Di Maio, la dignità può attendere

Categorie: Economia, Fact checking

Il decreto annunciato dal ministro è stato rinviato dal CdM per una serie di errori tecnici e per la mancanza di coperture. Mentre le norme sulla Gig Economy...

Il Decreto Dignità era stato annunciato come primo provvedimento da parte del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio il 14 giugno scorso. Avrebbe dovuto contenere norme che vietavano la pubblicità del gioco d’azzardo, l’eliminazione di spesometro e studi di settore, i disincentivi alla delocalizzazione e, soprattutto, le norme contro la precarietà nella Gig Economy. L’unico provvedimento uscito dal consiglio dei ministri ieri è però un decreto che rinvia al primo gennaio 2019 l’obbligo di fatturazione elettronica per i benzinai.



Di Maio, la dignità può attendere

I benzinai hanno così potuto rinviare lo sciopero che avevano annunciato per la prossima settimana, ma la rivoluzione si è fermata dal benzinaio per un motivo molto semplice: lo stop è stato deciso dal ministro dell’Economia Giovanni Tria con l’approvazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti perché gli uffici della Ragioneria avrebbero avuto da ridire sulle coperture finanziarie di alcune misure, giudicate insufficienti e inadeguate.  “Il decreto dignità è un punto di partenza e se è pronto per stasera arriva stasera, sta facendo il giro delle sette chiese, bollinature varie. Il testo è pronto, deve essere solo vidimato dai 1000 organi di questo paese”, ha detto ieri Di Maio per spiegare che il provvedimento avrebbe potuto essere rinviato a lunedì o martedì.

Il decreto dignità e la lotta alla precarietà: i rider (Il Fatto, 15 giugno 2018)

Ora, i mille organi di questo paese esistevano da prima che Di Maio diventasse ministro e pare francamente improbabile che il ritardo sia dovuto alla burocrazia, come ha tentato di far credere il ministro del Lavoro e dello Sviluppo. Perché le mille bollinature andavano messe prima dell’approdo in CdM, non dopo.



I problemi del decreto dignità

I problemi sembrano invece essere proprio altri. Ad esempio mancherebbero le coperture per l’abolizione dell’obbligo dello split payment, un meccanismo tributario mirato a contrastare l’evasione del pagamento dell’Iva quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione, introdotto nel 2015 dal governo di
Matteo Renzi, che ha indubbiamente complicato la vita dei contribuenti onesti, costretti a gestire problemi di liquidità, ma dando ottimi risultati: nel biennio 2015-2016 c’è stato un maggior gettito Iva, pagata dai contribuenti disonesti, quantificabile in circa 3,5 miliardi. Roberto Giovannini sulla Stampa segnala però una serie di altri problemi, politici, su altre norme previste dal decreto:

Eppure, le voci che trapelano lasciano intendere che i problemi che hanno suggerito di rinviare il varo del decreto (esclusa la parte sulla fatturazione elettronica, indispensabile per evitare lo sciopero dei benzinai) sono ancora più articolati. Vanno al di là del tema delle coperture finanziarie, e riguardano sia il merito delle misure sia il loro impatto politico. Il punto è l’intenzione da parte di Di Maio, in qualità di ministro del Lavoro, di ridurre il grado di flessibilità e di precarietà del mercato del lavoro.



Fonte

Nel «decreto dignità» già era scomparsa la norma che avrebbe regolamentato il lavoro dei rider e degli altri lavoratori della «gig economy». Ma per il momento, nel testo c’è ancora la stretta sui contratti a tempo determinato, con il ritorno delle causali dopo i primi dodici mesi, il limite a 4 proroghe, l’aumento dei costi contributivi a carico delle imprese dell’1% per ogni nuovo contratto. Ieri Confindustria, Confesercenti e Confcommercio hanno protestato contro questa misura. Una protesta, pare, che avrebbe trovato ascolto sia al ministero dell’Economia che al quartiere generale della Lega.

Insomma, ci sono altri e più cogenti problemi dietro il rinvio che dovranno a questo punto essere risolti entro una settimana. E la Gig Economy può attendere. Così come la dignità.

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