E anche oggi Theresa May vince in tribunale domani

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-01-24

Sulla Brexit deve votare il Parlamento: anche la Corte Suprema di Londra dà torto al governo che aveva presentato ricorso contro la decisione dell’Alta Corte.

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Dopo l’Alta Corte di Londra anche la Corte Suprema dà torto a Theresa May. La Corte Suprema di Londra ha disposto oggi in via definitiva che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio dei negoziati con l’UE per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico. Il verdetto conferma quello di primo grado dell’Alta Corte e dà torto al governo May che aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l’articolo 50 d’autorità, nel rispetto della volontà popolare del referendum del 23 giugno.

E anche oggi Theresa May vince in tribunale domani

La decisione complica i piani del governo britannico. L’Alta Corte ha stabilito che May non potrà usare i suoi poteri esecutivi per attivare l’articolo 50 del Trattato europeo di Lisbona, meccanismo di uscita dall’Ue. “Oggi, con una maggioranza di 8 giudici a 3 la Corte Suprema ha stabilito che il governo non può attivare l’articolo 50 senza un atto del Parlamento che lo autorizza farlo”, ha spiegato Lord David Neuberger, presidente della Corte. In ogni caso la Corte Suprema britannica ha anche escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Lo ha annunciato il presidente della Corte, affrontando il secondo punto del suo verdetto odierno e respingendo il tentativo di far valere in questo caso il potere della devolution. Come sottolineano i media britannici, non solo si tratta di una forte umiliazione per il governo di Theresa May ma questo di sicuro avrà ripercussioni sui tempi della Brexit, rallentandola. Gli anti-Brexit sostenevano che lasciare l’Unione senza prima aver consultato l’assemblea legislativa avrebbe rappresentato una violazione dell’accordo con cui, nel 1972, il Regno Unito aveva aderito alle comunità europee. I giudici hanno dato ragione ai Remain: il referendum era consultivo, non si può prescindere dal voto del Parlamento. “La corte accetta l’argomentazione principale dei ricorrenti”, hanno affermato i giudici, e “la corte non accoglie le argomentazioni avanzate dal governo, che ritiene questo voto inutile”. Ora si preannuncia un inedito braccio di ferro tra la giustizia e il governo; Downing Street infatti farà appello contro il pronunciamento.

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Il governo britannico di Theresa May è “deluso” dell’esito della controversia legale che impone un voto del Parlamento per l’attivazione dei negoziati sulla Brexit, ma lo rispetta e attuerà quanto richiesto dal verdetto, ha detto l’attorney general Jeremy Wright, notando peraltro che questo verdetto non mette in discussione il referendum e annunciando per oggi la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l’avvio alle procedure di divorzio dall’Ue.

Cosa succede con la Brexit?

In sostanza, adesso sia la Camera dei Comuni che la Camera dei Lords dovranno votare a favore dell’avvio dei negoziati per la Brexit. Non è al momento chiaro se il parlamento sarà chiamato a varare una legge ad hoc o se si tratterà di una sorta di mozione ‘esecutiva’. Secondo i rumors, la legge in questione potrebbe essere composta da un singolo comma ed otterrà priorità nel calendario di Westminster. Ma su questo punto i Tories (che vogliono tempi brevissimi) si stanno scontrando con molti deputati laburisti e Liberal-democratici, che invece puntano ad un ampio dibattito, che possa sfociare in possibili emendamenti e correzioni al processo. Secondo la Bbc, la norma in questione dovrebbe essere approvata ai Comuni entro la metà di febbraio e passare alla Camera dei Lord per diventare legge entro la fine di marzo, quindi in tempo per far scattare l’articolo 50 nei tempi prospettati da Theresa May. In teoria, i parlamentari che ora saranno chiamati ad esprimersi sull’articolo 50, potrebbero bloccare il processo di uscita dall’Ue, ma è molto improbabile che questo avvenga. Il partito dei Tories ha una maggioranza di 15 deputati ai Comuni e solo un eletto, l’ex cancelliere dello Scacchiere Ken Clarke, ha annunciato che voterà contro la Brexit. Inoltre, la maggioranza dei deputati laburisti ha detto che non si opporrà. Più probabile, invece, che la compagine pro-Ue – un’alleanza trasversale tra partiti – lavori per influenzare il processo e ottenere delle concessioni in termini di supervisione parlamentare della Brexit. Alla Camera dei Lords il quadro è meno chiaro: il governo non detiene una maggioranza e 178 pari sono senza dichiarata affiliazione politica. Così si vocifera di piani per bloccare l’articolo 50 o comunque creare scompiglio tra i ‘brexiteers’. Tuttavia, una vera insurrezione sembra esclusa, perchè i tentativi di stoppare l’articolo 50 porterebbero quasi certamente ad elezioni anticipate, che vedrebbero il ruolo dei Lord sul piatto dei temi della campagna.

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