La campagna anti-Erasmus dei sovranisti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-08-23

Tutti i crimini dell’Erasmus che secondo Diego Fusaro e l’assessora alla Cultura di Regione Lombardia contribuisce alla perdita dell’identità culturale e alla femminilizzazione dei nostri giovani.

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C’è qualcosa di più ridicolo della campagna anti-erasmus dei sovranisti e noeuro ? Da qualche anno il filosofo Diego Fusaro è diventato l’ideologo del movimento rossobruno che in nome di Marx e delle radici cristiane d’Europa difende il nostro continente dall’assalto del mondialismo, del capitale e dell’euro. La ricetta di Fusaro per salvare l’Occidente e soprattutto l’Italia è semplice: serve maggiore sovranità (monetaria, senza dubbio) e soprattutto è imperativo ergersi a difesa della nostra identità. Questa difesa passa, ad esempio, per il rifiuto radicale della pedagogia mondialista di MTV. Ma anche per accorati appelli contro lo Ius Soli e l’Erasmus.

Una volta qui era tutta una campagna militare

La costante opera di distruzione delle sovrastrutture operata da Fusaro lo ha portato, qualche giorno fa, a spiegare la vera natura dell’Erasmus. Il programma di scambio tra studenti e università europee quest’anno festeggia trent’anni di vita. Ma per Fusaro c’è poco da festeggiare. All’indomani dell’attentato di Barcellona il filosofo torinese si rende conto che l’Erasmus altro non è che una nuova naia che ha l’obiettivo di “rieducare i giovani al globalismo post-nazionale”. Grazie all’Erasmus i giovani “abbandonano ogni radicamento nazionale e ogni residua identità culturale e si consegnano senza coscienza infelice all’erranza planetaria, all’espatrio permanente, al moto diasporico globalizzato e alla centrifugazione postmoderna delle identità”.
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Fusaro ha ribadito questo concetto anche oggi, in risposta alla proposta della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli di istituire l’Erasmus obbligatorio per tutti. Chiaramente si tratta della prova che dimostra come le élite vogliano usare lo strumento per inculcare nelle menti dei giovani europei l’idea perversa di Europa unita.
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Il tutto per consentire ai “pedagoghi del mondialismo” di poter “imporre ai giovani femminilizzati la nuova postura cosmopolita no border”. Insomma: quando c’era la naia i ragazzi italiani diventavano in un anno maschi italici mentre ora, per colpa dell’Erasmus vengono femminilizzati. Non è certo la prima volta che Fusaro, che pure essendo nato nel 1983 fa pare della cosiddetta “generazione Erasmus”, se la prende con il progetto europeo. Celebrando l’anniversario del referendum sulla Brexit Fusaro ricordava che “a votare Brexit sono stati i lavoratori” mentre per il remain si sono espressi “gli studenti apolidi della movida permanente della Erasmus Generation”.
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Si ripropone quindi la contrapposizione tra lavoratori, rudi, temprati dalla vita e dalla fatica (chissà magari fusaro pensa a quelli delle acciaierie di Sheffield o dei cantieri navali di Plymouth) agli inconsistenti e incoscienti studenti dell’Erasmus. Da una parte i soldati e i lavoratori, dall’altra le cicale e i frocetti che se la spassano all’estero tra le braccia di qualche loro compagno di bagordi. Da un lato l’aratro e la spada che tracciano il solco e lo difendono, dall’altro un branco di eunuchi dediti a piaceri bizantini. Manca solo il richiamo alla battaglia delle Termopili vista attraverso gli occhi di Frank Miller ed il quadro è completo.
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E non è certo un caso che ai vacui Millennials  che hanno assistito al brutale pestaggio di Niccolò Ciatti, il ragazzo ucciso a calci e pugni a Lloret del Mar, fossero proprio 300. Ma per colpa dell’Erasmus non erano 300 valorosi spartani ma 300 “nativi a capitalismo integrale” della “società digitale femminilizzata e post-eroica“. Di nuovo torna la contrapposizione tra gli eroi che andavano a fare la naia e questi “millennials” che hanno ucciso anche il servizio militare. E sarebbe interessante sapere se Fusaro l’ha fatto il servizio militare e che cosa ne sappia della leva, ma calcolando che la leva obbligatoria è stata abolita proprio mentre lui era all’università la risposta non può essere che negativa.

L’assessore alla cultura di Regione Lombardia contro l’Erasmus e il Gender

Non è certo la prima volta che un esponente del partito dei “no-euro” chiede il ritorno della leva obbligatoria. Lo aveva fatto due anni fa anche Matteo Salvini. E forse è per questo che la leghista Cristina Cappellini, assessore alla Cultura di Regione Lombardia (già ideatrice dell’inutile centralino anti-gender) plaude a Diego Fusaro spiegando che non tutta la cultura è buona e serve in chiave anti terrorismo, anzi.
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L’Erasmus, spiega la Cappellini, “è l’antitesi del senso di radicamento in una terra, in un popolo, in una coscienza comune”. Il che se lo si guarda dalla prospettiva della Val Padana probabilmente è vero (che poi cosa hanno in comune un triestino e un veneziano io vorrei me lo spiegassero), ma forse l’assessora non si è resa conto della nascita di una comunità ben più vasta: la Comunità Europea. Comunità che non è solo di banche e banchieri ma anche di popoli che condividono una coscienza e una cultura comuni.
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Mentre Fusaro continua su Facebook con infinite variazioni sul tema del suo pensierino sull’Erasmus la Cappellini ci spiega invece che «il pensiero dominante punta a formare generazioni di giovani senza patria, senza radici, dall’identità (anche sessuale) fluida (del resto a cosa servono le politiche gender?) e privi di valori antropologici». E invita a fermare “questa deriva prima che ci fagociti tutti!”. Segue poi una serie di hashtag che riassume tutti i danni fatti dall’Erasmus all’italica speme: #noIusSoli, #nodroghelegalizzate, #nogender, #noimmigrazioneselvaggia, #nomercantidiuomini, #nouteroinaffitto. Cosa c’entra tutto questo con l’Erasmus? Nulla, ma è solo per ribadire ancora una volta la contrapposizione tra uno stile di vita “sregolato” della generazione Erasmus con quello casto e puro degli italiani che con la naia onorano Dio, la Patria e la Famiglia (naturale): #vita, #famiglia, #identità, #radici, #valori e #comunità. A breve: “chi va in Erasmus è responsabile del genocidio culturale in atto in Italia”. E il piano Kalergi è servito.

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