I 300 farmaci che non si trovano in Italia

Categorie: Attualità, FAQ

Servono ad abbassare la pressione o il colesterolo, a curare infezioni o a contrastare il dolore, ma in Italia non si trovano. Ne parla oggi Repubblica in un articolo a firma di Michele Bocci

Servono ad abbassare la pressione o il colesterolo, a curare infezioni o a contrastare il dolore, ma in Italia non si trovano. Ne parla oggi Repubblica in un articolo a firma di Michele Bocci: sono circa 300 farmaci più o meno introvabili in Italia o in alcune regioni:



Il problema non si presenta contemporaneamente in tutte le regioni ma solo in alcune, anche in singole provincie: una molecola può essere a disposizione a Bologna ma non in Romagna. Il Lazio a fine 2014 ha fatto una lista di 52 medicinali impossibili da acquistare. Queste carenze non sono dovute a problemi diproduzione da parte dell’industria. Il fenomeno è provocato dell’esportazione parallela, o “parallel trade”, una pratica legale ma pericolosa per i sistemi sanitari.

Perché nel sud dell’Europa è più facile strappare tariffe più basse per la vendita di questi farmaci, ma questo comporta un minore guadagno da parte dei produttori. Che a questo punto si sentono legittimati a rifornire prima talune zone rispetto ad altre. Con gli effetti che vediamo in queste due infografiche tratte dall’articolo su dati Osmed-Adf.

L’infografica di Repubblica sui 300 farmaci che non si trovano in Italia (13 maggio 2015)

L’infografica di Repubblica sui 300 farmaci che non si trovano in Italia (13 maggio 2015)

Anche se vendere all’estero non è vietato, è molto difficile trovare qualcuno che ammetta di farlo. Anzi, tutti accusano tutti. L’industria ce l’ha con i distributori, questi con i farmacisti, che a loro volta rinviano le accuse al mittente. «Ci sono ordini anomali da parte di alcuni distributori — dice il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi — Se vengono evasi tutti manca il prodotto. Non è vero che mettiamo a disposizione pochi farmaci. A chi fa esportazione i medicinali dovrebbero costare di più», scrive ancora Repubblica.