Coronavirus: la falla nella prevenzione della sanità lombarda

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-02-24

Molto probabilmente, temono nel governo, la falla è da individuarsi nei controlli in Lombardia, regione al top delle classifiche per gli standard sanitari. Ma dove non è stato ancora trovato il paziente zero. Così come in Veneto

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«Può darsi che nei giorni iniziali ci sia stata qualche falla, ma abbiamo impiegato risorse umane e finanziarie incredibili»: Giuseppe Conte ieri ha ammesso che qualcosa non ha funzionato nella prevenzione del Coronavirus e per questo oggi l’Italia è il terzo paese al mondo per contagi. Dove? La Stampa scrive che molto probabilmente, temono nel governo, la falla è da individuarsi nei controlli in Lombardia, regione al top delle classifiche per gli standard sanitari.

Coronavirus: la falla nella prevenzione della sanità lombarda

In effetti è ancora un mistero chi sia il paziente zero in Lombardia: il manager di ritorno dalla Cina che secondo i sospetti aveva infettato Mattia non ha sviluppato gli anticorpi della malattia e questo, oltre al test del tampone negativo, fa pensare che quindi la malattia non sia partita da lui, anche se è ancora incomprensibile perché sia risultato malato anche il cognato che ha frequentato. Anche Angelo Borrelli, capo della protezione civile, intervistato dal Corriere della Sera ha puntato il dito sulla questione:

«C’è una spiegazione sociale, siamo un Paese con un alto tasso di vita sociale. Basterebbe vedere quella del trentottenne di Codogno, il cosiddetto“paziente uno”. Anche se…».

Anche se cosa, commissario Borrelli?
«Il problema sociale non basta come spiegazione».

E cosa serve?
«Ci manca di scoprirela causa primaria. Non siamo riusciti a individuare quello che in gergo è stato definito il “paziente zero”».

Che vuol dire?
«Che a oggi non sappiamo da dove è nato il primo contagio e soprattutto perché».

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La situazione del Coronavirus nel mondo (La Repubblica, 24 febbraio 2020)

L’Asl di Milano ha ingaggiato una squadra di matematici, fisici e medici per definire un algoritmo per calcolare le probabilità di ciascun ammalato o di un suo contatto ravvicinato di essere il paziente zero. Oggi, spiega ancora il Corriere, l’Unità Malattie Infettive dell’ATS sta lavorando per comprendere la catena del contagio.

La donna di 38 anni residente a Sesto ed Uniti che ha frequentato un infermiere di Codogno lavora in un’azienda con contatti con la Cina. Può essere lei che, a sua volta, ha infettato un amico di Pizzighettone? La strada pare già scartata. Poi spunta la coppia di medici infettata nel paese di Pieve Porto Morone: lei pediatra, lui medico di famiglia con ambulatori tra il Basso Lodigiano e il Pavese. La donna va a fare una lastra all’ospedale di Codogno il 18 febbraio. Ma nel Paese c’è anche un bar in cui possono esserci stati dei contatti sospetti. Anche questa pista forse è superata. E dalla Regione Lombardia al momento non arriva nessuna nuova indicazione. Un rompicapo, appunto. E se il «paziente zero» fosse un asintomatico che gira indisturbato?

Il paziente zero in Lombardia e in Veneto

Giampaolo Visetti su Repubblica spiega che Mattia, 38 anni di Codogno, è sempre considerato il “paziente uno”. Nel bar-pizzeria che ha frequentato a Castiglione d’Adda, i positivi sono quattro. A questi si aggiungono la moglie incinta e i genitori:

E’ attorno a questi sette malati, tutti collegati al “paziente uno” e all’ospedale di Codogno, che si concentrano le indagini «Stiamo verificando — dice Passerini — alcune circostanze. Per le conclusioni serve il riscontro delle analisi». La pista principale punta su una famiglia cinese di otto persone, titolare di un’attività a Codogno. Si trova a pochi passi dall’abitazione di Mattia, che l’ha frequentata due volte a inizio febbraio. Nessuno sarebbe rientrato in patria dopo lo scoppio dell’epidemia a Wuhan.

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Coronavirus: la mappa aggiornata delle zone dei contagi (Corriere della Sera, 24 febbraio 2020)

Sono però entrati in contatto con connazionali di una ditta fornitrice di Milano. La seconda pista porta invece a un italiano che fa consegne all’Unilever. Ha incontrato Mattia prima del 13 febbraio e ha avuto contatti con individui rientrati dalla Cina. «Solo il primo contagiato — dice il medico dell’ospedale di Codogno che ha curato Mattia — sa chi ha incontrato. È al San Matteo di Pavia, sta migliorando». La svolta è così rinviata al momento in cui Mattia, ancora intubato, potrà parlare.

Sembra incredibile, ma anche a Vo’ Euganeo in Veneto non si trova il paziente zero, ovvero la persona che ha infettato il 78 enne Adriano Trevisan, prima vittima italiana del virus venuto da Wuhan. Gli otto cinesi che confezionano pantaloni non sono stati, perché — hanno stabilito gli esami — non hanno e non hanno mai avuto il Coronavirus. Le autorità sanitarie venete sono convinte che il contagio sia avvenuto alla Locanda al Sole, il bar dove Trevisan andava a giocare a carte. La Locanda è anche un bed & breakfast, e infatti la task force messa in piedi dal governatore Luca Zaia sta rintracciando tutti i clienti che hanno dormito lì. Anche per Angela Denti Tarzia, terza vittima a Crema, non si sa come abbia contratto la malattia e si sospetta che c’entri qualcosa uno dei due ospedali che ha frequentato.

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Il Messaggero invece racconta che su Vo’ c’è ancora un particolare da chiarire: dopo che i carabinieri sono andati a prendere gli otto cinesi, tra i vicini c’è chi assicura di avere visto una donna fuggire.

Potrebbe essere scomparsa semplicemente perché irregolare. Potrebbe essere la paziente zero? Improbabile, visto che nessuno degli altri cinesi è positivo. Altro mistero: Mira, provincia di Venezia, contagiato un pensionato che per due volte era stato in ospedale, prima a Mirano, poi a Dolo, infine a Padova. A Dolo risultano altri tre contagiati, tutti del personale sanitario dell’ospedale. E anche in questo caso non c’è una traccia concreta per capire chi abbia contagiato il pensionato. Stesso rompicapo per una coppia di ultraottantenni di Venezia.

C’è solo una certezza: i tre focolai non sono collegati tra loro.

EDIT ORE 10,39: Potrebbe esserci una svolta nell’individuazione del possibile ‘paziente zero’ che ha diffuso il Coronavirus a Vo’. Un agricoltore 60enne di un paese vicino, Albettone (Vicenza), frequentatore dei bar di Vo’, era stato a Codogno e in altri centri del lodigiano, focolaio del virus in Lombardia, nelle scorse settimane, ed ora ha tosse e sintomi influenzali. Lo apprende l’ANSA dal sindaco di Vo’, Giuliano Martini. “Abbiamo avvisato l’Usl di competenza e il sindaco di Albettone, ora il 118 lo porta a fare tampone”.

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