“AstraZeneca funziona benissimo, ma per gli under 50 meglio un altro vaccino”

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Lo ha detto Giuseppe Remuzzi dell'Istituto Mario Negri, intervenendo sui casi sospetti di emorragia cerebrale tra gli under 50 vaccinati con AstraZeneca

AstraZeneca, in generale, funziona benissimo per tutte le categorie di persone e protegge nella malattia grave al 100%, anche sopra i 60 anni, ma esiste un problema piccolo nelle dimensioni ma reale: questo vaccino nelle persone che hanno tra i 20 e i 50 anni, per il 90% donne, può indurre una forma rarissima di trombosi del seno venoso cerebrale”. Ne è convinto Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerca farmacologiche Mario Negri, che, intervenendo ad “Agorà”, su Rai 3, ha preso una posizione molto chiara sulla vicenda AstraZeneca, mettendo insieme i dati e i numeri (che confermano l’assoluta bontà del vaccino) con una ragionevole prudenza, alla luce di pochi ma comunque significativi casi di sospetti trombosi cerebrale in uomini e soprattutto donne sotto i 50 anni che – anche se non c’è ancora alcuna evidenza scientifica in merito – potrebbero essere correlati con la somministrazione di AstraZeneca.



Remuzzi dice una cosa semplicissima: non possiamo accertare né smentire alcuna correlazione, ma, se esiste anche il minimo dubbio di rischio per una particolare fascia d’età (in questo caso gli under 50), è giusto prendere ogni contromisura, per tutelare la salute ma anche per non ottenere un’ondata di sfiducia nella popolazione che rischia di essere controproducente anche sul medio e lungo termine, in una campagna vaccinale già molto difficile.

“Si tratta di una malattia nuova, che non si conosceva prima – ha spiegato Remuzzi – pur somigliando a certe malattie rare. Adesso che si conosce è possibile una diagnosi precoce, in laboratorio, ed è possibile curarla ma non in tutti gli ospedali: ecco perché quella fascia d’età, se ci fossero vaccini a disposizione, secondo me dovrebbe essere protetta da AstraZeneca”.
In sostanza, “il rapporto rischi-benefici è straordinariamente positivo – ha concluso – si tratta di casi rarissimi, poche decine contro decine di milioni di vaccinazioni ma il problema esiste e se c’è alternativa si può fare a quella categoria di persone un altro vaccino”.