Google oscura Gayburg [edit: la penalizzazione è rientrata]

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-01-05

Google è un’azienda gay friendly che però ha qualche problema quando si tratta di garantire la libertà d’espressione

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Gayburg è uno dei siti più attivi nella difesa dei diritti civili delle persone omosessuali. Per questo motivo qualche tempo fa si era guadagnato una bella denuncia da parte di Antonio Brandi e Francesca Romana Poleggi rispettivamente Presidente e legale rappresentante dell’Associazione Pro Vita che sono soliti definire Gayburg un “sito omosessualista“. Sì, quelli che si schierano a difesa della famiglia “naturale” contro la famigerata ideologia gendere e che per farlo diffondono bufale sulla legge Cirinnà. Succede che Google abbia deciso di “oscurare” parzialmente il sito in seguito ad alcune segnalazioni ricevute da Google da parte degli utenti.
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Google è gay friendly a modo suo?

Gayburg infatti è ospite della piattaforma di blogging Blogspot (ora Blogger) che è di proprietà della società di Menlo Park. Pertanto Gayburg, come tutti i siti ospitati dal Blogger è tenuto a rispettare le regole stabilite da Google in seguito alle segnalazioni ha deciso di limitare la visibilità del sito. Non apparirà quindi su Google News, ai visitatori verrà mostrato un disclaimer nel quale li si avvisa che i contenuti del sito “sono discutibili” ed infine non sarà più possibile condividere gli articolo di Gayburg su Facebook. Un duro colpo alla visibilità del sito che quindi potrà essere letto con più difficoltà. Di fatto si tratta di una forma di censura. Certo, il blog continua ad esistere e a essere leggibile, solo che viene trattato alla stregua dei siti che contengono materiale pornografico. Nelle comunicazioni avvenute tra il gestore del sito e Google si apprende che per poter eliminare il blocco Gayburg dovrebbe cambiare la sua linea editoriale evitando di farne pubblicità a persone non omosessuali che non gradiscono la pornografia omosessuale. A parte il fatto che il sito non ha contenuti per adulti (al massimo qualche contenuto “frivolo” come ce ne sono ovunque anche sulle più prestigiose testate giornalistiche), non si capisce in che modo parlare unicamente agli omosessuali (consentendo loro di fare ooh e ahh come dice Google) possa aiutare la causa della difesa dei diritti civili. Né si capisce come mai e con che diritto Google possa sindacare sulle scelte editoriali imponendo una sua linea per un sito sui diritti dei gay e decidendo che questa linea deve essere quella di aiutare gli eterosessuali a capire le discriminazioni patite dai gay.
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In particolare lo staff punta il dito contro tre post recenti:
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che come ha spiegato a NeXt il gestore di Gayburg difficilmente si potrebbero definire “porno”:

Nello speciale Natale non gli andava bene un babbo natale in mutande. Holyday Rock è un video di Andrew Christain (che vende mutande e quindi con ragazzi in mutande). “Studies of histeria” ha del nudo, ma è un cortometraggio che ha vinto vari premi internazionali per il messaggio proposto. In quel caso c’è il warning, ma ritenerlo “Porno” credo sia un insulto

Insomma Google è contro la frivolezza nei siti gay. Sapevatelo.
Poche le alternative offerte da Google, e anche quelle al di fuori del sistema della piattaforma Blogger sono difficilmente percorribili nel breve periodo. Gayburg potrebbe acquistare un dominio e diventare un sito a sé stante, ma il rischio è quello di perdere l’indicizzazione dei post (quella che rimane dopo il blocco) faticosamente costruita articolo dopo articolo in dieci anni di lavoro. Per tentare di far cambiare idea a Google, che ricordiamo è un’azienda che ha sempre sostenuto i diritti degli omosessuali e che si proclama gay-friendly, è stato lanciato l’hashtag #FreeGayburg, ma sappiamo che queste cose servono a poco in queste situazioni. La cosa davvero divertente è che per accedere ad un altro sito ospitato da Blogger, omosessualitaeidentita, affiliato ad associazioni come il Narth che tratta l’omosessualità come una malattia non è necessario superare nessun tipo di avviso riguardo i contenuti.
Edit: il gestore di Gayburg ci fa sapere che la penalizzazione è rientrata:

Buone notizie! Pare che qualcuno all’interno di Google si sia fatto carico della questione e da oggi pomeriggio tutte le limitazioni per l’accesso sono state rimosse ed il sito è tornato completamente visibile e fruibile dopo 15 giorni di “oscuramento”.
Come per il blocco, anche dinnanzi a questa decisione non sono giunte comunicazioni ed è possibile affidarsi solo a supposizioni. Di certo bisogna ringraziare chi ha partecipato alla protesta ed è riuscito a far giungere la voce sino a Google. Grazie di cuore!

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