Brexit, sondaggi e referendum

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-06-12

Le rilevazioni danno i sostenitori del Leave in vantaggio di dieci punti. Cameron scende in campo. Le conseguenze economiche e i provvedimenti delle banche centrali. Mentre l’Olanda accarezza l’idea della Nexit

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Il referendum sulla Brexit si avvicina e i sondaggi sono ormai pluriquotidiani, e a volte in disaccordo: se il Financial Times dà ancora in (lieve) vantaggio il fronte pro-Ue capitanato dal premier David Cameron, l’istituto Orb registra il «sorpasso» — addirittura di dieci punti — degli euroscettici guidati dall’ex sindaco di Londra, Boris Johnson. Ed è proprio contro di lui che si sta concentrando il contrattacco dei fedelissimi di Cameron, che questa mattina tornerà a parlare in tv alla nazione, durante un popolare talk show della Bbc. Intanto oggi sono usciti i suoi appelli sul giornale: “Brexit creerà un buco nero tra i 20 ei 40 miliardi di sterline nelle nostre finanze e così i nostri ministri dovranno rivedere la riforma delle pensioni”, avverte Cameron sul Sunday Telegraph minacciando il rischio di una “nuova austerity”. “Se voterete ‘Leave’ molti dei nostri progetti salteranno”, spiega il premier. “Dovremo rinegoziare un trattato con la Ue e potrebbero volerci dieci anni e sarebbero dieci anni persi per la Gran Bretagna”. Se voterete ‘Remain’, è l’appello di Cameron, “avrete un paese stabile e certezza per la vostra via”. “Vi assicuro che se restiamo nell’Ue – promette il premier dalle colonne del quotidiano conservatore – il nostro paese avrà le risorse finanziarie per mantenere i benefit ai pensionati. E possiamo proiettarci verso la creazione di più lavoro, più case e più opportunità per i vostri bambini e i vostri nipoti”.

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Sondaggi e scommesse sul Brexit (La Stampa, 12 giugno 2016)

Brexit, sondaggi e referendum

Non è stato l’unico a parlare. In una intervista a Der Spiegel, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha escluso che la Gran Bretagna, in caso di Brexit, possa continuare a beneficiare dei vantaggi del mercato unico. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha messo in guardia contro il probabile effetto domino, ossia il rischio che altri membri dell’Ue imitino un’eventuale Brexit. Ma intanto a fare banco sono i risultati dei sondaggi. Scrive la Stampa:

In seguito agli ultimi sondaggi, in particolare quello pubblicato dall’«Independent» che dà 10 punti di vantaggio al fronte anti-Ue, alcuni allibratori hanno rivisto le quote. Secondo la Reuters, per Betfair, la probabilità di una vittoria Brexit è salita al 32% dal 22% dei giorni precedenti al sondaggio. La stessa probabilità data da Ladbrokes (in crescita dal 27%). «Pensavamo che la rimonta di Brexit si fosse esaurita, ma le quote sono precipitate dopo il sondaggio clamoroso dei 10 punti», ha detto un portavoce di Ladbrokes all’agenzia.
Il portavoce ha spiegato così la differenza tra i sondaggi e le quote dei bookmaker: «Un sondaggio è una fotografia istantanea delle intenzioni di voto in un determinato momento; il mercato delle scommesse è un mercato delle previsioni». «Da quando abbiamo cominciato ad accettare scommesse su questo – ha continuato l’80% dei soldi sono stati puntati sul fronte Remain». La reputazione degli istituti di ricerca è ai minimi storici dopo che non sono stati capaci di prevedere la vittoria dei conservatori alle elezioni dello scorso anno. E così molti guardano ai bookmaker, anche nei mercati finanziari. E gli allibratori, con un voto tanto sentito, si aspettano un record di scommesse.

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Le conseguenze della Brexit e il referendum (La Repubblica, 12 giugno 2016)

La Bank of England ha già annunciato la predisposizione di un fondo d’emergenza per assicurare liquidità alle banche. Una prima iniezione dovrebbe avvenire già questa settimana, ma le operazioni sarebbero rafforzate all’esito del voto, in caso di vittoria del leave. Francoforte si muoverebbe nella stessa direzione. Le banche centrali tenterebbero anche di controllare le oscillazioni dei cambi. In caso di turbolenze eccessive sui mercati azionari toccherà poi alle competenti autorità di vigilanza intervenire con provvedimenti per limitare compravendite speculative ed eccessive oscillazioni. Ma dal punto di vista europeo il fronte più delicato è quello strettamente politico. Anche se l’uscita dall’Unione (a differenza di quella dalla moneta unica) è contemplata dai Trattati e prevede un percorso regolamentato, il passo indietro di Londra sarebbe un evento di portata storica. E quindi in quanto tale metterebbe automaticamente in discussione tutto l’edificio nato ufficialmente a Roma nel 1957. Una volta rotto il tabù, altri Paesi potrebbero trovarsi ad affrontare una forte pressione dei movimenti anti-Ue. È il caso ad esempio dell’Olanda, che però a differenza della Gran Bretagna, cui è molto legata per motivi storici, culturali ed economici, fa anche parte della moneta unica. Altri focolai potrebbero accendersi nei Paesi dell’Est. L’effetto domino potrebbe tradursi in una dissoluzione dell’Europa. Fernando Giugliano su Repubblica intanto ci enumera le conseguenze della Brexit su Italia e UE:

Uno scenario probabile in caso di uscita è che gli investitori decidano di spostare i loro soldi in titoli più sicuri: nel mercato dei titoli di Stato è possibile immaginare un aumento dello spread tra i rendimenti dei Btp italiano e dei Bund tedeschi, anche se il quantitative easing della Banca Centrale Europea dovrebbe aiutare a limitare questo rischio. Per l’Italia, il pericolo più forte riguarda le banche, che sono in forte difficoltà sui mercati dall’inizio dell’anno e che potrebbero subire una nuova ondata di perdite. Per quanto riguarda gli effetti di lungo periodo, non esistono previsioni attendibili, anche se uno studio di UniCredit ha stimato che Irlanda, Lussemburgo e Malta potrebbero essere i Paesi più esposti. In generale, molto potrebbe dipendere dalla capacità degli altri Stati della Ue di convincere gli investitori che dopo Brexit l’Unione non perderà altri pezzi.

Brexit e Nexit

E dopo la Brexit potrebbe toccare alla Nexit. A coniare la nuova espressione è il populista olandese Gert Wilders che sull’onda dell’entusiasmo euroscettico auspica su Twitter l’uscita dell’Olanda (Nederland) dall’Unione europea. E il temuto ‘effetto domino’ del referendum del 23 giugno comincia a prendere forma. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfang Schaeuble lo ha detto chiaramente allo Spiegel che “non si può escludere” che altri Paesi seguano l’esempio della Gran Bretagna in caso di una vittoria dei ‘Leave’. E aveva citato proprio l’Olanda, “stretto alleato del Regno Unito”. Oggi è stata la ministro degli Esteri svedese Margot Wallstrom in un’intervista alla Bbc a lanciare l’allarme sul rischio che l’Europa finisca in frantumi. Gli altri Paesi, ha sostenuto, potrebbero pensare: “Beh, se loro possono andarsene forse anche noi dovremmo tenere un referendum e forse anche noi dovremmo andarcene”. Ma anche nel caso in cui vincessero i pro-Ue, ha avvertito Wallstrom, ci possono essere conseguenze negative se anche gli altri Stati della Ue chiedessero gli sconti e gli ‘opt-out’ che il Regno ha ottenuto negoziando sotto la minaccia del referendum. L’Olanda, dove il partito di Wilders anti europeo e anti immigrati sarebbe in grado di sedurre un elettore su quattro, non è l’unico Paese europeo in cui gli euroscettici potrebbero cavalcare l’onda britannica. In Francia c’è Marine Le Pen, in Ungheria Viktor Orban, in Italia Matteo Salvini. Secondo uno studio pubblicato in settimana dal centro di ricerche americano Pew Research Center, la percentuale degli europei che ha un’opinione positiva dell’Ue è crollata nell’ultimo anno, causa crisi migranti e politiche di austerity. Solo il 38% dei francesi interpellati, ad esempio, il 17% in meno dell’anno scorso, sostiene l’Unione europea. In Spagna la percentuale è del 47%, 16 punti percentuali in meno. Meglio in Germania, dove è dalla parte dell’Ue il 50% dei tedeschi con un calo solo dell’8% rispetto all’anno precedente. Quale che sia il risultato del referendum, insomma, il giorno dopo l’Europa non sarà più la stessa.

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