Cosa ha detto davvero la Corte di Giustizia Europea su vaccini e sclerosi multipla

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-06-22

No, la Corte europea non ha riconosciuto la correlazione tra vaccino contro l’Epatite B e Sclerosi Multipla. La Corte UE ha semplicemente risposto ad alcune questione pregiudiziali della Cassazione francese circa il ricorso ad alcuni elementi probatori per dimostrare la sussistenza di un difetto nei vaccini in mancanza di prove scientifiche certe.

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Secondo alcuni quella della Corte di giustizia europea è una sentenza shock. Per altri è una decisione storica perché la Corte “non esclude” i danni da vaccino. In realtà la Corte UE non ha riconosciuto l’esistenza dei danni da vaccini. Per il semplice motivo che i danni da vaccino sono già riconosciuti dal nostro ordinamento nazionale. La materia sulla quale la Corte è stata chiamata in causa è un’altra. Si trattava di rispondere ad una domanda della Cour de cassation (Corte di cassazione) sulla possibilità di determinare la sussistenza di danni da vaccino in mancanza di consenso scientifico.

Come determinare in nesso causa-effetto per i danni da vaccini?

È quindi difficile che la sentenza della Corte apra la strada a ricorsi per dimostrare in tribunale la correlazione tra vaccini e autismo. Perché ci sono già studi scientifici che hanno dimostrato che non c’è alcuna relazione di causa effetto tra le vaccinazioni e l’autismo. Per capire cosa ha detto la Corte di giustizia europea nella sentenza emessa ieri è necessario riassumere il caso in oggetto. La causa vede contrapposti un cittadino francese (il signor W.) e i suoi eredi e la casa farmaceutica Sanofi Pasteur produttrice di un vaccino contro l’Epatite B. Il signor W. è stato vaccinato contro l’Epatite B con tre iniezioni praticate, successivamente, il 26 dicembre 1998, il 29 gennaio 1999 e l’8 luglio 1999. Nel mese di agosto 1999, il sig. W ha iniziato a manifestare vari disturbi, che hanno condotto, nel mese di novembre 2000, a una diagnosi di sclerosi multipla.

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L’aula della Corte di giustizia europea [foto via Twitter.com]
In seguito al progressivo aggravarsi delle sue condizioni di salute il signor W. è deceduto nel 2011. Nel 2006 il signor W. aveva intentato causa contro la casa farmaceutica Sanofi Pasteur. Il signor W. e i suoi famigliari sostengono che la concomitanza tra la vaccinazione e la comparsa della sclerosi multipla nonché la mancanza di precedenti personali e familiari del sig. W relativamente a tale patologia sono elementi sufficienti a consentire di poter parlare di un nesso di causalità tra l’inoculazione del vaccino e l’insorgenza della SM.

La storia della causa tra il signor W e Sanofi Pasteur MSD SNC

Il ricorso è stato accolto dal tribunal de grande instance de Nanterre nel  2009. La sentenza è stata successivamente riformata dalla cour d’appel de Versailles nel 2011. La corte d’appello ha affermato che gli elementi  erano “idonei a far sorgere presunzioni gravi, precise e concordanti quanto all’esistenza di un nesso di causalità tra l’inoculazione del vaccino in questione e l’insorgenza della malattia”, ma non quanto all’esistenza di un difetto di tale vaccino.
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Nel 2012 la Cour de cassation ha annullato la sentenza d’appello ritenendo che il giudice non avesse fornito una base giuridica alla propria decisione e che le prove presentate “non costituissero altresì presunzioni gravi, precise e concordanti” tali da dimostrare il carattere difettoso del vaccino. In seguito al pronunciamento della Cassazione il tribunale d’appello ha respinto, nel 2014, il ricorso del signor W. e della sua famiglia. Il giudice ha rilevato che “non vi era consenso scientifico a favore dell’esistenza di un nesso di causalità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla”. Inoltre era probabile che la malattia – la cui eziologia è sconosciuta – avesse iniziato il suo processo fisiopatologico diversi mesi prima del manifestarsi dei sintomi e della prima inoculazione del vaccino.
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Nella sentenza del 2014 la Corte d’Appello ha concluso che i criteri della prossimità temporale tra la vaccinazione e i primi sintomi e della mancanza di precedenti personali e familiari fatti valere dal ricorrente “non potevano costituire, insieme o separatamente, presunzioni gravi, precise e concordanti che consentivano di ravvisare la sussistenza di un nesso di causalità tra la vaccinazione e la malattia considerata”. I ricorrenti però hanno fatto nuovamente ricorso in Cassazione contro questa sentenza. La Corte ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia europea tre questioni pregiudiziali.

Cosa ha chiesto la Corte di Cassazione francese alla Corte di giustizia europea

La Cassazione francese non ha chiesto alla Corte UE di stabilire se esiste o meno il danno da vaccino nel caso in esame. La Cassazione ha interrogato la Corte UE a proposito dell’aderenza delle leggi nazionali francesi con le disposizioni della direttiva 85/374 che all’articolo 1 prevede che «Il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto». All’articolo 4 la direttiva UE recita «Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno». Sta quindi al danneggiato provare il danno e la correlazione tra difetto e danno. Ma fino a che punto?

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La sentenza della Corte di giustizia europea

Ci sono diversi studi – tra i quali uno condotto in Francia dal 1994 al 2003 sui bambini – che hanno dimostrato la non esistenza di una correlazione tra il vaccino contro l’Epatite B e la sclerosi multipla. La Corte UE però ritiene che l’articolo della direttiva UE 85/374 consenta al giudice nazionale di considerare gli elementi che “costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti” all’interno del quadro probatorio a concludere “la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia”. Il giudice nazionale però ha il compito di assicurarsi oltre ogni ragionevole dubbio che le prove a carico siano effettivamente  “gravi, precise e concordanti”. Da una parte la Corte UE ha voluto consentire ai cittadini di poter fare ricorso anche in mancanza di prove scientifiche, dall’altra ha voluto tutelare la case produttrici da ricorsi indiscriminati non sufficientemente fondati su prove concrete. Cosa quest’ultima che violerebbe l’onere della prova stabilito dall’articolo 4 della Direttiva. In base a questo articolo però secondo la Corte non è possibile utilizzare in maniera automatica il metodo di prova per presunzioni perché questo costituirebbe un rovesciamento dell’onere della prova e una violazione dello stesso articolo 4.

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