Chi sfotte Katia Ghirardi di Banca Intesa è un cretino. Ecco perché

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-10-04

The Internet hate machine si è messa in moto e negli ingranaggi è finita la direttrice della filiale di Intesa San Paolo di Castiglione delle Stiviere. E la cosa più triste è che né l’azienda né i sindacati hanno preso le difese della lavoratrice

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Tutti stanno ridendo per il video dei dipendenti della filiale di Banca Intesa di Castiglione delle Stiviere. Il video fa ridere perché è goffo, sopra le righe in un certo senso. I dipendenti e la direttrice sono buffi e per qualcuno sotto l’effetto di qualche strana sostanza. Ma la realtà è diversa: si tratta del video girato per partecipare ad un contest aziendale. Insomma quel video – e un altro che sta circolando in queste ore – non avrebbe dovuto essere pubblico. Manca insomma una cosa importantissima: il contesto. E il contesto cambia tutto in questo caso.

Cosa c’è dietro quello strano video di Banca Intesa

Quelle persone del resto non sono state assunte perché “bucano il video” o perché sono esperti di comunicazione e di marketing. Sono state assunte perché sanno fare il proprio lavoro: quello degli impiegati di banca. Certo, nessuno ha puntato loro la pistola alla testa ma nemmeno avevano pensato di girare quel video sapendo che lo avrebbe visto tutto il Facebook italiano e che ne avrebbero parlato i giornali. Molti giornali – tra cui Repubblica e il Fatto Quotidiano – ieri avevano il video in homepage, e sicuramente hanno totalizzato moltissime visualizzazioni e condivisioni.
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Potevano immaginare che quel video prima o poi sarebbe finito online? Certo, e forse ci hanno anche pensato. Ma in fondo il destinatario era la Direzione Regionale, chi avrebbe mai pensato che sarebbe uscito dai canali aziendali? In fondo l’obiettivo era quello di dimostrare che i colleghi della filiale sapevano lavorare in squadra in allegria. Un concetto base della psicologia del lavoro e del team building. Chiunque ha una minima esperienza lavorativa sicuramente sarà stato coinvolto in situazioni simili: scenette da presentare alla cena aziendale di fine anno, video buffi girati in magazzino durante le pause di lavoro, coreografie eseguite in ufficio come rituale settimanale. Tutte cose imbarazzanti che si fanno per spirito di gruppo e perché in quel momento ci va. Nessuno però vuole diventare famoso per quel genere di performance, si vuole solo dimostrare che si ama il proprio lavoro o al massimo che ci si sa anche divertire tra una pratica e l’altra.

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Uno dei tanti esempi di insulti a Katia Ghirardi di Intesa San Paolo

Ma soprattutto nessuno di noi sarebbe minimamente pronto a subire il fuoco di fila del bullismo da elementari che ha subito Katia Ghirardi, la direttrice della filiale. Bullizzata non tanto per il video, perché sinceramente ce ne sono di più imbarazzanti (qualcuno ricorda cosa faceva Steve Ballmer durante le convention della Microsoft?) ma soprattutto per il suo aspetto fisico, il suo modo di vestire e il fatto che dal profilo risultasse essere una persona molto credente, una cattolica praticante con la foto della Madonna in copertina. A qualcuno non è parso vero: non solo c’era una “pazza” ma era pure una bigotta. Jackpot.
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Per fortuna non tutti hanno pensato che Katia Ghirardi e i suoi colleghi erano dei cretini che pensavano di essere grandi coreografi. In primo luogo perché è evidente che non lo pensano e soprattutto perché non c’è alcun motivo di accanirsi contro di lei.

Quelli che hanno saputo cogliere lo spirito del video

Molte aziende hanno saputo sfruttare il potenziale virale del video. C’è chi lo ha fatto con stile e chi meno, come sempre. Ceres come al solito ha colto il punto e ha ribaltato la prospettiva contribuendo a “riabilitare” i dipendenti della banca agli occhi dell’Internet. Segno che nello slogan Io ci sto e nella tortina a forma di cuore (che Katia Ghirardi ha fatto fare apposta per il video) c’è del potenziale, a patto di saperlo sfruttare ora.
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Unieuro ci prova ma parla solo a Fabio, il dipendente famoso perché si è “salvato” da quella che per tutti è una figuraccia.
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Una delle filiali di Taffo si prende in giro cimentandosi nel balletto di Katia Ghirardi e dimostrando a tutti che essere naturali in video non è proprio facile. Non a caso l’hashtag è forza #Katia.

L’altra filiale di Taffo invece ha deciso di seguire la strada percorsa da tutti quegli utenti che si sono detti “imbarazzati” per il video e che hanno tirato fuori il peggio di sé.
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Come sempre ci si dimentica che oggi tocca a Katia e ai suo colleghi ma che se si entrasse in ogni ufficio e posto di lavoro con un telefono e il tutto finisse online ci sarebbe ben poco da ridere. C’è chi come Selvaggia Lucarelli ha ricordato che l’accanimento di questi giorni ha ricordato molto quello nei confronti di Tiziana Cantone. Ovviamente questo non vuol dire che le due vicende sono uguali, si potrebbe citare ad esempio tutta la pletora di battute su Germano Mosconi, i suoi fuori onda, messi in rete da qualche anonimo dipendente della televisione per cui lavorava lo hanno fatto diventare il paladino dei bestemmiatori.

Il silenzio di Banca Intesa non ci sta

A questo punto si dirà che ormai il video è online e non sparirà più e che il nome e la reputazione di Katia Ghirardi – dispiace – sono compromessi. Non lo possiamo sapere, ma per evitare che questo accada ho deciso di non postare gli screen delle prese in giro e degli insulti ma solo quelli – e ce ne sono – di chi ha riconosciuto i meriti dei dipendenti di Banca Intesa.
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I sindacati sono scesi in campo ieri parlando del contest come di una “Coppa Cobram” di fantozziana memoria organizzata dalla Dirigenza (o meglio dagli esperti di comunicazione aziendale). Il sindacato però sbaglia quando dice che questa iniziativa ha “esposto al ridicolo la Banca”. Perché questo significa dire che i dipendenti – e proprio colleghi – sono ridicoli. Ma soprattutto non tiene conto che quei video dovevano nelle intenzioni rimanere privati (poi che all’atto pratico sia una cosa sostanzialmente impossibile nel 2017 è un altro paio di maniche). In tutto questo gli unici che non ci stanno sono proprio i vertici di Banca Intesa.
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I social dell’azienda sono stranamente afoni in queste ore. Avrebbero potuto disinnescare la bomba esplosa in faccia a Katia Ghirardi e ai suoi colleghi semplicemente dicendo che anche loro “ci stanno”. Una collega di Katia ha scritto alla Lucarelli: «Lei ora è nell’oblio dell’imbarazzo, isolata dal sindacato ed additata dai colleghi. La sua carriera, anche se non oggi, è conclusa. La banca, anche ai piccoli livelli, è una massoneria onerosa e ripugnante. Il caso David Rossi insegna». Trasformare una situazione del genere in un’opportunità e prendersi cura dei propri dipendenti più aziendalisti dovrebbe essere un punto d’onore anche per Banca Intesa. Del resto se Katia venisse scaricata cosa capirebbero i correntisti? Che la banca non è per niente fatta di persone. E le persone possono anche essere goffe – e la maggior parte lo sono, anche quelle che pubblicano le stories dove parlano da sole camminando per strada – ma alla fine della giornata l’importante è che abbiano fatto il loro lavoro.

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