Perché le concessioni delle Autostrade sono coperte dal segreto di Stato?

Categorie: Economia, Fact checking

Proroghe, concessioni affidate senza gara e pochissima trasparenza per quanto riguarda gli Atti Convenzionali stipulati tra lo Stato e le società concessionarie hanno impedito i controlli da parte degli enti regolatori e consentito alle concessionarie di accumulare ingenti guadagni

Il disastro del Ponte Morandi dell’autostrada A 10 a Genova ha fatto tornare nuovamente sotto i riflettori la vicenda delle concessioni autostradali ovvero di quei tratti di autostrada che lo Stato ha affidato alla gestione di società private. Autostrade per l’Italia, società fondata dall’IRI è ora di proprietà del gruppo Atlantia Spa che gestisce 2.964,6 km di autostrade su una rete totale di 6.668 km. C’è poi un’altra ventina di società che hanno stipulato con il Ministero dei Trasporti (e in passato con l’ANAS) convenzioni per la gestione delle tratte autostradali e la riscossione dei pedaggi.  Altre tratte sono date in concessione ad enti pubblici mentre l’Anas gestisce direttamente poco meno di mille km di autostrade (sui quali non si paga pedaggio).



La “trasparenza” del MIT sulle concessioni autostradali

Dal 2012 è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a stipulare le convenzioni con i concessionari. Convenzioni che però sono state tutte rinnovate senza alcuna gara pubblica. Si è passati così da un monopolio pubblico ad un monopolio privato. Ad esempio quella con Autostrade per l’Italia scadrà nel 2038; ma ce ne sono di più longeve come quella con Società Autostrada Tirrenica Spa, in scadenza nel 2046 e quella con la Società Italiana Traforo Monte Bianco (2050). Fino al gennaio del 2018 le convenzioni autostradali erano coperte dal più fitto e impenetrabile segreto di Stato. Successivamente l’allora ministro dei Trasporti Graziano Delrio decise di mettere in atto un’operazione trasparenza facendo pubblicare sul sito del MIT gli atti che gli Atti Convenzionali che regolano le concessioni autostradali sulla rete a pedaggio.



 

Da diverso tempo infatti l’Authority per i trasporti (ART) chiedeva che i contratti fossero resi pubblici, anche in ragione dei continui aumenti tariffari. In un’indagine del 2015 anche la Banca d’Italia sottolineava come la «mancanza di informazioni adeguate sui piani economico-finanziari» rendesse «difficile valutare la congruità dell’evoluzione tariffaria effettiva e la sua coerenza coi principi regolatori e normativi stabiliti». Insomma non potendo venire a conoscenza della parte finanziaria della convenzione non era possibile capire se l’aumento delle tariffe fosse congruo e da cosa fosse giustificato. Ad esempio da oneri di manutenzione o di ammodernamento dell’autostrada data in concessione. E nei documenti resi pubblici sul sito del Ministero manca proprio la parte finanziaria.



Perché mancano i riferimenti finanziari?

La trasparenza quindi, di fatto, non c’è. Basta ad esempio scaricare l’Atto Convenzionale con Atlantia per accorgersi che mancano numerosi allegati. Nel caso di Autostrade per l’Italia sul sito del Ministero dei Trasporti mancano 17 dei 25 allegati totali alla concessione del 2007 e al suo atto aggiuntivo del 2013. La situazione è analoga per gli altri concessionari. Scriveva nel 2015 l’ART, l’ente regolatore dei trasporti che dovrebbe avere il compito di indagare anche sulle concessioni autostradali che «la capacità dell’Autorità di predisporre modelli per la regolazione delle nuove
concessioni sarebbe rafforzata dalla disponibilità di dati gestionali sulle concessioni oggi detenuti in via esclusiva dalla struttura organizzativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cui è
attribuita la vigilanza sui concessionari autostradali». L’Authority sottolineava come i documenti relativi alla parte finanziaria «consentirebbero, fra l’altro, di distinguere correttamente gli investimenti aggiuntivi attribuiti da quelli già previsti nelle convenzioni in essere e non realizzati».

 

In buona sostanza nemmeno l’ente preposto al controllo (che è diventato operativo ben 17 anni dopo le privatizzazioni) ha la possibilità di valutare se il concessionario sta adempiendo pienamente a quanto stipulato nella convenzione. E si tratta di un’informazione importantissima perché – come spiegava Vitalba Azzolini su Phastidio – è ciò che consente di valutare l’aumento dei pedaggi e di verificare se essi siano dovuti ad investimenti programmati per il passato e ad investimenti futuri. In questo modo di fatto i concessionari possono aumentare le tariffe a piacimento senza che nessun ente regolatore possa mettere bocca sulla decisione. A rendere ancora più opaca la situazione è intervenuto il decreto  n. 133 del 2014, il cosiddetto Sblocca Italia che consente di prorogare la concessione senza gara pubblica in cambio di investimenti sulle tratte. Investimenti che però non si sa quali siano, né si sa se sono “vecchi” investimenti “riproposti”.

Fonte: La Voce.info

I cittadini si devono fidare. Di chi è la responsabilità se le convenzioni secretate? Della politica e dei governi che si sono succeduti da quando le autostrade sono state privatizzate. Il grande regalo fatto dai politici – che in alcuni casi avevano da coltivare le reti clientelari – è stato duplice. Il primo è stato il fatto di affidare le concessioni senza gara, quindi al di fuori di un regime di concorrenza e di libero mercato. Il secondo è stato proprio quello di rendere inaccessibili i contenuti delle convenzioni impedendo all’ART (ma anche ad ANAC o a Banca d’Italia) di verificare la congruità degli aumenti e il fatto che i concessionari rispettassero il piano di investimenti.

Leggi sull’argomento: Cosa succede se il governo revoca la concessione di Autostrade per l’Italia