Il blocco dei porti tra una settimana al via (ma…)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-06-30

Tra una settimana l’Italia bloccherà l’attracco di una prima nave e lo sbarco dei migranti, fanno sapere i giornali. Ma il ministro Delrio: «Nessun porto chiuso». Eppure il blocco dei porti non si può fare

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«Nessun porto chiuso, lo dico da responsabile della Guardia costiera e delle operazioni di soccorso ai migranti. Non stiamo rinunciando a quei princìpi di umanità che l’Italia ha messo in campo con Renzi e Gentiloni». Graziano Delrio nell’intervista al Corriere della Sera è piuttosto chiaro sulla questione del blocco delle navi, e infatti sui giornali si dice invece tutt’altro: l’Italia è pronta a bloccare i porti a partire dal 6 luglio senza risposte concrete da parte dell’Europa.

Il blocco dei porti tra una settimana

Secondo Il Messaggero a Tallinn, al primo incontro sotto la presidenza dell’Estonia, il ministro Marco Minniti misurerà le reazioni dell’Ue alla provocazione italiana di chiudere i porti alle navi delle organizzazioni non governative che abbiano bandiera di altri paesi, ma sembra già chiaro che non arriveranno risposte concrete alla “crisi” italiana. L’ultimatum solo una formalità e così, alla fine della prossima settimana, o al massimo tra una decina di giorni, la sfida potrebbe diventare realtà, come nel 2004, l’Italia bloccherà l’attracco di una prima nave e lo sbarco dei migranti. «Un dato è certo: il governo non intende fare marcia indietro e accontentarsi delle promesse che, a fronte degli sforzi richiesti dall’Europa, non sono mai state mantenute», sostiene il quotidiano. La stessa cosa scrive il Corriere della Sera:

La scadenza è stata fissata per mercoledì prossimo quando a Tallinn, in Estonia, si riuniranno i ministri europei di Interno e Giustizia. Se entro quel giorno non arriveranno «risposte dall’Unione Europea sulla gestione dell’emergenza migranti», l’Italia è pronta a far scattare il primo blocco navale. Non c’è alcun annuncio ufficiale, ma la dichiarazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che si aspetta «impegni concreti in quella sede», fa ben comprendere quale sia la strategia pianificata dal governo. In realtà appare improbabile che sette giorni siano sufficienti per convincere gli Stati della Ue a fornire collaborazione.

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E dunque è possibile che Roma voglia tentare un’azione di forza proprio per misurare le reazioni a livello internazionale, ma anche la tenuta «interna». Al di là del plauso di numerose forze politiche, bisognerà infatti vedere se di fronte al divieto di attracco per le navi straniere che trasportano migranti, il fronte che adesso appare compatto continuerà a reggere. Di questo dovrebbe parlare il ministro dell’Interno Minniti con i colleghi francese e tedesco in un incontro che si sta cercando di organizzar ea Bruxelles tra lunedì e martedì in vista del vertice allargato.

Eppure il blocco dei porti non si può fare

Eppure il blocco dei porti non si può effettuare senza violare norme e regolamenti internazionali. Chiudere i porti italiani allenavi battenti bandiera di Stati stranieri è impossibile perché illegale, violerebbe leggi e trattati sottoscritti dall’Italia, a partire da quello di Dublino:il Paese di primo approdo deve farsi carico dell’accoglienza. Spiega oggi Giampiero Calapà sul Fatto:

Il primo problema che si porrebbe, intanto, è come attuare la “chiusura dei porti”. L’unica strada possibile è quella del blocco navale, utilizzando anche la forza per impedire l’accesso alle navi non gradite. Sarebbe logicamente da considerarsi come un’aggressione nei confronti dei Paesi che sono sede formale delle Ong, oltre che una potenziale barbarie catastrofica per l’immagine dell’Italia nel mondo; per fare un esempio di cosa potrebbe succedere: un’imbarcazione carica di migranti salvati in mare, magari con le insegne di Medici senza frontiere, fermata vicino a un porto siciliano con le armi puntate contro da mezzi dello Stato italiano. La strada del blocco navale è, quindi, impraticabile.

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Non solo. La Convenzione di Amburgo del 1979, ratificata dall’Italia dieci anni dopo con la legge numero 147 e attuata con decreto della Presidenza della Repubblica numero 662 del 1994 pone dei paletti ben precisi: gli sbarchi devono avvenire nel primo “porto sicuro”, laddove per porto sicuro s’intende il più vicino in grado di fornire assistenza e accoglienza, motivo per cui spesso Malta, troppo piccola con i suoi 316 chilometri quadrati di superficie, viene esclusa dalle rotte. E non finisce qui:

C’è anche il Testo unico sull ’immigrazione approvato nel 1998. L’articolo 10 vieta la possibilità di respingere persone che richiedano di ottenere protezione internazionale, quindi è impossibile per la legge italiana scacciare dalle nostre acque imbarcazioni con migranti di cui anche uno solo volesse richiedere diritto d’asilo: impossibile verificarne la presenza in mare.

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Richieste d’asiolo presentate in Europa (La Repubblica, 30 giugno 2017)

L’Italia è stata già condannata in passato per i respingimenti. Con il blocco dei porti si rischia di fare il bis, di violare le leggi, di finire sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Forse ha ragione Delrio: stiamo scherzando.

Leggi sull’argomento: Perché bloccare i porti alle ONG non risolverà il problema dei migranti

 

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