Curare il cancro al seno con l'omeopatia?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-11-27

Su internet il rischio di ricevere consigli pericolosi oltre che sbagliati è sempre più alto. L’effetto collaterale dell’omeopatia è quello di allontanare i pazienti da terapie mediche efficaci che possono salvare loro la vita. Un caso da raccontare

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Cosa cura l’omeopatia? Praticamente nulla. Del resto rimedi a base di acqua e zucchero non possono certo fare miracoli. Uno degli argomenti a favore dell’omeopatia, pratica magica e non medica, è che alla fine non c’è nulla di male nel volersi curare con i rimedi omeopatici, perché di sicuro l’acqua non è velenosa o nociva quindi anche se non ne trarrà giovamento il paziente se non altro non ne riceverà alcun danno. Il problema è che questo ragionamento viene esteso anche a malattie molto gravi come ad esempio i tumori. Molti omeopati sostengono (unicamente per il profitto) che l’omeopatia sia di grande giovamento per curare il cancro. Con effetti deleteri per i pazienti.

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(Credits: No alle Pseudoscienze via Facebook.com)

L’omeopatia è una non-cura che distoglie i pazienti dalla possibilità di curarsi

Ma non è vero che le cose stanno così, perché spesso chi segue una terapia omeopatica non si cura anche con le medicine. Il meccanismo perverso messo in moto dai cosiddetti medici omeopati è quello di allontanare i pazienti che ne avrebbero più bisogno da terapie efficaci. Non stiamo parlando di curare l’influenza o il raffreddore con l’omeopatia, mal che vada ci mette qualche giorno in più a passare. Stiamo parlando dei medici che sconsigliano le vaccinazioni in età pediatrica (molti sono omeopati di chiara fama) o quelli che prescrivono cure omeopatiche per malattie gravi e potenzialmente mortali. È il caso del dialogo riportato dalla pagina Facebook No alle Pseudoscienze che apre uno spiraglio inquietante su come certi pazienti siano stati sostanzialmente plagiati dal mito della terapia omeopatica. È inutile qui dare la colpa alla povera signora, che racconta che sta curando un carcinoma alla mammella (tumore per il quale esistono terapie oncologiche con ottime probabilità di sopravvivenza e guarigione) con l’omeopatia. Non si può pretendere che un paziente, in una situazione così disperata non cerchi qualsiasi appiglio per poter guarire. Il problema qui sono le persone come Manuel Fernandez De Moya, araldi della Nuova Medicina Germanica di Hamer (medico radiato dall’albo che ha già sulla coscienza parecchie morti) che le spiegano che il suo carcinoma è causato da un conflitto con qualche persona a lei vicina. Il signor De Moya le “prescrive” di non seguire alcuna terapia farmacologica e di non fare nemmeno un’ecografia, perché tanto è già in guarigione. Nel mondo di questi ciarlatani i tumori sono causati da relazioni sbagliate, energie negative e quant’altro. E ovviamente essendo queste le cause a cosa potranno mai servire interventi chirurgici e cicli di chemioterapia? Solo ad “avvelenare” il corpo del malato. Avete notato delle similitudini con una nostra vecchia conoscenza? Ebbene, non vi sbagliate:
cancro al seno omeopatia mereu terapia verbale- 1
 

La colpa è dei ciarlatani, non dei malati

Ma perché accade che una persona creda nelle capacità curative dell’omeopatia? I motivi sono i più diversi e credo che nemmeno il più fanatico “razionalista” potrebbe accusare un malato terminale di volersi rivolgere anche a quella remota, inesistente, inutile “terapia”. Per Greg Dash del Guardian uno dei fattori che costituiscono il successo dell’omeopatia è la sua “inclusiviness”. Spesso un paziente si sente trattato come oggetto di un discorso medico mentre l’omeopatia verrebbe presentato come un “movimento di liberazione” del corpo del paziente. Ora, questo è parzialmente vero poiché in questi ultimi anni sono stati fatti molti sforzi per rafforzare l’alleanza terapeutica tra medico e paziente (senza dimenticare il fatto che ora a prendere in carico un malato c’è un equipe con diverse sensibilità e non un medico da solo) e poter consentire a quest’ultimo di potersi sentire soggetto di un discorso medico. Secondo Dash l’omeopatia invece è un “sapere” che sa porsi in ascolto del malato, e non lo tratta come l’ennesimo caso. Questa è una visione sbagliata, perché ci sono medici che lottano a fianco del malato e non lo considerano una statistica (poi sarebbe da distinguere magari il lavoro di un oncologo da quello di un chirurgo ortopedico invece che fare, omeopaticamente, un tutt’uno). Ma c’è qualcosa di vero in quello che scrive Dash: l’omeopata si presenta (ma non lo è) come un terapeuta che si dispone in ascolto dell’altro. Prendiamo il caso di Gabriella Mereu e della sua Terapia Verbale, terapia che prende a prestito alcuni concetti della psicoterapia (senza definirsi tale) che vorrebbe far passare l’idea di un rapporto tra paziente e curante. Questi principi vengono però applicati a macchinetta (seguendo uno schema sempre uguale) senza stabilire un vero incontro terapeutico ma solo scimmiottandolo malamente. C’è la storia dei consulti via Facebook, della grafologia e come se non bastasse delle diagnosi affidate alle adepte in base a semplici associazioni verbali. Un malato (di qualsiasi malattia) si sentirebbe davvero “unico” e incluso nel processo terapeutico da una “medicina” che ha questo processo diagnostico in cui uno vale uno e in cui sostanzialmente nessuno vale qualcosa? Io non credo proprio. Non dimentichiamo infine che una terapia deve guarire, la biomedicina lo fa, l’omeopatia no. Gli omeopati possono accusare Big Pharma quanto vogliono ma mentre i farmaci e le terapie biomediche curano i pazienti quelle omeopatiche giovano solo alle tasche dei ciarlatani che spacciano acqua zuccherata (molto molto molto molto poco zuccherata). Quindi tornando alla domanda iniziale, è giusto dire che chi crede nell’omeopatia non sta ragionando in modo logico? Sì. Dirlo allontanerà gli adepti dalla scienza e dalla biomedicina? No, perché sono già lontani. Il problema è chi lo fa per scelta (e siamo un paese libero) e chi invece lo fa a causa di una sofferenza che la biomedicina in certi contesti fatica a riconoscere e ascoltare alla quale è restia ad accostarsi a livello umano.

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