Il grande ritorno dei Tredicine a Piazza Navona

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-10-06

Appena tre giorni fa Di Maio dichiarava che bisognava combattere il sistema per difendere i piccoli ambulanti, ora il presidente della Commissione Commercio Andrea Coia dichiara che non gli importa se gli ambulanti che stanno a Piazza Navona si chiamino Tredicine o meno, l’importante è l’anzianità di servizio (ovvero quella che hanno i Tredicine)

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A Roma il Partito Democratico dopo la batosta delle amministrative conserva la presidenza di solo due Municipi, il I (centro storico) e il II (Parioli). Proprio nel I Municipio, guidato da Sabina Alfonsi, si trova Piazza Navona tornata in queste ultime settimane al centro di una polemica che si trascina da anni: il “tradizionale” mercatino della Festa della Befana. Tradizionale tra virgolette perché se è vero che sono cent’anni che lo storico mercato natalizio si svolge in una delle piazze più belle di Roma è anche vero che negli ultimi anni c’era ben poca tradizione nella merce esposta in vendita. Tant’è che nel  2015 l’allora sindaco Ignazio Marino (che si sarebbe dimesso a novembre) aveva deciso di mettere mano alla situazione pubblicando il primo bando per l’assegnazione dei posti in dodici anni.
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L’annosa questione del mercato natalizio di Piazza Navona

Perché sono anni che il mercatino natalizio di Piazza Navona è “cosa” di una sola famiglia di bancarellari: i Tredicine dinastia di venditori ambulanti che detiene (direttamente o tramite consociati) più della metà delle 70 licenze commerciali per la vendita ambulante nel centro storico della Capitale. Una posizione quasi di monopolio in certe aree, dal momento che il Comune non assegna nuove licenze da diversi anni. Una di queste zone dove i Tredicine esercitano un controllo pressoché assoluto è appunto Piazza Navona. Si tratta della stessa famiglia di cui fa parte Giordano Tredicine, ex consigliere comunale di Forza Italia arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale e figlio di Dino Tredicine, il vicepresidente della Fivag-Cisl, fotografato durante la manifestazione contro la Direttiva Bolkestein assieme a Luigi Di Maio (che ha detto non di non sapere chi fosse). I discendenti del capostipite Donato Tredicine esercitano anche un discreto potere sulle associazioni di categoria; oltre al già citato Dino ci sono anche due dei suoi fratelli: Alfiero Tredicine è presidente di Apre-Confesercenti mentre Mario è vicepresidente dell’Upvad-Confcommercio. È anche grazie a questi incarichi che la famiglia Tredicine è riuscita a condizionare le trattative per il rinnovo delle concessioni degli stalli in Piazza Navona. Nel 2014 Ignazio Marino propose – in seguito ad un parere della Soprintendenza dei Beni Culturali –  di limitare il numero dei banchi da 115 a 72, escludendo tutti quegli ambulanti che vendevano cose che con lo “spirito del Natale” non c’entravano nulla. Risultato: i 72 vincitori del bando si sono rifiutati di esporre la loro merce mettendo in scena un vero e proprio sciopero la cui parola d’ordine era “o tutti o nessuno”. Il bando del Comune (non se ne faceva uno da dodici anni) naturalmente era molto sgradito ai Tredicine che avevano tutto l’interesse a preferire una situazione in cui potevano farsi forza dei loro diritti acquisiti per anzianità di servizio. I commercianti di Piazza Navona fecero anche ricorso al Tar per tentare di far sospendere il bando ma il Tribunale amministrativo regionale rigettò la richiesta di sospensiva. Ci fu anche un tentativo di alcuni consiglieri comunali (di centrosinistra e di centrodestra tra i quali anche Giordano Tredicine) di far approvare una mozione per annullare la delibera del sindaco, ma fu respinta anche grazie ai voti del M5S. Per tutta risposta gli ambulanti fecero saltare la festa. Nel 2015 il I Municipio (presieduto anche all’epoca dalla Alfonsi) pubblicò un altro bando di gara che però non tenne conto del disciplinare emanato dall’Assessora al Commercio della – nel frattempo decaduta – Giunta Marino che  puntava ad ottenere un miglioramento della qualità delle bancarelle destinato a regolare l’assegnazione dei posteggi per i dolci, che fissava nuovi punteggi da attribuire sulla base delle risorse usate per la preparazione e la vendita dei prodotti invece che l’anzianità di servizio sulla Piazza (che avrebbe invece favorito i Tredicine).  Ma il I Municipio ritenne che quel regolamento era “cervellotico” e “di difficile applicazione” e preferì usare come criterio di scelta unicamente l’anzianità di servizio, il bando però riduceva il numero dei banchi a 48, di cui 20 artigianali e 28 commerciali. Risultato? Delle 48 postazioni di vendita in Piazza Navona 24 erano riconducibili ai tredicine o ai loro sodali. Al primo posto della graduatoria per le bancarelle dei dolci svettava infatti Alfiero Tredicine. Il suo punteggio, riferiva il Fatto Quotidiano, era 20: “10 punti per l’anzianità, altri 10 per la presenza su piazza, e soprattutto zero per la qualità”. Anche in quell’occasione ci furono molte polemiche che Matteo Orfini stroncò dando la colpa a Marino e spiegando che la situazione si era venuta a creare perché il mercatino di Piazza Navona viene definito “fiera”, definizione che prevede come criterio principale per l’assegnazione degli spazi a chi ha maggiore anzianità e più anni di presenza su piazza.
 

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Andrea Coia con Virginia Raggi

La soluzione a Cinque Stelle per premiare l’anzianità

Si arriva così alla situazione attuale: tutte le forze politiche sono più o meno d’accordo sulla necessità di preservare la tradizionale festa natalizia ma rimane da risolvere il nodo Tredicine in modo da poter garantire anche la presenza di commercianti che, a causa della posizione di forza dei Tredicine, si sono sempre visti negare l’accesso a Piazza Navona. A settembre è anche giunta una sentenza del TAR che rigetta il ricorso presentato da Alfiero Tredicine e conferma l’annullamento degli affidamenti voluto dall’amministrazione Marino in quanto il bando precedente in quanto “non garantisce la concorrenza“. Il problema a questo punto è la delibera comunale numero 35 del 2006 che definisce la Festa della Befana una “fiera”, Inoltre, spiegava Laura Mari su Repubblica: “sussiste una la derminazione stipulata nel 2012 dalla conferenza Stato-Regioni prevede che tutti i bandi su area pubblica debbano avere come criterio portante l’anzianità professionale dell’operatore“. Le due cose combinate garantiscono la sopravvivenza del monopolio dei Tredicine, ma se l’evento fosse riclassificato come “festa” verrebbe meno l’anzianità come criterio principale per l’assegnazione dei posteggi. Dal I Municipio l’assessore al Commercio Tatiana Campioni faceva sapere a inizio settembre di aver chiesto al Comune “di riclassificare la festa altrimenti non riusciremo mai a far vincere la qualità dei prodotti” e di conseguenza per quest’anno il I Municipio non ha pubblicato nessun bando per l’assegnazione dei posti lasciando la palla in mano al Comune, come spiegava qualche tempo fa la Presidente Alfonsi:

abbiamo un problema riguardante la festa dello scorso anno con i rilievi fatti dall’Anac e il ricorso perso dagli operatori, per cui oggi non si è nelle condizioni di fare il bando. Anche quest’anno ci sarà una festa alternativa, su cui già vogliamo lavorare. Siamo in attesa di un tavolo per costruirla

Non ci sarebbero inoltre i tempi tecnici per poter pubblicare il bando essendo già trascorsi i novanta giorni per l’indizione del concorso. E dal Campidoglio fanno sapere che ormai non c’è più tempo per agire. Ma nel frattempo arriva l’idea del Presidente della commissione Commercio capitolna, Andrea Coia (M5S), che proponde di recuperare il bando del 2015 annullato dall’ANAC e quindi irregolare o in ogni caso «di redigerne un altro che tenga conto il criterio dell’anzianità». E si torna così al punto di partenza, dal momento che tenere conto del criterio di anzianità significa di fatto lasciare di nuovo la Piazza in mano ai Tredicine, alla porchetta e ai gadget giallorossi che con il Natale c’entrano ben poco. Ma Coia non la pensa così:

La fiera presuppone il discorso dell’assegnazione di 40 punti in più per gli operatori che su quel mercato sono sempre stati. L’importante è che le persone siano in regola con la legge, se si chiamano poi Tredicine non ha importanza, a noi interessa l’anzianità, perché la festa della Befana è una festa di tradizione, centenaria ed è chiaro che l’anzianità non può essere trascurata. I criteri per la vendita nel bando del 2015 erano criteri da multinazionali, troppo restrittivi e inaccessibili per i normali operatori, andavamo bene soltanto quelli per la vendita alimentare, dovremo garantire certamente la qualità.

Una dichiarazione che di fatto spalanca le porte ai Tredicine e che costituisce un gigantesco passo indietro rispetto al lavoro fatto fin’ora. Ma non solo, la posizione di Coia non sembra  molto compatibile con la dichiarazione di Luigi Di Maio successiva alla polemica scoppiata per la sua foto insieme a Dino Tredicine. Il Vice Presidente della Camera aveva scritto su Facebook:

Due membri della famiglia Tredicine si sono fatti una foto con me mentre camminavo in mezzo a centinaia di manifestanti. Ma, anche se mi rubassero 100 foto, i Tredicine rimarrebbero sempre i Tredicine e la loro storia non cambierebbe: sappiamo bene chi sono e il sistema che rappresentano a Roma, come emerso da Mafia capitale.
I piccoli ambulanti vanno difesi anche da questo sistema.

Per Coia evidentemente non è un grande problema sapere chi siano i Tredicine e quale sistema rappresentino.Del resto il Presidente della Commissione ritene sia anche fattibile chiedere alla Soprintendenza di passare dagli attuali 48 a 72 banchi, perché “sarebbe fattbile”. E la porchetta? Anche quella per Coia è tradizione

La porchetta? Non è tradizione? Devo escludere un operatore che da cento anni partecipa alla festa perché non vende prodotti natalizi? Quindi si devono vendere soltanto panettoni?

Ed in effetti ad una Festa della Befana (anche se “fiera”) uno ci si aspetterebbe prodotti natalizi, non prodotti “tradizionali” tout court.
 

 

 
 

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