Così il M5S si è improvvisamente innamorato della NATO e dell’UE

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-04-06

Piccola rassegna di tutto quello che i grillini hanno detto in questi anni sull’atlantismo e sull’europeismo e di come se lo stanno rimangiando in nome del governo. Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che si tratta di mancanza di strategia politica. In realtà ce n’è una, anche se non molto raffinata

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Decifrare la linea politica del MoVimento 5 Stelle è un enigma che mette alla prova anche i solutori più abili. «Con noi al Governo ci tengo a ribadire, come detto per tutta la campagna elettorale, che l’Italia manterrà gli impegni internazionali già assunti. Resterà alleata dell’occidente, resterà nella Nato, nell’Unione europea e nell’unione monetaria» ha detto ieri Luigi Di Maio dopo il colloquio con Mattarella al Quirinale. Possiamo tirare un sospiro di sollievo, è la dimostrazione che il M5S non è più il movimento rivoluzionario nato per “cambiare le cose” e abbattere la casta di qualche anno (a volte mese) fa.

Per il M5S l’importante è andare a governare

È il postideologico bellezza, anything goes avrebbe detto Cole Porter un ottantina d’anni fa. Ma se l’euro, la Nato e la permanenza nell’Unione Europea non sono in discussione perché dirlo proprio al Quirinale? Qualche mese fa al campus della Link University il Capo Politico del MoVimento aveva tenuto un discorso dove aveva completamente stravolto la linea della politica estera del M5S. Le posizioni su Euro, Nato e quant’altro erano quindi già state “chiarite”. A voler pensare male sembra quasi che Di Maio ieri abbia voluto rassicurare l’Unione Europea.

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Quell’Europa dei banchieri e dei burocrati che il MoVimento ha sempre accusato di interferire negli affari interni del nostro Paese. Di Maio a quanto pare ritiene che per la formazione di un governo sia fondamentale l’assenso implicito della UE. Dirlo ora non cambia le cose per gli elettori – ammesso che se ne accorgano – soprattutto per quelli che hanno votato i pentastellati nella speranza che governi “non eletti dal popolo” come quello guidato da Mario Monti (che Di Battista definì «suddito della BCE e dei suoi diktat») non avessero più a ripetersi. A loro tocca ingoiare il rospo.

A qualcuno potrà forse venire il dubbio di aver votato davvero lo stesso partito che ieri se ne è uscito con la trovata del “contratto” di governo e che ritiene indifferente poter formare un esecutivo con l’appoggio della Lega o del Partito Democratico. Due formazioni politiche che non sono proprio identiche. Il primo è quel partito che voleva tagliare l’Italia in due, quello che Alessandro Di Battista accusava nel 2015 di aver rubato milioni e milioni di euro dei contribuenti. Beppe Grillo nel 2014 disse che la Lega aveva rubato e che Salvini «era stato messo lì per togliere noi dal contesto del dialogo politico». Il PD invece è il partito del Patto del Nazareno, del Jobs Act, della Buona Scuola, della Legge Lorenzin, della riforma della costituzione bocciata dal popoo e del salvataggio di Banca Etruria e delle banche venete.

Quando il M5S voleva un referendum sulla NATO

L’importante è rimanere vaghi. Ad esempio nel programma esteri del M5S si parla invece di “superamento della NATO“. Un’espressione che oltre al ritiro dei nostri soldati impegnati all’estero non si sa bene cosa voglia dire. Ora a quanto pare la NATO va bene così com’è. Sempre nel programma votato dagli attivisti si faceva riferimento al taglio della spesa militare per l’acquisto dei famigerati F35. Nella stesura finale del programma ogni accenno ai caccia da combattimento è scomparsa.

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Curiosamente l’ex esperto di politica estera del MoVimento 5 Stelle, il deputato Manlio Di Stefano, tace e preferisce far notare l’incoerenza di Salvini che pochi anni fa dichiarava “mai più con Berlusconi”.  Eppure Di Stefano è quello che ha scritto sul Blog delle Stelle un duro attacco all’Alleanza Atlantica: «Da tempo la Nato (tanto per non dire gli Stati Uniti…) sta giocando con le nostre vite. Vite che hanno già conosciuto due guerre mondiali e sanno cosa si provi ad essere un vaso di coccio tra due d’acciaio. Il M5S si oppone da sempre a questa immonda strategia della tensione e chiede, con una proposta di legge in discussione alla Camera, che la partecipazione italiana sia ridiscussa nei termini e sottoposta al giudizio degli italiani». A gennaio 2017 Di Stefano ha sostanzialmente proposto di tenere un referendum per chiedere agli italiani se volevano rimanere o meno nella NATO. Poi si è parlato di “superamento” della NATO ed oggi Di Maio si scopre più atlantista di Donald Trump ( uno che aveva iniziato il mandato dicendo che voleva rottamare il Patto Atlantico). E il referendum? Scomparso, come quello sulle Olimpiadi e sul nuovo stadio della Roma. E come quello per l’uscita dall’euro.

La grande confusione del M5S sull’euro

A fine febbraio Il Post ha pubblicato un video che riassume tutti i cambi di posizione del M5S sull’euro e su un’eventuale uscita dalla moneta unica. In questi ultimi anni il MoVimento è passato con disinvoltura dall’essere ferocemente anti-euro a dire che la permanenza dell’Italia nella moneta unica non sarà messa in discussione.

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Nel mezzo c’è il solito Di Maio che inverte la rotta spiegando che l’ipotesi del referendum non viene cestinata ma nel cassetto pronta ad essere usata come arma finale per convincere l’Europa a fare quello che vogliamo. Certo, ci sono personaggi come Laura Castelli che una volta messi alle strette dimostrano di non avere la più pallida idea di quale sia davvero la linea ufficiale del M5S, ma sono dettagli.

Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che si tratta di mancanza di strategia politica. In realtà ce n’è una, anche se non molto raffinata. Ogni elettore sentirà solo la parte del messaggio che gli interessa di sentire. Nell’era del postideologico à la Grillo non è obbligatorio essere coerenti e due concetti antitetici possono coesistere. Ecco quindi che come il gatto di Schrödinger il M5S è contemporaneamente contro l’euro e a favore dell’euro, contro la NATO e dalla parte di Putin e a favore della NATO, contro i governi non eletti dal popolo e a favore di un’alleanza tra partiti che alle elezioni si sono presentati come avversari. Piccoli dettagli che mostrano come nel M5S sia sempre in atto una costante operazione di riposizionamento. Resta da vedere quando tutte queste piccole “aggiustatine” finiranno per diventare una valanga. Finché gli attivisti crederanno che il “contratto” non è né un inciucio né un’allenza i parlamentari a 5 Stelle sono in una botte di ferro.

Foto di copertina via ilblogdellestelle.it

 

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