Come le fake news dei politici sovranisti condizionano la percezione dell’immigrazione in Italia

Anni di propaganda politica contro gli immigrati sul pericolo dell'invasione hanno prodotto un drammatico scollamento tra la realtà dei fatti e percezione. Lo dimostra, dati alla mano, una ricerca dell'Università di Harvard che riguarda anche il nostro Paese

Emergenza, invasione, sostituzione etnica. Tre concetti che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha spesso utilizzato per descrivere il fenomeno dell’immigrazione. Quando il presidente dell’Inps ha spiegato – dati alla mano – che per sostenere il sistema previdenziale servono più immigrati regolari che versino i contributi Salvini non ha risposto nel merito. La scorsa settimana il ministro ha chiesto una stretta sui permessi di protezione umanitaria, troppi secondo il titolare del Viminale, quelli concessi a chi non ne ha realmente diritto. Ma in realtà le domande accolte nel biennio 2016-2017 sono meno di quarantamila.



Davvero in Italia c’è un’invasione di immigrati?

E il problema in fondo è tutto qui, tra la percezione e la realtà. Già qualche anno fa una ricerca condotta dall’istituto Ipsos Mori aveva rivelato come gli italiani (ma anche i cittadini di altri paesi europei) sovrastimassero la presenza di immigrati sul territorio nazionale. Un anno fa la Commissione della Camera dei Deputati “Jo Cox” su fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia, e razzismo aveva pubblicato la sua relazione finale dal titolo “La piramide dell’odio in Italia” che confermava come per la maggioranza degli italiani il 30% degli abitanti della Penisola fosse di origine straniera. In realtà gli immigrati residenti in Italia rappresentano appena l’8% della popolazione totale.

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Qualche giorno fa i docenti dell’Università di Harvard Alberto Alesina, Armando Miano e Stefanie Stantcheva hanno pubblicato una ricerca dal titolo Immigration and redistribution nella quale hanno analizzato le più comuni percezioni errate e pregiudizi riguardo gli stranieri. Non solo rispetto al loro numero ma anche sul fatto che siano distanti da “noi” dal punto di vista culturale e religioso, più poveri, con un livello di educazione inferiore oppure maggiormente dipendenti dai sussidi statali (come ad esempio la storia dei 35 euro al giorno ma anche quella delle case popolari date in prevalenza agli immigrati). Al questionario hanno risposto 22.500 persone provenienti da Francia, Germania, Italia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti. Tutti i partecipanti al sondaggio erano “nativi” ovvero cittadini “originari” di quei paesi. La definizione di immigrato usata dai ricercatori è la stessa di Boeri; ovvero una persona nata all’estero ma che vive legalmente all’interno del paese.



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Nuovamente emerge il dato con il quale ormai abbiamo imparato ad avere una certa familiarità. In Italia, ma anche negli altri cinque paesi, i residenti “nativi” tendono a percepire una maggiore presenza di immigrati rispetto al dato reale ritenendo in particolare che gli immigrati regolari provenienti dal Medio Orienti e dal Nord Africa rappresentino la quota predominante. Sottostimando così la presenza di stranieri regolari provenienti da paesi occidentali. In particolare in Italia (ma anche in Regno Unito e Germania) viene sovrastimata la presenza di immigrati di religione musulmana e invece a sottostimare la diffusione tra gli immigrati della religione dominante, vale a dire il cristianesimo. È proprio su questo genere di percezioni sbagliate che la propaganda politica dei partiti che parlano di “invasione” musulmana o di un’eccessiva presenza di “africani” in Italia riesce  fare maggior presa.

Davvero gli immigrati sono quasi tutti disoccupati?

In tutti i paesi i cittadini “nativi” ritengono che la gran parte dei lavoratori immigrati sia disoccupato (in Italia il dato viene sopravvalutato del 35%) e che gli immigrati ricevano pertanto maggiori aiuti da parte dello Stato rispetto a chi invece è nato nel paese. Il falso dato sulla disoccupazione viene legato, dai partiti politici, ad una maggiore predisposizione a delinquere. Quando invece ci sono diversi studi che mostrano come la presenza di immigrati (di nuovo, regolari) non causi un aumento del tasso di criminalità. Anzi, come avevamo spiegato tempo fa, la regolarizzazione del cittadino straniero gli consente di uscire dall’illegalità e quindi rende meno “attrattivo” il percorso criminale.



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Come spiega Alesina sul Corriere della Sera di oggi «i partiti anti immigrazione hanno tutto l’interesse a fomentare questa disinformazione» circa la presenza degli immigrati. Ma come ci si può accorgere difficilmente la Lega (o altri) forniscono dati a suffragio delle loro tesi. Vale per la presunta invasione in atto denunciata a più riprese da Salvini come per i rapporti tra Ong e trafficanti di esseri umani denunciati (ma mai provati) da Luigi Di Maio e dal MoVimento 5 Stelle. Il gioco è appunto quello di appellarsi alle percezioni e alle sensazioni della gente e della cittadinanza. Vale per l’immigrazione così come per l’emergenza sicurezza che dovrebbe spingere il Parlamento a modificare la legge sulla legittima difesa. In un certo senso anche il dibattito sui vaccini è falsato dal fatto che i partiti politici populisti abbiano forzata mente stabilito un’equiparazione tra percezione (i genitori che ritengono spesso in base a ragionamenti per analogia che i vaccini siano pericolosi per la salute) e realtà dei fatti (i dati scientifici che dimostrano come i vaccini siano più sicuri di altri farmaci).

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