Il caso della dirigente cacciata perché aveva ragione spiega il metodo di governo del M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-10-18

La dirigente del Comune di Torino aveva avvertito la nuova amministrazione sul debito di 5 milioni da iscrivere a bilancio. Il capo di gabinetto, l’assessore e la sindaca hanno insistito a fare come dicevano loro nonostante le sue perplessità. Ora sono iscritti tutti e tre nel registro degli indagati

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Nell’inchiesta sulla ex Westinghouse che ieri ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati della sindaca di Torino Chiara Appendino c’è una storia che è quantomeno sintomatica del “metodo di governo” del MoVimento 5 Stelle nelle realtà che finora si è trovato ad amministrare. Per raccontarla bisogna fare un nome e un cognome: quello di Anna Tornoni. All’epoca dei fatti era lei il direttore della divisione finanze del Comune di Torino, nominata nel 2013 da Piero Fassino in sostituzione di Domenico Pizzala, che ricopriva quell’incarico dal 1967.

Anna Tornoni: come il M5S governa le città

Una carica che viene da tutt’altri tempi rispetto a quelli dello spoils system selvaggio, visto che in 36 anni di cariche il suo predecessore aveva visto alternarsi giunte di ogni tendenza ma era sempre rimasto con la sua posizione. Anna Tornoni però viene considerata dalla maggioranza grillina a Torino come la prova di una vendetta o di un complotto da parte delle opposizioni. Perché? Perché la dirigente si è sempre opposta allo storno del debito di 5 milioni di euro con REAMe ha messo nero su bianco le sue perplessità fino a spingere prima il capo di gabinetto, poi l’assessore e infine anche la sindaca a darle l’ordine scritto di fare quello che dicevano loro. Con il risultato che quelle lettere sono finite tra gli elementi di prova contro Chiara Appendino e gli altri indagati.

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L’area Westinghouse (Repubblica Torino, 10 giugno 2017)

All’inizio la corrispondenza che intercorre è quella tra la Tornoni e Paolo Giordana, il capo di gabinetto inviso alla maggioranza grillina: «Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse – scriveva lui a lei il 22 novembre 2016 – Per quanto riguarda il debito con Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto». Il messaggio dalla posta di Giordana è inviato per conoscenza all’assessore Sergio Rolando e all’indirizzo email personale di Chiara Appendino. Il giorno dopo, alle 11.03,  lei risponde: «Non essendo a conoscenza del fatto che l’amministrazione ha aperto tavoli di confronto con Ream, avevo ritenuto opportuno ricordare a tutti quali fossero gli impegni assunti dall’amministrazione precedente, al fine di non generare elementi di criticità per questa giunta». Il botta e risposta resta per diversi giorni tra Giordana e Tornoni, la quale, nonostante le sollecitazioni del capo di gabinetto, non rinuncia a ribadire quel che secondo lei è giusto fare: indicare nel bilancio di previsione i 5 milioni di debito verso Ream.

Il caso della dirigente cacciata perché aveva ragione

Passano otto giorni e a scrivere è Chiara Appendino, che in una lettera protocollata comunica che per l’anno in corso non è prevista la restituzione dei 5 milioni a Ream. Il 7 dicembre Ream la smentisce, richiedendo indietro l’intera cifra in una lettera inviata al Comune che quindi anche la dirigente legge. A questo punto è chiaro che mentre il Comune è convinto di aver in qualche modo rinviato la restituzione di quel debito, i creditori non sono d’accordo. Non resta che una cosa da fare: iscrivere quel debito a bilancio. Ma il metodo di governo M5S non prevede questo. Prevede, in caso di muro, il suo abbattimento a capocciate.

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[Fonte]

Il 19 dicembre 2016, alle 9.38, la direttrice finanziaria Tornoni scrive alla sindaca e all’assessore Rolando, e non più a Paolo Giordana che fino a quel momento aveva gestito la partita: “Non riesco a capire il collegamento tra le due comunicazioni, la nota del 30 novembre con la quale veniva precisato che, stanti le trattative in corso su varie partite aperte con la città, non si prevedeva la restituzione dei soldi anticipati dalla società a titolo di caparra nel 2012, e la nota del 7 dicembre con la quale la società chiede la restituzione della caparra stessa, auspicando nel mese di gennaio 2017.
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Probabilmente mi manca qualche elemento per comporre il puzzle nella sua interezza, ma ho ritenuto importante parlarne “. Alla fine il M5S fa di testa sua e adesso la sindaca è indagata. Anna Tornoni, nella successiva riorganizzazione della macchina comunale, è stata casualmente destinata ad altro incarico.
EDIT: L’ANSA oggi scrive che sono due i dirigenti del Comune di Torino che protestarono contro la decisione di non iscrivere nei conti di Palazzo Civico del 2017 un debito 5 milioni di euro. E’ quanto si ricava dai documenti dell’inchiesta che ieri ha portato all’invio di un avviso di garanzia alla sindaca, Chiara Appendino, al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore Sergio Rolando. Lo scorso 27 aprile, in vista dell’approvazione del bilancio di previsione 2017, Roberto Rosso e Anna Tornoni, dirigente dell’area bilancio e direttore del settore finanza, scrissero una “lettera riservata” alla sindaca, all’assessore al bilancio, al presidente del consiglio comunale, al segretario comunale e al collegio dei revisori. Nella missiva manifestarono contrarietà alla decisione di posticipare al 2018 l’iscrizione del debito di 5 mln verso la società Ream. Questa mossa – affermarono – “non sembra risolvere la problematicità sotto il profilo giuridico e contabile”. La tesi era che il debito era maturato nel 2016 e, quindi, avrebbe dovuto essere finanziato e pagato “il prima possibile”.
EDIT2: I documenti scritti durante la fase di preparazione di un bilancio devono corrispondere alla verità, anche se, tecnicamente, si tratta di “atti interni” alla pubblica amministrazione. Questa, secondo quanto si apprende, è la linea seguita dalla procura di Torino nell’inchiesta che ieri ha portato all’emissione di un avviso di garanzia alla sindaca Chiara Appendino, al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore al bilancio Sergio Rolando: si procede per falso ideologico, il reato commesso dal pubblico ufficiale che “attesta falsamente dei fatti”. Il 30 novembre 2016 la sindaca, in una lettera interna, scrisse che la restituzione di 5 milioni alla società Ream non era prevista. La difesa afferma che i documenti devono essere considerati autentici perché la formazione del bilancio è stata regolare. Il caso riguarda la decisione di non iscrivere un debito da 5 milioni contratto verso la società Ream. Ma i legali di Palazzo Civico dicono che questa mossa è resa possibile dalle riforme introdotte dal decreto 118 del 2011 (modificato nel 2014 ed entrato definitivamente in vigore nel 2015) sul regime contabile degli enti pubblici. In particolare è stato seguito il principio contabile della “competenza finanziaria potenziata”, che permetteva di portare questo debito nel bilancio solo nell’esercizio del pagamento effettivo (in questo caso il 2018).

Leggi sull’argomento: Come il M5S sta tentando di nascondere cosa è successo a Chiara Appendino

 

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