D’Alema propone il dialogo tra M5S e PD

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Reduce dai fasti del suo tour da sold out in Puglia, il non- senatore Massimo D’Alema, leggermente sconfitto da Barbara Lezzi (di poco dài) nel suo collegio, sul Corriere della Sera si associa a quella lunga schiera di non elettori del Partito Democratico che dice cosa deve fare il Partito Democratico. Il dialogo con il M5S, spiega il Lìder Maximo, è inevitabile: “Lì c’è un pezzo del nostro mondo – afferma l’ex premier, che forse è proprio uno dei quei leader che quel mondo ha contribuito ad allontanarlo – Il confronto è necessario a verificare la possibilità di avere un programma comune, non demagogico ma in discontinuità con questi anni. Se non le soluzioni, la direzione di marcia dei 5 Stelle è condivisibile: ridurre le disuguaglianze, occuparsi del Mezzogiorno, colpire i privilegi: tutti, non solo quelli dei politici; ce ne sono di assai maggiori. Si tratta anche di capire se i 5 Stelle vogliono davvero governare”.



D’Alema poi spiega che “ci troviamo a questo punto per una legge elettorale pessima imposta dal PD, quindi il PD non può disinteressarsi del governo del paese”, evidentemente ignorando che le analisi dell’Istituto Cattaneo e di Youtrend hanno spiegato che è il tripolarismo ad aver portato a questi risultati, che non sarebbero stati diversi anche con leggi elettorali diverse. E infine: “Se Togliatti dialogò con Guglielmo Giannini, il fondatore dell’Uomo Qualunque, il centrosinistra – conclude D’Alema – può dialogare con Luigi Di Maio”. Wikipedia ci racconta come finì la storia di Giannini e Togliatti:



Nel 1947 Giannini, dopo aver tentato un’alleanza con la Democrazia Cristiana e il MSI, si avvicinò al leader comunista Palmiro Togliatti, definito due anni prima “verme, farabutto e falsario”. Molti simpatizzanti dell’Uomo Qualunque, allibiti da questa scelta, abbandonarono Giannini che, messo alle strette, rinunciò al patto d’amicizia con il PCI per stringerne un altro con il Partito Liberale Italiano. Ormai il danno era fatto: alle elezioni politiche del 1948 l’alleanza UQ-PLI ottenne solo il 3,8% dei consensi e poco dopo i liberali se ne chiamano fuori. Giannini venne eletto alla Camera e aderì al gruppo Misto.

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