La bufala dei gatti cosparsi di benzina per gli incendi sul Vesuvio

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-07-12

Quella dei gatti “cosparsi di benzina” e dati alle fiamme è una delle ipotesi ricorrenti per spiegare la propagazione degli incendi dolosi. Ma al momento non ci sono evidenze che questa “tecnica” sia stata usata sul Vesuvio. Anzi: la Guardia Forestale ha smentito. Quello che è certo è che i roghi di questi giorni sono tutti dolosi

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Gli incendi che stanno devastando le pendici del Vesuvio molto probabilmente sono di origine dolosa. L’autocombustione non esiste, ripetono in molti tra gli abitanti dei paesi e delle frazioni minacciati dalle fiamme. Dietro i roghi c’è quasi sicuramente la mano dell’uomo che ha approfittato della stagione secca per fare più danni possibile. E magari far “scomparire” qualche discarica abusiva. Anche l’assessore di Torre del Greco è convinto dell’origine dolosa degli inendi: «Questi roghi sono sicuramente dolosi accesi uno dopo l’altro contestualmente, non si può non pensare che ci sia dietro la mano di uno o più responsabili. Poi le condizioni meteo non ci aiutano».

I gatti utilizzati per diffondere l’incendio

Mentre i Vigili del Fuoco, i Carabinieri Forestali e gli uomini della Protezione Civile sono impegnati nelle operazioni di spegnimento e contenimento degli incendi si fa strada un’ipotesi inquietante sull’origine dei roghi. Stando a quanto riportano alcuni giornali siti di informazione locale i VV.FF. (o in alternativa i Carabinieri Forestali) avrebbero trovato “carcasse di gatti” bruciati dalle fiamme. Si fa strada la notizia sull’orrore dei piromani che hanno utilizzato il gatto incendiario per propagare gli incendi nel bosco.
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La dinamica è abbastanza semplice: gli incendiari avrebbero cosparso di benzina alcuni gatti e dopo averli dati alle fiamme li avrebbero liberati nella boscaglia. Con la certezza, raccontano le cronache locali, che nella fuga le bestiole avrebbero contribuito a diffondere l’incendio.
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Non è ben chiaro come, dopo un incendio di queste proporzioni, sia stato possibile recuperare le carcasse carbonizzate degli animali. Animali che del resto – ammesso e non concesso che siano stati davvero ritrovato – potrebbero essere semplicemente delle vittime dell’incendio e non le sue cause. Il Messaggero ad esempio è molto più cauto del fare ipotesi e parla di otto inneschi differenti individuati dai Carabinieri Forestali. Ma non vi è alcuna certezza sull’utilizzo dei felini incendiari. Quello che è certo invece è che i roghi sono stati appiccati deliberatamente in zone impervie e difficili da raggiungere, in modo tale da rendere più difficile un intervento tempestivo dei mezzi di soccorso e consentire alle fiamme di propagarsi indisturbate.

Ma quanto è credibile la storia dei gatti incendiari?

Al momento si tratta solo di supposizioni, ma non è certo la prima volta che salta fuori la storia dei gatti usati dai piromani per appiccare le fiamme. Che gli venga dato fuoco direttamente o che abbiano uno straccio imbevuto di benzina legato alla coda una storia simile è stata raccontata lo scorso anno per spiegare la genesi degli incendi nel Parco dei Nebrodi in Sicilia. A quanto pare la tecnica “corretta” è quella di legare alla coda dell’animale uno straccio a cui viene dato successivamente fuoco.
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L’ipotesi della pista felina era venuta fuori anche nel 2012, per spiegare gli incendi in Umbria. Ma si tratta appunto di ipotesi che spesso spuntano durante le prime fasi delle indagini e che non sono confermate direttamente dagli inquirenti. Per quanto secondo alcuni è davvero possibile che quella dei gatti incendiari sia una delle tecniche adottate dai piromani non è chiaro al momento se si tratta di una modalità d’azione utilizzata anche per appiccare le fiamme alla vegetazione e alle sterpaglie sul Vesuvio. Stella Cervasio, che scrive per Repubblica Napoli,  è Garante dei diritti degli animali del Comune di Napoli ed era sul posto, ha molti dubbi sulla veridicità della storia (anzi: pensa che sia una bufala):
gatti incendiati

Ero la sola giornalista ieri con qualche fotoreporter sul Vesuvio e con Annamaria Chiariello di Canale 5. Ed ero lì anche come garante diritti animali del Comune di Napoli per monitorare la situazione fauna. Non c’era nessun animale “usato come esca per il fuoco”. Se ce ne fossero stati avrei avuto notizia dall’Istituto Zooprofilattico per le autopsie, tra l’altro importanti, semmai, per l’inchiesta giudiziaria. Usare leggende metropolitane come la ricorrente storia del legno delle bare usato a Napoli per cuocere le pizze è sintomo di inutile arrampicamento sugli specchi di certi media. Non si fa. E non ve n’è bisogno: che cosa c’è di peggio di ciò che sta accadendo, per incuria, sul Vesuvio?

L’unico dato sufficientemente certo è che dietro questi roghi c’è quasi sicuramente la mano dell’uomo e un intervento diretto della criminalità organizzata.
EDIT ore 15,09: Il Corriere della Sera è riuscito ad avere una risposta dalla Guardia Forestale che ha smentito: quella che aveva tutta l’aria di essere una bufala, era una bufala.
animali bruciati bufala

Il Corriere ha verificato la notizia. Contattando la Guardie forestale. Che ha smentito. Si tratta dunque di una news priva di fondamento. I roghi in Campania sono tutti di origine dolosa, come abbiamo scritto. Ma secondo le nostre fonti gli animali non c’entrano.

EDIT2: Della vicenda parla anche l’agenzia Agenpress citando l’auctoritas di Lorenzo Croce dell’AIDAA:
gatti bruciati vesuvio lorenzo croce
Croce però ha già tolto la notizia dal suo blog e al suo posto ha messo questa:
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EDIT3: Sergio Costa, comandante regionale dei carabinieri forestali, in un’intervista all’agenzia di stampa DIRE ha negato l’uso di animali vivi per far estendere l’incendio: “Non ci risulta. Non posso escludere questa cosa ma sicuramente al momento non posso confermarla, non è agli atti”.

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