modo ragionevole e non azzera le pensioni di chi già la percepisce – né chiede di restituire i soldi – il provvedimento non dovrebbe avere profili di incostituzionalità. Ma questo lo sapremo solo dopo un’eventuale pronuncia della Consulta che potrebbe anche annullare. Vale infine la pena di ricordare che nel marzo 2017 l’Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato con voto unanime (ad eccezione dei 5 Stelle che se ne andarono per protesta) l’istituzione di un contributo di solidarietà della durata di tre anni da prelevarsi sui vitalizi dei deputati delle precedenti legislature. Si tratta di un contributo su 4 scaglioni (pari al 10% per i vitalizi compresi tra 70mila e 80mila euro lordi l’anno; al 20% fino a 90mila; al 30% fino a 100mila e al 40% per quelli superiori a 100mila) che però potrebbe essere incompatibile con un ulteriore “taglio”. Cosa faranno i pentastellati alla Camera? Aumenteranno l’entità del prelievo? Prorogheranno la misura di altri tre anni o la renderanno permanente (cosa quest’ultima che potrebbe essere giudicata incostituzionale)? Sul contributo di solidarietà della Camera pesano già i ricorsi di una ventina di ex parlamentari.

Foto Copertina via Twitter.com

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