Il manager di Ita per cui 400mila euro all’anno è uno stipendio troppo basso

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Il numero uno della compagnia aerea nata dalle ceneri di Alitalia ha dichiarato: "La mia paga è troppo bassa, lede la mia storia manageriale".

Uno stipendio troppo basso che “non tiene conto della mia storia manageriale”. Queste le parole utilizzate dal presidente esecutivo di Ita, Alfredo Altavilla, che ha criticato il Consiglio d’Amministrazione dell’azienda a proposito di alcuni compensi, tra cui il suo, ritenuti troppo bassi. Proprio per questo il numero uno della compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia si è preso la briga di contestare il metodo di determinazione degli importi. E, manco a dirlo, degli importi stessi.



Altavilla, che percepisce un compenso annuo fisso pari a circa 400mila euro lordi – cui se ne possono aggiungere altri 400mila di parte variabile all’anno – ritiene che gli stipendi delineati dal Comitato Remunerazioni e poi approvati dal cda e dal ministero dell’Economia, unico azionista di Ita, non siano adeguati. Nel suo caso specifico, infatti, lo stipendio stabilito nuocerebbe alla sua storia. Ita – incalza –  non ha tenuto conto del suo “necessario abbandono di un analogo ruolo apicale in una società quotata”.

Il manager di Ita per cui 400mila euro all’anno è uno stipendio troppo basso

Il suo salario, inoltre, è “gravemente lesivo” della sua storia manageriale, esperienza e competenza. Nonché in totale disallineamento con i risultati dell’azione sin qui espressi nella società”. In poche parole, secondo il presidente della compagnia il Comitato Remunerazioni prima di decidere le retribuzioni avrebbe dovuto parlarne con lui e gli altri manager.



Fabio Rampelli, che si è già scagliato più volte contro Ita, ha criticato fortemente le parole di Altavilla. “Ha ragione a lamentarsi per la scarsa retribuzione ricevuta, visto l’enorme lavoro svolto in favore della Lufthansa. Se avesse operato in questi mesi per il risanamento di Alitalia, per la salvaguardia del trasporto aereo italiano e, al limite, per costruire delle partnership paritetiche con le altre compagnie di bandiera, lo Stato italiano lo avrebbe dovuto adeguatamente valorizzare.