La storia dell'impiegato dell'ufficio stampa fatto denunciare per un post sul blog di Grillo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-17

Chi paga davvero per la diffamazione sul blog di Grillo? Annalisa Cuzzocrea su Repubblica racconta un aneddoto riferitole da un deputato: «La Casaleggio ha dato il nome di un impiegato dell’ufficio stampa ai pm, che l’hanno perseguito. Con questo sistema paga l’ultimo della catena»

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La faccenda della paternità di post e cinguettii che comunemente attivisti, giornalisti ed avversari politici sono soliti attribuire a Beppe Grillo potrebbe avere dei risvolti inaspettati e cambiare le dinamiche della comunicazione pentastellata. L’avvocato di Grillo fa sapere che il Capo Politico del MoVimento “non è responsabile, quindi non è autore, né gestore, né moderatore, né direttore né titolare del dominio, del blog né degli account twitter, né dei tweet e Facebook, non ha alcun potere di direzione e controllo sul blog né sugli account twitter e su ciò che viene postato“, Grillo sostiene che i post firmati non sono suoi perché non sono firmati e Luigi Di Maio invece annuncia con soddisfazione che di post “anonimi” sul blog di Grillo non ci sono più.
movimento 5 stelle autori blog - 1

La “rivolta” degli scribi

Ed è vero, su beppegrillo.it e sul sito gemello ilblogdellestelle.it di post “non firmati” da qualche mese non ne vengono più pubblicati. Ma solo perché sono stati sostituiti da quelli firmati “MoVimento 5 Stelle”. Chi sono gli autori di quegli articoli che spesso e volentieri riassumono la linea politica o le posizioni del M5S su una data questione? Nessuno lo sa e Grillo, in nome della trasparenza, non lo dice. Possiamo immaginare che a coordinare il lavoro sul blog ci sia Pietro Dettori, uno dei fedelissimi di Gianroberto Casaleggio recentemente diventato responsabile editoriale dell’Associazione Rousseau. Ma la struttura della comunicazione a 5 Stelle è molto rigida e prevede che a dirigerla ci siano tre persone: Rocco Casalino per il Senato, Ilaria Loquenzi per la Camera e Cristina Belotti per quanto riguarda gli Europarlamentari. Sono loro – si dice soprattutto Casalino – a decidere cosa devono dire i portavoce e se uno degli eletti del 5 Stelle possa rispondere ad una domanda su una particolare questione. I tre responsabili della comunicazione controllano quindi la libertà di parola degli eletti e di conseguenza anche gli interventi firmati dei vari Di Battista, Di Maio, Fico che vengono pubblicati sui blog ufficiali del partito. Ma chi scrive gli altri interventi, quelli non firmati? Secondo quanto scrive Annalisa Cuzzocrea su Repubblica gli autori sono gli addetti stampa dei parlamentari del MoVimento e sarebbero loro a rischiare quindi di essere chiamati a rispondere in caso di eventuali querele:

La grana del blog senza padri, però, ha creato scompiglio nei gruppi della comunicazione. Perché se nessuno si assume la responsabilità dei post anonimi e collettivi (la maggior parte sul sito Parlamentari5stelle, affiliato a beppegrillo.it), sono i semplici impiegati dell’ufficio stampa a rischiare le denunce per diffamazione minacciate da Matteo Renzi.

Per la verità il sito parlamentari5stelle non esiste, esiste invece la sezione parlamento sul sito (un altro) del MoVimento 5 Stelle. La sostanza cambia di poco perché a quanto pare, rivela la Cuzzocrea, gli impiegati dell’ufficio stampa non avrebbero molto gradito il modo con cui i vertici del partito hanno gestito la questione delle responsabilità sui post e gli articoli “non firmati”. Repubblica riporta anche alcuni virgolettati attribuiti agli addetti stampa e ad un deputato dove si menziona un caso in cui la Casaleggio avrebbe fatto il nome di uno degli impiegati ai PM i quali l’avrebbero poi perseguito:

«D’ora in poi faremo firmare i post agli eletti, che hanno altre tutele», è stato proposto ieri. Ma non vale per il passato. «C’è già un caso – racconta un deputato – la Casaleggio ha dato il nome di un impiegato dell’ufficio stampa ai pm, che l’hanno perseguito. Con questo sistema paga l’ultimo della catena. Grillo non ci ha pensato?»

Se così fosse il Garante e Capo Politico del MoVimento a quanto pare non sarebbe in grado di tutelare le persone che lavorano per il partito. Ma soprattutto emergerebbe che a pagare per gli insulti e quelle uscite infelici della comunicazione pentastellata sono i contribuenti italiani. Certo, in nome della trasparenza forse sarebbe il caso che i 5 Stelle aprissero il loro Parlamento come una scatoletta di tonno per far capire agli italiani come funzionano.

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