Il ballo del burkini

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Puntuale ogni estate si ricicla la polemica sul burkini. Adesso è Valls a sposare il divieto. Occupando così le prime pagine e il dibattito e tentando di far dimenticare il disastro dell'economia francese e le falle della sicurezza negli attentati terroristici. In Italia la Lega gli va dietro. Ma non sarebbe meglio impegnarsi a difendere davvero la società invece che misurare i centimetri di pelle scoperta?

In Francia il premier Manuel Valls vuole vietare il burkini, spiegando che è “incompatibile con i valori francesi”. In Italia parte il coretto di quelli che vorrebbero rendere illegale l’Islam e la sceneggiata della Lega. Il burkini, ovvero quello che i giornali chiamano impropriamente la “versione estiva del burka” quando in realtà col burqa ha poco a che fare perché il volto è scoperto, non è certo una novità dell’estate 2016. Di fatto è una sorta di “costume da bagno” per donne musulmane. E a meno di non voler stabilire una volta per tutte l’equivalenza tra musulmani (anzi musulmane) e terroristi non si capisce come il burkini, ovvero un indumento, possa essere una minaccia alla sicurezza.

Matteo Salvini con due donne che indossano un tipico burqa cattolico



Terrorismo balneare

Il punto è che invece che presidiare il boulevard di Nizza, o sotto schiaffo per non averlo fatto (con tanto di accuse al ministero dell’Interno), Valls sta usando la questione del burkini per solleticare l’ostilità dei francesi all’Islam e al tempo stesso fare finta di essere pronti a fronteggiare il terrorismo. La questione è puramente politica quindi, il premier francese sta solo cercando consensi. In fondo in cosa sono diversi i burkini dai completi indossati dalle atlete egiziane del beach volley? Se quelli vanno bene per lo spirito olimpico e i suoi ideali di pace e fratellanza l’equivalente balneare non dovrebbe fare eccezione. Soprattutto in Occidente, dove tra i valori fondanti c’è quello dell’autodeterminazione dell’individuo (anche quello di sesso femminile).


Certo, la questione è ulteriormente complicata perché succede anche che chi indossa il burkini (o il velo islamico) non lo fa per libera scelta ma per imposizione (naturalmente maschile). È un problema importante, sentito, che ha a che fare con la libertà di disporre del proprio corpo, ma dall’altra parte c’è anche la questione di dove dire alle donne (musulmane questa volta, domani chissà) quello che devono o non devono fare. Ma questo, di nuovo, non ha nulla a che fare con la sicurezza. Né tanto meno riguarda il terrorismo. Ad oggi gli attentati compiuti da cittadini di religione musulmana sono stati organizzati e portati a compimenti nella quasi totalità dei casi da uomini e non da donne. Uomini che non indossano il burkini in spiaggia. La questione, dicono alcuni, è che la presenza di donne così vestite potrebbe “esacerbare gli animi” e causare reazioni violente. Così si legge nell’ordinanza del 28 luglio dove è spiegato che “Una tenuta da spiaggia che ostenta un’appartenenza religiosa, in un momento in cui la Francia e i luoghi di culto sono al centro di attacchi terroristici, rischia di creare problemi di ordine pubblico che è necessario prevenire“. Valls ha anche spiegato che il burkini è una moda e addirittura la traduzione un progetto politico:



Le spiagge, così come ogni altro spazio pubblico, devono essere preservate dalle rivendicazioni religiose. Il burkini non è una nuova linea di costumi da bagno, una moda. È la traduzione di un progetto politico, di contro-società, fondato tra l’altro sull’asservimento della donna. Dietro il burkini c’è l’idea che per natura le donne sarebbero impudiche, impure, che dovrebbero dunque essere completamente coperte. Questo non è compatibile con i valori della Francia e della Repubblica. Di fronte alle provocazioni, la Repubblica deve difendersi.

La questione del burkini è talmente una “novità” che già nel 2009 c’era chi faceva servizi sotto copertura per vedere che effetto faceva indossarlo.

Ma come sempre è l’eterno ritorno dell’uguale

Del resto la battaglia sul burkini è una dei classici della Lega Nord in versione estiva. E sulla questione è illuminante leggere il parere del Senatore Lucio Malan, uno che di diritti civili se ne intende (leggiamo insieme i suoi emendamenti alla Cirinnà):

È preoccupante che il ministro Alfano dica che non bisogna vietare il burkini perché questo sarebbe una provocazione che attira attentati. È molto pericoloso dire che le nostre leggi devono essere fatte in funzione del pericolo che i fanatici islamisti si offendano e dunque ci attacchino. Dobbiamo decidere se vietare o meno il burkini in base a cio’ che riteniamo giusto, e coerente con la nostra civilta’. Guai a far capire che basta la minaccia sottintesa di attentati per farci cambiare leggi e abitudini. Vorrebbe dire che i terroristi islamisti hanno vinto la loro guerra il cui obiettivo e’, ne’ piu’ ne’ meno, la sottomissione dell’Europa al loro folle regime teocratico

E fa bene quindi il Ministro dell’Interno Alfano a non farsi tirare per la giacca dai leghisti e dagli ultrà dell’anti-islamismo, ovvero le stesse persone che accomunano ISIS e Islam, terroristi e donne in spiaggia in vacanza.