Cosa succede in caso di ingovernabilità dopo il voto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-02-22

Cosa succede se nessuno riesce a raggiungere una maggioranza nemmeno in una delle due camere? Il Quirinale potrebbe dare un mandato – esplorativo – anche a Di Maio. E se non si trova nessun accordo, spazio al premier “tecnico”

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Mancano dieci giorni all’apertura delle urne e gli ultimi sondaggi prima del black out elettorale dipingevano una situazione in cui il centrodestra era vicino alla maggioranza in una delle due camere, cosa che spingerebbe il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a dare l’incarico di formare il nuovo governo a una personalità indicata da Berlusconi, Salvini e Meloni, che potrebbe a quel punto cercare voti “responsabili” in parlamento tra ex 5 Stelle ed eletti con il centrosinistra che abbiano voglia di sedersi attorno alla tavola imbandita.

Cosa succede in caso di ingovernabilità

Una scelta comprensibile da parte del Quirinale, che tuttavia deve ipotizzare anche l’altro scenario, ovvero quello dell’ingovernabilità: un recupero di voti dell’ultima ora tra gli altri due poli potrebbe invece portare a una situazione di stallo e sarebbe compito del presidente della Repubblica cercare di superarla, visto che l’idea del ritorno immediato al voto, sbandierata durante la campagna elettorale da molti leader politici, è appunto una risposta da campagna elettorale.

ingovernabilità dopo il voto

In questa ottica le consultazioni saranno decisive: nell’ipotesi del pareggio elettorale, con conseguente stallo, sarà compito del Quirinale cercare di mettere insieme forze che insieme raggiungano il 50% + 1 alla Camera e al Senato. Ma qui viene il difficile. Non solo Pd e Forza Italia, che del resto insieme potrebbero non avere i numeri sufficienti, ma anche e soprattutto con il coinvolgimento dei 5 Stelle, spiega oggi Umberto Rosso su Repubblica. E in questo quadro non sarebbe impossibile che a ricevere l’incarico sia proprio Luigi Di Maio, che però dovrebbe trovare una quadra possibile con il Partito Democratico e con Forza Italia.

Il Quirinale e l’incarico a Di Maio

Non sarebbe quello pieno, che il capo dello Stato vuol consegnare alla coalizione in grado di portargli numeri certi per la maggioranza, ma, spiega il quotidiano, “un “affidavit” che nel dispiegarsi dei varie tentativi del Quirinale per arrivare ad una soluzione della crisi, porterebbe il Movimento dentro il risiko delle trattative. Sdoganare e vincere le resistenze dei grillini ad una formula larghe intese non sarà semplice, ma l’inquilino del Colle sembra appunto intenzionato a provarci”.

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E se Di Maio, come probabile, non dovesse accettare per l’idiosincrasia del M5S alle alleanze, o non dovesse riuscire a trovare un accordo con Partito Democratico e Forza Italia, a quel punto sarebbe il momento della discesa in campo di una personalità “alla Monti”, come quella che trovò Napolitano dopo la caduta di Berlusconi.

L’ingovernabilità dopo il voto

Ilario Lombardo sulla Stampa invece spiega che ai vertici del M5S sono convinti che una composizione di alto profilo e trasversale, può più facilmente attrarre i voti del centrosinistra. Di Maio conferma che dialogherà con tutti, compreso il Pd, indebolito e magari non più a trazione renziana. Lo farà con in testa il progetto di un governo di scopo ma senza cedere dall’ambizione di essere però lui il premier. «E’ essenziale per dare un indirizzo politico».

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Il sondaggio di Cise per il Sole 24 Ore (16 febbraio 2018)

Una ipotesi che di certo porterebbe a non accettare una composizione di una maggioranza da parte delle altre “grandi” forze del Parlamento, visto che nessuno dei grandi partiti accetterebbe un appoggio esterno a un governo Di Maio.

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