Jessica Ainscough: la wellness warrior che «curava» il cancro con le cure alternative

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-03-02

Il 26 febbraio è morta: le conferenze, i libri, i post e i video in cui raccontava di come stava sconfiggendo la sua malattia allora che significato avevano?

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Jessica Ainscough era una ragazza australiana di trent’anni. Una ragazza come tante che però da sette anni soffriva di una rara forma di cancro. Come purtroppo molti altri stanno scegliendo di fare, Jessica ha deciso di non curarsi con la medicina tradizionale ma con la cosiddetta “medicina alternativa”. Cosa succede quando si decide di abbandonare terapie sperimentate per le pozioni magiche proposte da quelli che dicono che il cancro si può curare anche senza la chemioterapia? Generalmente si muore. Un conto infatti è curare una tisana o un raffreddore con i “rimedi naturali” un altro credere che si possa guarire dal cancro con i succhi di frutta.

fonte: jessicaainscough.com
fonte: jessicaainscough.com

Nel 2008 a Jessica era stata diagnosticata una rara forma di cancro al braccio sinistro: il sarcoma epitelioide.

Il Sarcoma Epitelioide è un raro sarcoma dei tessuti molli che colpisce i giovani adulti (20-39 anni di età) e coinvolge, nel 60% dei casi, le estremità superiori […] La sopravvivenza a 5 e 10 anni dei pazienti con sarcoma epitelioide è di circa il 50-70% e 42-55% rispettivamente. Sesso, sede del tumore, età alla diagnosi, dimensioni tumorali e caratteristiche istologiche si sono dimostrati fattori in grado di condizionare la prognosi. Il sesso si è un importante fattore prognostico, con un andamento più favorevole nei pazienti di genere femminile. Le lesioni prossimali hanno, solitamente, una prognosi peggiore rispetto a quelle distali. Le forme ad esordio in età più precoce sono più favorevoli. Tumori con diametro massimo superiore a 2 cm e tumori con necrosi e invasione vascolare sono stati correlati ad una prognosi peggiore. Infine, anche l’indice mitotico rappresenta un fattore prognostico importante.

Insomma il Sarcoma Epitelioide, per quanto sia una brutta malattia, se diagnosticato in tempo e curato correttamente lascia buone probabilità di sopravvivenza. Nel caso di Jessica però la chemioterapia non fu risolutiva e i medici le prospettarono un intervento chirurgico per l’amputazione del braccio al fine di poter evitare la diffusione della malattia nell’organismo. L’amputazione era all’epoca una delle poche strade percorribili e avrebbe aumentato le probabilità di sopravvivenza dal 33% (nei pazienti che si sottopongono solo alla chemioterapia) al 68%. Comprensibilmente Jessica è sconvolta dalla notizia: all’epoca aveva 22 anni e sognava di fare la modella. Come le sarebbe stato possibile farlo senza un braccio? Come molte altre persone allora Jessica Ainscough decide di trovare da sé una cura per poter sconfiggere il cancro. Dopo una serie di ricerche scopre la “terapia Gerson” una terapia che non ha alcun fondamento medico-scientifico ma che va molto di moda.

LA TERAPIA GERSON
La terapia Gerson è una “cura” (e non è gratuita visto che costa fino a 15.000 dollari) inventata da Max Gerson e che promette di curare qualsiasi forma di cancro. Alla base della terapia c’è l’idea (non provata e rigettata dal National Cancer Institute americano) che per guarire dal cancro sia necessario disintossicare e depurare l’organismo. La Ainscough quindi inizia un percorso di “rieducazione alimentare” fatto in casa (perché i pazienti che seguono la Gerson si curano da soli) a base di frullati e succhi di frutta (uno ogni ora) e clisteri al caffè (cinque al giorno). Ad un certo punto però Jessica fa un passo avanti, lascia il lavoro e si dedica anima a e corpo a documentare i “progressi” della terapia, realizzando DVD e tenendo conferenze in giro per l’Australia e negli USA per spiegare i benefici di una cura “detox” non invasiva e basata sulla dieta e sulle sostanze naturali. Inizia così una nuova vita per Jessica, che nel suo blog e durante le sue conferenze raccontava la sua vita “cancer free”. Jessica diventa così la “Wellness Warrior” la guerriera del benessere e dello stile di vita salutista che è guarita dal cancro grazie a frullati di frutta e verdura. Ma in reltà il cancro c’era ancora, e le ferite sul suo braccio sinistro (quello che secondo i medici avrebbe dovuto amputare) mostrano che la malattia non sta regredendo, ma sta peggiorando.

Jessica e sua madre via Medbunker
Jessica e sua madre via Medbunker

 
CONVIVERE CON IL CANCRO
Nel 2013 la madre di Jessica muore, anche lei stava “curando” un cancro al seno con la terapia Gerson. L’evento lascia la Ainscough in uno stato di profonda prostrazione e disillusione, al punto che in un post dell’anno scorso ammetteva che la sua situazione di salute sta rapidamente peggiorando.

This year absolutely brought me to my knees. I’ve been challenged, frightened, and cracked open in ways I never had before. After my mum died at the end of last year, my heart was shattered and it’s still in a million pieces. I had no idea how to function without her, and it turns out my body didn’t either. For the first time in my almost seven year journey with cancer, this year I’ve been really unwell. I’ve lived with cancer since 2008 and for most of those years my condition was totally stable. When my mum became really ill, my cancer started to become aggressive again. After she died, things really started flaring up.

In un altro post del febbraio 2014 Jessica scriveva che in realtà non aveva mai detto di essersi liberata dal cancro, di essere in remissione e nemmeno che la cosiddetta terapia Gerson l’aveva aiutata a guarire dal cancro ma che semplicemente stava convivendo con il cancro da sei anni. Tutto qui.

I’m not “in remission” or “cancer free”: I’m living and thriving with cancer, six years after diagnosis. And I’m going to continue to heal and thrive, with or without cancer, for as long as my personal journey on this planet dictates. I’ve never claimed to have cured myself (if you’ve seen this written online or in the media it’s because I have often been misquoted – these kinds of statements are false conclusions made by the author, not misleading information from me)

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Le conferenze, i libri, i post e i video in cui raccontava di come stava sconfiggendo la sua malattia allora che significato avevano? Jessica dice che era il suo modo di affrontare la malattia, che facevano parte del suo atteggiamento mentale “da sopravvissuta” e che non ha mai detto che le cure mediche non alternative non servono a nulla. Ora però dopo la morte della madre Jessica ha perso una compagna di lotta e la malattia è tornata a farsi sentire più forte che mai ed è comprensibile che il suo atteggiamento nei confronti delle terapie che ha deciso di seguire sia cambiato.
 
SULLA QUALITÀ DELLA VITA
Nessuno può giudicare le scelte personali di un malato. Jessica era maggiorenne quando ha deciso di non farsi curare in un modo che riteneva inaccettabile ed è andata a cercare una terapia meno invasiva. Jessica e sua madre hanno scelto di vivere la loro malattia in un modo, e non è un modo giusto o sbagliato. A sbagliare qui sono coloro (come il Gerson Institute) che continuano a proporre false cure e finti rimedi a persone disperate. La vita e le scelte di Jessica vanno ricomprese nell’ottica della sua situazione individuale e della volontà di continuare a vivere la sua vita (per quel poco che le è stato possibile) in un modo consono alla sua visione di sé stessa. Questa non è la pietà che si riserva ai morti, è la comprensione che è dovuta a qualsiasi malato che si vede crollare il mondo addosso e cerca affannosamente e disperatamente di ridare un significato alla propria esistenza, per riprende un quanto di controllo sulla propria vita strappandolo alla malattia. Jessica probabilmente ha commesso degli errori, soprattutto quando è diventata un personaggio pubblico, quando ha vestito i panni della Wellness Warrior. Probabilmente a causa sua molti altri malati penseranno che la terapia Gerson possa essere una valida alternativa alla chemioterapia e alla chirurgia e crederanno alle incredibili promesse di cura per ogni cancro. Ed è su questa battaglia ancora tutta da combattere, non sul dare un giudizio sulle scelte di Jessica Ainscough, che i critici delle “terapie alternative” e dei ciarlatani dovranno impegnarsi, insieme ai malati.

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