La golden power su Huawei e la tecnologia 5G

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I provvedimenti adottati segnano una stretta soprattutto sui fornitori cinesi come Huawei e Zte. E c'è chi dice che sia una cambiale pagata a Trump

Il 9 settembre scade il decreto che, a luglio, aveva aggiornato le regole sul cosiddetto «golden power», i poteri speciali che il governo può esercitare sulle attività strategiche, incluse quelle delle telecomunicazioni.  Il consiglio dei ministri ha esercitato allora i «poteri speciali» su contratti che apparecchiature utilizzate per lo sviluppo delle rete. I provvedimenti adottati segnano una stretta soprattutto sui fornitori cinesi, come Huawei e Zte, quelli finiti al centro della «scomunica» del presidente Usa, Donald Trump, e vigilati speciali anche in Italia. Destinatarie del provvedimento – con sfumature differenti – sono Vodafone, Wind Tre, Fastweb, Tim e Linkem e riguardano le forniture tecnologiche da parte di aziende extra Ue che, nei mesi scorsi, le aziende hanno dovuto notificare al governo. La Stampa spiega oggi che nella scala del possibile intervento statale, poteva andare molto peggio:



Non c’è nessun veto. Si tratta di un via libera, sebbene condizionato e con prescrizioni. Per le compagnie si prevedono in buona sostanza impegni di rafforzare la sicurezza sugli apparati oggetti di notifica, ci sono obblighi informativi, con test periodici effettuati da fornitori esterni. In più ci sarà un dialogo aperto con un comitato di monitoraggio che sarà creato in ambito governativo. Tutto questo sarà accompagnato da una relazione semestrale in cui le società dovranno mostrare di aver dato corso agli adempimenti richiesti.

 



Le rivoluzioni delle tlc (Il Messaggero, 29 marzo 2019)

Marco Palombi sul Fatto invece la legge come un favore a Trump:

La seconda decisione del Consiglio dei ministri invece, come detto, è una cambiale che andava pagata a Donald Trump e si doveva farlo subito: mettere i bastoni tra le ruote all’avanzata delle società cinesi di Tlc nell’internet della prossima generazione, il 5G. Washington pretendeva lo stop a tal punto che a fine luglio l’ambasciatore in Italia Lewis Eisenberg aveva convocato Luigi Di Maio a Palazzo Taverna per sollecitarlo a prendere provvedimenti e, non soddisfatto delle parole dell’allora ministro dello Sviluppo, s’era precipitato pure a Palazzo Chigi da Giancarlo Giorgetti.



Ecco, ieri Trump e Eisenberg sono stati accontentati: il governo ha esercitato il cosiddetto “golden power” nei confronti di Vodafone, Wind e Fastweb – sottoponendo a condizioni i loro accordi per l’acquisto di beni e servizi 5G con le cinesi Huawei e Zte – e pure sui progetti di Tim e Linkem. La decisione andava presa in fretta: il golden power era stato introdotto,su pressioni statunitensi, con un decreto dell’11 luglio che però verrà lasciato scadere (il 9 settembre) per recuperarne i contenuti in altri veicoli legislativi. Prima che le norme “spirassero”, però, gli Usa pretendevano che venissero messi sotto controllo gli affari italiani di Huawei e Zte: fatto.

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