L'ideona della Fabbrica del Degrado: fare causa a facebook

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-02-13

Per la nona volta la pagina della Fabbrica del Degrado è stata chiusa. Gli admin hanno prontamente riattivato la pagina di riserva e annunciano di voler “proseguire per vie legali” contro Mark Zuckerberg perché la rimozione avrebbe causato loro un danno commerciale. Gli “operai” intanto studiano legge per capire come presentare una class action contro la Lucarelli

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Nuovo capitolo della travagliata storia della pagina Facebook La Fabbrica del Degrado al centro – con il relativo gruppo Degradoland e i vari gruppi che hanno contribuito alla creazione e alla diffusione della famigerata Bibbia – di una battaglia per ripulire quantomeno Facebook da certe forme di stupro virtuale. Oggi una delle più recenti incarnazioni della Fabbrica (da un milione e cinquecentomila mila like) è stata chiusa da Facebook perché “non rispettava le regole di Comunità”. La chiusura è durata poco perché gli admin hanno prontamente riattivato una delle pagine di riserva che ha già quasi duecentomila “mi piace”.
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La chiusura di Degradoland e della Fabbrica del Degrado è tutt’altro che definitiva

A dare annuncio della rimozione della Fabbrica è stata Selvaggia Lucarelli che ha postato lo screen della conferma della segnalazione andata a buon fine. La Lucarelli da qualche tempo conduce una battaglia contro la Fabbrica del Degrado e i gruppi Facebook dove in passato sono stati diffusi i link della Bibbia, l’archivio di foto pornografiche di ragazze italiane, indicizzate con nome e cognome e spesso non consenzienti e soprattutto minorenni. Degrandoland, il gruppo Facebook che – come per tutte le pagine di una certa dimensione – opera “dietro” la facciata delle pagine di successo è considerato uno dei luoghi (assieme a gruppi ormai defunti come “Il Canile”) dove è stato raccolto il materiale che ha finito per essere costitutivo del nucleo principale della Bibbia.
la bibbia 3.0
Naturalmente questo genere di contenuti vietati (su Facebook) non compare sulla pagina principale che viene invece utilizzata per veicolare tutt’altro genere di materiale – spesso meme in avanzato stadio canceroso o contenuti rubati ad altre pagine – e soprattutto per promuovere eventi ed altre iniziative commerciali degli admin. Gli “operai” e le “operaie” della Fabbrica sono gli utenti dei gruppi che lavorano per produrre e scovare materiale da pubblicare sulla pagina principale. Sempre gli operai e le operaie vengono mobilitati per le varie shitstorm su pagine e profili considerati ostili (come ad esempio la Lucarelli). Ci sono poi i “comunicati di servizio” della Fabbrica ovvero i contenuti più prettamente pornografici (fatti anche con i contributi volontari delle operaie).
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Pare che anche Degradoland sia stato chiuso:
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Gli admin pronti a fare causa a Facebook!1

La cosa interessante è che gli admin della pagina, una volta riaperta la nuova incarnazione della Fabbrica del Degrado hanno pubblicato un post dove fanno sapere di sentirsi derubati e di essere pronti a “proseguire per vie legali” si immagina nei confronti di Facebook in virtù degli “introiti che ci permettevano di portare avanti un’attività commerciale”. In parole povere gli Admin non si fanno alcuno scrupolo ad ammettere due cose: la prima è che la pagina e il gruppo hanno come obiettivo principale quello di far guadagnare denaro in base al lavoro gratuito degli “operai della Fabbrica” che hanno creato i contenuti che continuano a “spingere” una pagina che organizza serate in discoteca e vende merchandise. Il secondo è che – probabilmente non comprendendo bene il funzionamento di Facebook né i TOS – chiedono al social network di restituirgli quella cosa di proprietà di Facebook che loro usavano per guadagnare soldi.
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Volendo portare il ragionamento alle estreme conseguenze si potrebbe quasi dire che amministrare una pagina come La Fabbrica del Degrado e i relativi sottogruppi è un lavoro che viene in qualche modo retribuito grazie agli introiti derivanti da “un’attività commerciale”. Ne consegue che coloro che sostenevano di non poter monitorare la diffusione di materiale pornografico e di link alla Bibbia adducendo come scusa il fatto che fare l’admin non è un lavoro a tempo pieno (o altre amenità del genere) in realtà erano perfettamente consapevoli ed anzi ben contenti della loro posizione di amministratori.
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Uno degli admin ha deciso di lamentarsi in modo ufficiale pubblicando lo stesso post – quello dove si minaccia di adire alle vie legali in caso la pagina non venga restituita ai legittimi proprietari (vale a dire Facebook.com) – nel centro assistenza. Abbiamo qui in anteprima un filmato esclusivo della stazione di polizia di Facebook dove l’admin è andato a sporgere denunzia per ottenere la restituzione della propria pagina registrata alla camera di commercio del Facebook. Quando capiranno che la registrazione alla Camera di Commercio non garantisce ipso facto la presenza su Facebook al riparo dal rispetto dei regolamenti del social network avranno un’amara sorpresa. Ma tanto la pagina di riserva è già operativa.
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Naturalmente pensare che tutto questo sia opera della Lucarelli è assurdo perché per far chiudere una pagina non bastano le segnalazioni ma è necessario che Facebook riscontri le violazioni degli standard di comunità. Ma questo non ha fermato gli operai che stanno già facendo l’ennesima inutile shitstorm sulla pagina della giornalista del Fatto.

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