Cosa dice la sentenza del tribunale del lavoro di Milano sui vaccini

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-06-06

Il 10 novembre scorso la sezione Lavoro della corte d’appello di Milano ha condannato il ministero della Salute a risarcire una donna sottoposta nel 1975 a vaccinazione non obbligatoria. Vediamo cosa dimostra e cosa non dimostra la sentenza

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Ieri si è diffusa la notizia di una sentenza della sezione Lavoro della Corte d’appello di Milano che il 10 novembre scorso ha confermato quella emessa nel 2013 in primo grado dal Tribunale di Pavia condannando il ministero della Salute a risarcire una donna sottoposta nel 1975 a vaccinazione non obbligatoria contro poliomielite, tetano, difterite e pertosse in un ambulatorio della Asl per i danni che le ha cagionato il vaccino.

Cosa dice la sentenza del tribunale del lavoro di Milano sui vaccini 

L’unico giornale che oggi si occupa in maniera dettagliata della vicenda è il Corriere della Sera. Giuseppe Guastella, uno dei migliori cronisti giudiziari d’Italia, racconta con precisione la vicenda. All’epoca dei fatti la bambina, oggi 41enne, presentava uno sviluppo normale; dopo la somministrazione del vaccino cominciarono a manifestarsi i primi problemi: convulsione e anomalie nell’elettroencefalogramma.

Solo nel 2009, quando apparve chiara la relazione tra vaccino e malattia, il padre di quella che era ormai una donna chiese alla Asl che alla figlia fosse assegnato un indennizzo. Quando la commissione medica ospedaliera disse di no, con argomenti che i giudici d’appello definiscono «contraddittori», anche se non contestando la possibilità (conosciuta) che quel vaccino potesse portare all’encefalopatia, l’uomo (che è amministratore di sostegno della figlia,) fece causa al ministero.
Gli accertamenti conclusero che la bambina era affetta da una forma di epilessia che nel 60% dei casi, ha sottolineato il perito, deriva proprio da encefalopatia che, come riportato già allora nella letteratura medica, può essere tra le «reazioni avverse» di quel vaccino. Per il consulente, quindi, il vaccino era la causa «altamente più probabile».

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Fonte: AIFA.gov

Il medico non ha comunicato alla famiglia i rischi della vaccinazione

La ragazzina quindi con tutta probabilità ebbe una reazione avversa al vaccino. La cosa più importante però è che il medico della Asl che nel 1975 aveva somministrato alla loro bambina di sei mesi il vaccino tetravalente non li aveva informati che esso, come effetto collaterale già conosciuto in medicina, avrebbe potuto causare l’encefalopatia con strascichi pesanti sulla qualità della vita. Questa è la storia, che dimostra le seguenti evidenze:
– le reazioni avverse ai vaccini esistono, e in effetti nessuno le nega: non lo fanno le case farmaceutiche, non lo fa AIFA e non lo fa il Ministero della Salute;
– il tribunale ha riconosciuto che il medico non fornì alla famiglia le informazioni necessarie su un possibile nesso tra vaccino e patologia, poi insorta. Un rischio che era noto;
– la commissione medica ospedaliera che prese in esame il caso nel 2009 non contestò la possibilità che quel vaccino potesse avere come effetto collaterale l’encefalopatia;
– c’è una profonda differenza tra il numero di segnalazioni di sospette reazioni avverse e i casi effettivamente accertati;
– in questa storia non c’entra nulla il vaccino esavalente;
– dal momento che la vaccinazione è stata somministrata nel 1975 e la vicenda giudiziaria è iniziata nel 2009 i dati contenuti nel rapporto pubblicato ieri da AIFA non ne tengono conto. Il rapporto infatti prende in considerazione la data di insorgenza delle reazioni avverse segnalate. Tenendo conto del fatto che le segnalazioni a volte vengono fatte in ritardo AIFA ha aggiornato i dati riguardanti le segnalazioni di reazioni avverse per gli anni 2009-2013.

Leggi sull’argomento: Cosa dice il rapporto «segreto» dell’AIFA sulle reazioni avverse ai vaccini

 

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