La storia della foto della donna con il velo e dell'attentato di Londra

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-23

Non sappiamo nulla di quella donna e difficilmente dalla foto possiamo dire che è una pericolosa terrorista. Ma per i razzisti dell’Internet lo è di sicuro. La prova? Indossa il velo quindi è musulmana

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Una donna cammina con fare indifferente tra i feriti dell’attentato di mercoledì 22 marzo sul Westminster Bridge a Londra. La donna indossa un hijab, il velo islamico, e per questo motivo è diventata “il simbolo” dell’indifferenza dei comuni cittadini di fede musulmana nei confronti degli attacchi terroristici perpetrati dai loro correligionari. La tesi di chi diffonde questa immagine è semplice: tutti i musulmani sono da considerarsi egualmente responsabili degli attacchi terroristici. Niente di nuovo, è il solito discorso di chi vuole cacciare fuori tutti gli stranieri e dichiarare guerra all’Islam.
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Quella donna non è una terrorista, chi strumentalizza la foto invece è un razzista

Queste persone, che solitamente passano il loro tempo a lamentarsi che “nei loro paesi” non si possono costruire chiese e che non sanno distinguere il Marocco dall’Arabia Saudita, vorrebbero spiegarci con un’immagine che non possiamo più convivere con i musulmani perché tutti loro – in fondo – ci odiano. Sono persone che quando veniva spiegato che la responsabilità penale è individuale e non collettiva evidentemente erano assenti oppure stavano ascoltando un comizio di Matteo Salvini. Non importa che l’attuale sindaco di Londra sia di religione musulmana (sunnita per di più) perché quello che conta è quell’unica singola immagine. Non è solo una questione di estrapolare la foto dal suo contesto, quella donna si sta allontanando dal luogo di un attentato, o di cercare di giustificar in qualche modo quello che sta facendo: non sappiamo cosa stesse facendo, cosa abbia fatto prima e cosa abbia fatto dopo. Mentre si allontanava qualcun altro stava girando un video col cellulare, non sappiamo però se fosse bianco o nero, cristiano o musulmano.

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Lo psichiatra Alessandro Meluzzi ci spiega il terrorismo

Se pensate che la discussione razzista e xenofoba sulla donna con il velo sia appannaggio dei soliti siti che rimestano nella fogna dell’Internet vi sbagliate. Ci sono fior fiore di autorevoli psichiatri da salotto televisivo – un Alessandro Meluzzi a caso hanno usato la stessa immagine, diventata meme, per spiegarci che la nostra società così non può funzionare, che è troppo aperta e che dobbiamo riflettere su quanto sta succedendo all’Occidente ormai preda dell’invasione islamica. Aveva ragione Oriana Fallaci, gli fanno eco in molti sul suo profilo Twitter dove in queste ore si stanno radunando le variopinte armate dei crociati pronti a difendere l’Europa.
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Poi saltano fuori foto di altri passanti che invece che precipitarsi a soccorrere i feriti o assistere alle operazioni di soccorso se ne vanno per strada più o meno “tranquillamente”. Niente da dire contro di loro? Nemmeno un tweet sull’indifferenza dell’europeo contemporaneo assuefatto dalla violenza? La sociologia d’accatto evidentemente funziona solo in presenza di “prove schiaccianti”.

Come è prevedibile ci sono molte persone che mostrano (perché non sappiamo nemmeno loro cosa realmente stessero facendo) lo stesso atteggiamento “indifferente” mostrato dalla donna velata. Di loro però non si parla e il motivo è semplice: non sappiamo se sono musulmani (eppure potrebbero esserlo). Non sappiamo nemmeno se tra i soccorritori – passanti che si sono fermati a prestare aiuto o medici e paramedici – ci sono musulmani. Eppure anche tra di loro potrebbero essercene.
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C’è chi utilizza l’immagine per dire no allo Ius Soli, anche se l’immagine è stata scattata a Londra e non in Italia, anche se lo Ius Soli britannico è una versione molto temperata dello Ius Soli e soprattutto senza sapere se la donna è una cittadina britannica o meno. Come è facile capire sono più le cose che non sappiamo di quelle che sappiamo a proposito della donna di quella foto (che magari tra qualche giorno dovrà anche rilasciare una dichiarazione). Quella foto però ci aiuta a sapere molto su chi la condivide e la strumentalizza, ad esempio che sono dei razzisti.

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