Il finto scandalo del governo per gli stipendi dei dirigenti RAI

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-25

PD e governo fingono di indignarsi per gli stipendi d’oro di Viale Mazzini: dov’erano loro quando la norma sul tetto voluta dall’ex amministratore delegato venne scavalcata? C’erano? E se c’erano dormivano? E se dormivano sognavano? E se sognavano, sognavano di non essere lì?

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Matteo Renzi, fa sapere Repubblica, è pronto a rilanciare il tetto ai manager pubblici anche per gli stipendi dei dirigenti RAI dopo le polemiche esplose a causa dell’annuncio della pubblicazione on line degli emolumenti dei manager della tv pubblica. Informa Andrea Carugati che nel Pd si pensa a una stretta, già dalla prossima legge di Stabilità, per imporre anche alla tv pubblica il tetto dei 240mila euro per i dirigenti della Pubblica amministrazione. Matteo Orfini, sempre in un’intervista a Repubblica, esecra «la vergogna di gente che non ha mercato, non sa fare un tubo e grazie alla politica prende centinaia di migliaia di euro l’anno» e invita l‘amministratore delegato ad andare fino in fondo. Bene: la presa per il culo è talmente evidente che nemmeno ci sarebbe bisogno di segnalarla.
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Il finto scandalo nel governo per gli stipendi dei dirigenti RAI

Perché, come abbiamo raccontato ieri, una norma interna per adeguare gli stipendi dei manager e dei dirigenti RAI al tetto dei manager pubblici venne fatta dall’ex direttore generale Luigi Gubitosi nel giugno 2015. C’era questa necessità perché le norme volute dal governo Renzi non andavano a toccare gli stipendi di Viale Mazzini se non per la parte che riguardava il presidente e i consiglieri d’amministrazione. Senza quell’adeguamento voluto da Gubitosi le norme del governo non avrebbero mai toccato gli stipendi RAI. E c’è di più. Perché quando la legge venne prolungata dal perimetro delle società a partecipazione pubblica sottoposte agli obblighi erano uscite le società quotate e le società che emettevano obbligazioni (ovvero, chiedevano prestiti) sul mercato. Dovendo competere sul mercato era giusto che scegliessero i manager migliori eventualmente pagandoli di più senza vincoli, era il ragionamento. Questo escluse dal computo all’epoca Eni, Enel, Finmeccanica e le Ferrovie dello Stato. Ma non la Rai. A questo punto – sorpresa sorpresa! – la Rai nel maggio 2015 avviò il collocamento di un bond da 350 milioni, peraltro ampiamente preparato nei mesi precedenti. A questo punto anche la Radiotelevisione Italiana rientrò nel novero delle aziende che sono escluse da qualsiasi effetto del cambio di legge. Pur trovandosi in una situazione oggettivamente diversa da quella dei suoi concorrenti, visto che percepisce un canone. Quando Antonio Campo Dall’Orto venne nominato nell’agosto 2015 direttore generale della RAI quel limite non c’era già più. E di tutto questo il governo di Matteo Renzi e il Partito Democratico di Matteo Orfini erano perfettamente a conoscenza: tanto che all’epoca a lamentarsi del fatto che l’emissione di obbligazioni avrebbe consentito alla RAI di superare il tetto agli stipendi fu proprio quel Michele Anzaldi che è esponente PD nella commissione di vigilanza RAI. Che oggi il governo e il PD si scandalizzano perché sono diventate pubbliche informazioni di cui erano a conoscenza già un anno fa è, evidentemente, una robusta presa per il culo.

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Stipendi dei dirigenti RAI: l’infografica di Repubblica (24 luglio 2016)

Ecco perché lo scandalo del governo e del PD oggi fa ridere: perché per l’ennesima volta l’esecutivo ha atteso lo scoppio di una bomba di cui conosceva alla perfezione l’indicazione per fare il finto tonto e meravigliarsi promettendo provvedimenti di fronte alle proteste dell’opinione pubblica. Ma senza fare nulla né prima né dopo la nomina di Antonio Campo Dall’Orto, uomo di Renzi a cui però Renzi non ha chiesto di tagliare gli stipendi, anzi: con l’emissione dell’obbligazione che toglieva la RAI dal novero delle società che dovevano sottostare al tetto, l’azionista (ovvero il ministero del Tesoro) ha consentito all’azienda di aumentarli.

Il tetto agli stipendi dei manager pubblici e la RAI

E a ulteriore spiegazione della situazione, se non bastasse, ci sono anche le interviste di Repubblica a quei dirigenti RAI dotati di maxi-stipendio ma anche di alta professionalità, ma costretti a stare nelle mani in mano perché non fanno parte del Giglio Magico, ovvero non hanno sponsor nel paradiso del governo. Come ad esempio l’ex conduttrice storica del Tg2 Carmen Lasorella:

«In Rai ci sono persone pagate che non vengono fatte lavorare. Non è certo una novità, è un problema serio e riguarda chi gestisce l’azienda e non sfrutta al meglio le competenze delle persone. È sbagliato affidare incarichi a esterni se in azienda ci sono persone che hanno competenze adeguate».
E perché succede ancora, anche in tempi di ristrettezze?
«In trent’anni in Rai ho visto di tutto e di più, è lo specchio di un Paese dove non vince il merito ma le logiche dei circoli, dei gigli magici. Se non ne fai parte puoi anche avere un curriculum d’eccezione ma non ti trovano mai…».
Il dg Campo Dall’Orto sostiene l’esatto contrario.
«Me lo auguro! Ci sono da nominare i nuovi direttori dei Tg? Io mi candido, ho i numeri per poterlo fare. Vorrei fare un tg che approfondisce le notizie, tanto le news si trovano già in Rete».
Lei cosa fa per guadagnare lo stipendio da 200mila euro?
«Da quando nel 2014 l’azienda ha chiuso la società Rainet che presiedevo non ho nessun incarico. E io, dopo tanti anni di carriera, sono ancora alla ricerca di un lavoro. Per una come me lavorare è vita».

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L’infografica del Fatto sugli stipendi RAI

A proposito di incarichi esterni, infatti, è impossibile non ricordare che ad esempio la RAI ha sostituito l’interno Giovanni Floris con l’esterno Massimo Giannini per la conduzione di Ballarò. Giannini ha fatto flop e allora la RAI, con la competenza e la professionalità che contraddistingue la sua direttrice Daria Bignardi, ha chiamato un altro esterno, proveniente da SkyTg24 e peraltro adorato dall’azienda per condurre un nuovo programma nonostante le migliaia di professionalità interne tra cui avrebbe potuto scegliere. Chissà quanto si indignerà Renzi per il prossimo spreco di soldi pubblici in RAI.

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